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Questo contenuto è tratto da un articolo di Nick Whitfield per DoubleClutchUK, tradotto in italiano da Alessandro Di Marzo per Around the Game.



“I ball for real, y’all is Sam Bowie. And with the third pick, I made the earth sick. MJ, him Jay, fadeaway, perfect”
(Jay Z – Hola Hovito)

Sam Bowie ha segnato oltre 5.000 punti nei suoi 10 anni di carriera NBA. Nel 1992/93 giocò 71 partite, mettendo a referto 15 punti e 8 rimbalzi a partita con i New Jersey Nets. Numeri rispettabili. Ma Sam, durante la sua carriera, ha sempre dovuto portare il peso di un’etichetta molto ingombrante: “Quello che venne scelto da Portland prima di Michael Jordan“.

Il Draft 1984

Posteriormente, è facile ripensare al Draft 1984 e dire che sia assurdo che qualcuno sia stato scelto prima di MJ, figuriamoci se questi “qualcuno” non sono superstar. Ma come vediamo ogni anno, con il senno di poi spesso tutto sarebbe decisamente diverso.

Il 1984 è un anno interessante a cui ripensare. I Los Angeles Lakers e i Boston Celtics avevano giocato la prima delle due finali consecutive tra loro, e nel frattempo un’enorme quantità di talento stava per entrare nella Lega.

Quel Draft, composto di 10 round, avrebbe coinvolto 228 scelte, tra cui la leggenda dell’atletica leggera Carl Lewis – ma questa è un’altra storia. Tornando alle prime chiamate:

1. Hakeem Olajuwon (non aveva ancora adottato la “H” nel suo nome)

2: Sam Bowie

3: Michael Jordan

4: Sam Perkins

5: Charles Barkley

7: Alvin Robertson

9: Otis Thorpe

11: Kevin Willis

16: John Stockton

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Essere scelti prima del giocatore che verrà poi considerato il migliore di tutti i tempi è una brutta storia, ma bisogna considerare la concezione del talento e dell’importanza dei ruoli che si aveva allora.

“Non vinci un titolo con una guardia. Lo vinci con gente dominante sotto canestro. Bowie non lo era al primo anno, ma lo sarebbe diventato nel giro di un paio d’anni. Era buono come gli altri quando entrò nella Lega.”

– Kiki Vandeweghe, Portland Trail Blazers

Con la centralità del ruolo del centro (tradizionale) probabilmente ai minimi storici nell’NBA odierna può sembrare strano, per noi, leggere questo tipo di commenti. Ma era una Lega che era stata testimone del dominio di Wilt Chamberlain e Bill Russell, con Kareem Abdul-Jabbar ancora nel mezzo dei suoi incredibili vent’anni di carriera. I numeri di George Mikan durante i primi anni di vita della Lega avevano fatto cambiare le regole del gioco. I Blazers stessi, nel 1978, avevano in squadra il centro MVP della stagione, Bill Walton, che aveva trascinato la franchigia verso il titolo l’anno precedente.

Era comune pensare che si dovesse avere un centro dominante per vincere, perciò tutte le squadre erano pronte a fare tentativi per assicurarsene uno. E sulla carta, Sam Bowie aveva le caratteristiche che tutti avrebbero voluto per un potenziale giocatore-franchigia.

Dal 1979 era considerato il miglior giocatore liceale a livello nazionale, davanti ad Isiah Thomas, James Worthy, Dominique Wilkins, Clark Kellogg e Ralph Sampson. Aveva medie di 28 punti e 18 rimbalzi a partita, era sponsor di McDonald’s e Parade, aveva guidato la sua squadra verso le State Finals ed era stato nominato giocatore dell’anno davanti a Ralph Sampson… sembrava che nulla potesse intralciare il cammino di Sam Bowie verso il successo nel college basketball e in seguito tra i professionisti.

All’Università di Kentucky, la seconda stagione di Bowie lo vide registrare medie di 17.5 punti e 9 rimbalzi a partita. Venne nominato nella terza squadra NCAA All-American dalla stampa e nel 1981 stabilì anche il record, per Kentucky, di tiri stoppati in una singola partita (9). Il periodo d’oro di Bowie sembrava non aver fine. Fino all’infortunio.

Atterrando da una schiacciata fuori equilibrio durante la stagione da sophomore, Bowie subì una frattura alla tibia sinistra. Fu costretto a saltare tutta la stagione e quella successiva (1981/82 e 1982/83).

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Dopo aver finalmente recuperato, Bowie mise in mostra alcuni lampi del giocatore pre-infortunio. Nonostante i numeri in calo, era ancora uno dei migliori giocatori del college basketball e venne nominato nella seconda squadra All-American.

Kentucky vinse il titolo SEC, e perse solamente alle Final Four NCAA per mano di Patrick Ewing e dei suoi Georgetown Hoyas. Bowie tornò molto popolare, tra gli scout NBA e anche sui media. Eccolo sulla copertina di Sports Illustrated:

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La stagione da rookie

E dunque, i Blazers chiamarono Bowie con la seconda scelta assoluta, dopo un altro centro come Olajuwon (Rockets).

Queste erano state le presentazioni in TV della seconda e terza scelta:

“Sam Bowie, giovane ragazzo ritornato dopo una frattura alla tibia. È stato fuori per due stagioni, per poi ritornare più forte a Kentucky. Ha perso l’opportunità di giocare le Olimpiadi.”

“Tutti sono euforici: Michael Jordan. Questo non ne sbaglia uno. Mette canestri che contano, nel traffico, e può farlo con un incredibile controllo del corpo; è un grande, grande creatore di tiri, dello stampo di Dr J. È una stella, un grande tiratore, con un atletismo superbo, e per questo ci sono molte squadre che hanno provato a privare Chicago di questa scelta”.

Da matricola il prodotto di Kentucky mise a referto 10 punti, 8.6 rimbalzi, 2.8 assist e 2.7 stoppate a partita. Non male per un rookie, ma furono le sue migliori statistiche in carriera. A Portland capirono tutti presto che era stato commesso un enorme errore.

Si parlò molto, ai tempi, dei test fisici a cui i Blazers fecero sottoporre Bowie per capire la gravità e l’impatto a lungo termine dei suoi infortuni. Sfortunatamente per Portland, nel 1984 i metodi erano rudimentali rispetto a quelli che abbiamo oggi. E, come si scoprì in questo caso, piuttosto facili da “aggirare”.

Parlando per il documentario di ESPN “Going Big”, Bowie ha ammesso di ricordare ancora come, dopo un colpo sulla tibia sinistra, disse di non aver sentito nulla. In realtà provava ancora dolore, ma “chiunque avrebbe fatto lo stesso” – come ha raccontato lui stesso.

What if…?

Con i se e con i ma non si scrive la storia.

I Portland Trail Blazers avevano scelto un esterno atletico nel 1983, Clyde Drexler. Clyde. The Glide. Drexler. Ha perso le Finals un paio di volte da uomo franchigia e leader – nel 1990 contro i Pistons dei “Bad Boys” e nel 1992 contro i Bulls di Jordan – prima di vincerle con Houston da secondo violino con Olajuwon. Sì, gli altri due del Draft 1984.

Non sono sicuro che Clyde sia ricordato abbastanza per il suo impatto. E’ stato il legittimo “antagonista” di Jordan, ma ora anzi che da suo avversario, immaginatelo in coppia con Michael.

What if, Portland…

Tra il 1990 e il 1998, 15 delle 18 squadre che hanno partecipato alle NBA Finals avevano Clyde Drexler o qualcun altro (non Sam Bowie) scelto nel Draft 1984 come giocatore importante in rotazione (considerando anche Sam Perkins, con Lakers e Sonics).

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Il gran finale

Nel 1995, Michael Jordan convinse i Bulls che dovevano provare ad ingaggiare Bowie. Bowie andò a Chicago, conobbe la squadra, parlò con Phil Jackson e osservò un allenamento dei Bulls. Era la squadra che avrebbe stabilito il record di 72 vittorie.

Sam, in un’intervista, disse di non riuscire a credere quanto folle e ossessivo fosse Michael Jordan in allenamento. Affermò che si era sempre chiesto cosa lo avesse reso così grande e disse che questa esperienza lo aiutò a capire.

Una delle più grandi squadre di sempre tese la mano a Bowie e gli offrì un posto nel roster, con l’opportunità di competere per il titolo ed essere parte di quella dinastia.

Ma Sam Bowie rifiutò, e scelse di non giocare mai più a basket.