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©️ Double Clutch | Hakeem Olajuwon

Questo contenuto è tratto da un articolo di Huw Hopkins per Double Clutch UK, tradotto in italiano da Davide Farinati per Around the Game.


Da quando la Lega ha tracciato una linea del tiro da tre punti ad ogni estremità del campo, l’NBA ha reso più facile segnare per le guardie e aumentato la loro influenza sul gioco.


Il motivo per cui così tante persone ricordano i bei vecchi tempi degli anni ’90 è perché hanno visto le squadre iniziare a giocare con l’idea di utilizzare tiratori dall’arco per valorizzare i talenti dominanti dentro l’area. Ma la spaziatura si è rivelata così importante che gli scarichi di Shaquille O’Neal a Dennis Scott si sono trasformati in situazioni in cui i lunghi che maneggiavano la palla come Chris Webber giocavano dentro e fuori dall’area per passare a un Peja Stojaković aperto per il tiro; il che ha ispirato un sistema come quello con Dwight Howard e quattro tiratori, negli Orlando Magic del 2009.

Ora siamo arrivati al punto in cui tutti sembrano pensare che l’unica forma di giocare a pallacanestro sia cinque giocatori aperti sul perimetro, penetrare e scaricare oppure tagliare e passare per tirare a tre. In verità, non è del tutto vero.

Mentre il ruolo del lungo è cambiato, ciò non significa che un giocatore di 2.10 metri in post sia inutile. Anzi. Se limitati a tale attività, i centri si sono trasformati in “giocatori di ruolo” – come DeAndre Jordan e il compianto Andrew Bogut – ma i big men che si sono adattati al cambiamento ci sono, eccome. Devono “solo” essere più abili nel tiro, nei passaggi, nel trattamento della palla, nel creare gioco e nel difendere su giocatori più piccoli sul perimetro.

Questo tipo di giocatori esistono e possono essere fatti risalire a un solo uomo: Hakeem Olajuwon. Soprannominato “The Dream” per la facilità con cui schiacciava e per la grazia dei suoi movimenti, è stato uno dei due giocatori selezionati prima di Michael Jordan in quel famoso Draft NBA del 1984. Olajuwon non ha avuto la carriera di Jordan, ma non è stato così lontano come si potrebbe pensare, anzi. Ha vinto due titoli, e potrebbero essere stati durante i due anni in cui MJ stava giocando a baseball, ma pochi credevano che la squadra dei Bulls 1994 non fosse stata costruita per mettere le mani sul quarto titolo consecutivo.

Durante quell’anno, Olajuwon ricevette il premio Most Valuable Player con una media di 27.3 punti, 11.9 rimbalzi e 3.6 assist, oltre a 3.7 stroppate, che non era nemmeno il suo massimo in carriera. Oltre a ciò, ha tirato con quasi il 53% dal campo e il 42% da tre, anche se con solo 19 tentativi. Nelle Finals, vinte 4-3 da Houston contro New York e di cui Olajuwon è stato MVP, ha chiuso con 26.9 punti a partita e una Gara 7 da 25 punti, 10 rimbalzi, 7 assist e 3 stoppate in 43 minuti.

La stagione successiva è stata altrettanto spettacolare e si è conclusa con un altro trofeo. Olajuwon nel 1995 ha mostrato il suo talento ultraterreno, che lo ha reso degno del titolo di miglior giocatore del mondo – anche se è stato solo fino a quando Jordan non è tornato a indossare la #23. Nel frattempo, Olajuwon ha scherzato con uno dei migliori difensori del mondo, David Robinson, e il miglior centro emergente dell’NBA, Shaquille O’Neal.

Da quando si è ritirato, nel 2002, l’arte del gioco in post è diventata merce sempre più rara, specialmente dopo che Shaq e Tim Duncan si sono ritirati. L’importanza dei big men sembrava destinata a ridimensionarsi continuamente. Ma è tornata sotto altre forme. Interpreti del calibro di Karl Anthony-Towns, Anthony Davis e Joel Embiid sono costruiti sullo stampo di Olajuwon. Sono giocatori che si allontanano di più dal canestro, ma ciò non significa che siano delle ali. La coordinazione e il movimento dei loro piedi ha ancora bisogno di lavoro per raggiungere le altezze di Olajuwon, ma oggi è chiaro che ci siano ancora dei lunghi in grado di dominare la Lega.

Il lungo è ancora importante nell’attuale era cestistica “senza posizioni”. Perché, siamo onesti, non è davvero senza posizione, è solo che cambiare le difese e spaziare meglio che mai significa che devi essere in grado di cavartela in ogni punto del campo. Questo è qualcosa che Olajuwon sapeva fare, proprio come i lunghi moderni. Anche se è difficile immaginare come si sarebbe comportato nel gioco odierno, perché difendere giocatori più piccoli non è come 25 anni fa. Va sottolineato che durante quegli anni ha registrato più di 2 palle rubate per partita e giocato spesso da ala grande, in coppia con Ralph Sampson, marcando giocatori più piccoli e abituati a stare lontano dal ferro.

Olajuwon condivide i suoi segreti da anni con talenti della NBA e giocatori di tutte le età e abilità. Chiedere, ad esempio, a Kobe Bryant, Yao Ming, Amar’e Stoudemire, Dwight Howard, LeBron James, James Harden e Carmelo Anthony. Se la tendenza del Gioco tornerà mai al talento dei lunghi che sanno muovere i piedi in un certo modo e dominare il pitturato, oltre a poter difendere diverse posizioni e tirare anche da fuori, allora da “The Dream” c’è ancora molto da imparare.