Questo contenuto è tratto da un articolo di Oliver Fox per Celtics Blog, tradotto in italiano da Marco Barone per Around the Game.
I Boston Celtics sono spettacolari, ma pensano anche che tutto sia loro dovuto, si sentono superiori. Ogni tanto, senza un apparente motivo, questa squadra metterà in scena una prestazione che puzza di… qualcosa. Non è facile dire di cosa, ma è sempre la stessa storia: poca precisione al tiro da tre punti, corpi frastornati in piedi immobili e facce intrise di frustrazione. E alla fine perdono, in maniera tanto inimmaginabile quanto patetica. In entrambe le Gare 2 giocate in questi Playoffs, i Celtics hanno orribilmente sottovalutato i propri avversari e mancato di rispetto al loro talento da squadra Playoffs NBA, come se stessero giocando contro una squadra d’allenamento dell’high school.
Si tratta di un borioso autosabotaggio. Una volta che i Cavaliers hanno cominciato a eseguire come un attacco di livello e a mettere tiri che solitamente i giocatori NBA mettono, i Celtics non hanno saputo rispondere con la solita, affidabile contraerea. Hanno lasciato che tutto sfuggisse loro di mano, prendendosi pessime conclusioni a ripetizione e continuando a mancare di rispetto ai propri avversari difensivamente. Chi scrive non è un “Luddista” delle statistiche avanzate, ma quando una squadra inizia a usare la matematica per non giocare secondo i propri standard, un po’ di rabbia tende a emergere. Nel terzo quarto, quando i Cavs stavano mettendo a segno qualunque tiro da tre punti possibile e immaginabile, Derrick White ha voltato le spalle a Darius Garland, non si capisce se mandando sontuosamente in fumo un qualche tentativo di switch o semplicemente lasciandolo tirare.
Come fanno i Celtics a non capire che, perché i Cavs possano batterli, hanno bisogno di dominare con ampio margine al tiro da tre punti? La Gara 2 dei Miami Heat non ha insegnato nulla? Hanno davvero bisogno di un’altra partita che faccia da “sveglia” per convincerli che battezzare quei tiratori statisticamente altalenanti sia un piano difensivo sostenibile? Che questo continui ad accadere, è estenuante. Boston ha replicato la propria incapacità di vincere entrambe le gare casalinghe iniziali – hanno perso almeno una delle due in 6 delle loro ultime 7 serie – un affronto al tradizionalmente impattante home court advantage, adesso ridotto a un terreno neutro o, nel peggiore dei casi (probabilmente il più realistico), a uno svantaggio.
Il costante bisogno di questa squadra di ritrovarsi con le spalle schiacciate contro il muro per poter giocare ai massimi livelli sarà ciò che la condurrà alla rovina. Dopo una vittoria dominante, i Celtics si sono presentati con un mix di psicosi traumatica e arrogante compiacimento, credendo che i Cavaliers semplicemente si arrendessero e consegnassero loro la serie, una specie di diritto regale. Così come dopo Gara 2 contro Miami, la narrativa per i prossimi due giorni verterà sul margine al tiro da tre punti. Per quanto sia vero che i Cavs hanno più che raddoppiato l’efficienza dei Celtics al tiro pesante, ne abbiamo tutti abbastanza di questa conversazione. Se ancora qualcuno vuole lamentarsi della varianza, qui non se ne parlerà oltre. Questo perché sbagliare triple non è una scusa per farsi sfilare la gara fra i polpastrelli. Per una volta, sarebbe bello se Boston trovasse una soluzione alternativa, una nuova prospettiva, un vantaggio fresco, sfruttandolo. Continuare a tirare da tre punti – per quanto lo si possa detestare, è così che si rimonta – ma trincerandosi in difesa. Aumentare la fisicità, a volte fino all’eccesso. Mordere e graffiare fino a riprenderla e, anche qualora si dovesse uscire sconfitti, uscirne con qualche ferita di guerra. Anche perché dopo Gara 2 sono rimaste le stesse domande e probabilmente le stesse risposte. L’aspettativa è che i Celtics vincano Gara 3 con gargantuesco margine, dal momento che adesso dovranno rimuginare sulla loro prestazione amatoriale per l’intera durata del volo rivolto verso Cleveland, e riverseranno tutto sul campo come al solito.
Ma c’è anche qualcuno che pensa che tutto sia dovuto: chi scrive. Dopo Gara 1, l’attesa era quella di una passeggiata di salute in Gara 2. Ancora una volta, la speranza era quella che i Celtics potessero dominare una serie senza la classica autodistruzione. Chiunque si aspetta la reazione di Boston, perché è così che funziona questa squadra, a questo punto. Ma bisogna considerare che potrebbe anche perdere, come quando lo scorso anno le sconfitte casalinghe hanno deciso le Eastern Conference Finals, senza che i biancoverdi si svegliassero. Una volta trovata una soluzione, era troppo tardi e il margine d’errore eccessivamente ridotto. E tutto ciò ha stancato. Uno di questi giorni, la pigra arroganza ce la farà pagare e non ci sarà modo di tornare indietro. Non tutto è ancora perduto, ma il mondo dei Celtics sarebbe capace di percepire la fine imminente?