Le incredibili vicende di un programma, un coach e una squadra sempre sopra le righe, tra picchi sportivi altissimi e angoli torbidi mai del tutto chiariti. Quale migliore palcoscenico per tutto ciò, se non Sin City?

Manca ancora più di un minuto al suono della sirena, eppure i giocatori di UNLV seduti in panchina hanno già indossato magliette e cappellini celebrativi con apposta la scritta NCAA Champions 1990.

Un (più) giovane Mike Krzyzewski siede in panchina, lo sguardo nel vuoto, attanagliato da un terribile senso di umiliazione. Il punteggio sul tabellone della McNichols Sports Arena di Denver alla fine dirà 103-73 per gli avversari della sua Duke, i Runnin’ Rebels guidati da coach Jerry Tarkanian.

Ad oggi, il più grande margine tra due squadre in finale. Ad oggi, l’unica volta che una squadra abbia superato i 100 punti in finale. Ad oggi, una delle manifestazioni più sfacciate di superiorità di una squadra su un’altra che si siano mai viste alle Final Four.


La vittoria del titolo nazionale è il coronamento di quasi vent’anni trascorsi da Tarkanian nel deserto del Nevada: vent’anni di successi sportivi, clamorose polemiche e dispute infinite con le alte sfere della NCAA.

Una cosa è certa: l’università con sede a Las Vegas, a meno di 3 km dal celebre casinò Bellagio, è ora a tutti gli effetti una powerhouse del college basket, e tutto il paese conosce il suo nome e la sua storia.

Non è necessariamente sempre stato così.

Nei primi anni ’70, ogni volta che i professori di UNLV si recavano in giro per gli States per conferenze e seminari, si trovavano sempre nell’imbarazzante posizione di dover spiegare l’acronimo del proprio ateneo ai loro omologhi.

Al tempo – e forse anche oggi – l’unica cosa che il mondo intero legava a Sin City erano Elvis Presley, il gioco d’azzardo e altre attività poco edificanti: contesto piuttosto complicato per convincere le famiglie americane a spedirvi i propri rampolli per fini accademici.

Si esige, dunque, una vera rivoluzione d’immagine e un uomo all’interno del consiglio di amministrazione della scuola ha le idee chiare su come agire.

Nel 1971, il lungimirante vicerettore di nome Donald Baepler – già responsabile di aver cambiato il nome dal precedente, poco sexy, Nevada Southern University – capisce che una via efficace per attrarre nuove attenzioni sull’università  può passare per lo sviluppo di un programma sportivo di successo.

Grazie alla promozione della squadra maschile, quello stesso anno, in Division I, il basket viene individuato come lo sport su cui puntare. Ma è decisamente più facile a dirsi che a farsi. 

Dopo tre mediocri stagioni sotto la guida di coach John Bayer, Baepler, nel frattempo diventato rettore, decide di affidarsi a una task force di lobbisti che possano portare a UNLV un allenatore-reclutatore in grado di costruire un progetto competitivo e moderno.

Tra loro, Sigmund Rogich, nato in Islanda e trasferitosi a Vegas con la famiglia negli anni ’50, passato dall’essere un fattorino negli Hotel della Strip a fondare una società di comunicazione e pubblicità che diventerà la più prestigiosa del Nevada.

Rogich, ben consigliato, ha messo gli occhi su un up and coming coach di origini armene, che sta facendo alzare più di un sopracciglio in California, portando il modesto college Long Beach State a quattro partecipazioni consecutive al torneo NCAA. Gli telefona ogni giorno per settimane, trovando dall’altra parte della cornetta solo grande scetticismo, come era prevedibile aspettarsi.

Era diventata una vera ossessione, un’insistenza al limite dello stalking. Non avevo nessuna intenzione di trasferirmi e nemmeno Jerry, ma Sig continuava a implorarci di venire a visitare il campus e solo a quel punto decidere. Fino alla mattina in cui siamo partiti Jerry non era affatto persuaso.

(Lois Tarkanian, moglie)

La visita convince Tarkanian che sì, UNLV ha il potenziale e le risorse per costruire un programma di successo e, nonostante la moglie Lois sia alquanto turbata da dover soggiornare, durante la visita, in una camera d’albergo qualche piano sopra slot machines e tavoli da black jack, Jerry diventa il nuovo allenatore dei Rebels quello stesso giorno.

Del resto, gli viene fatta un’offerta difficile da rifiutare: un ottimo salario, la completa libertà di azione, una casa costruita su misura per la sua famiglia e 200 biglietti a partita che potrà gestire come meglio crede – sì, anche rivenderli…

Inizia così, nell’estate del 1973, l’incredibile storia di UNLV e coach Tarkanian: una storia fatta di grandi successi, luci abbaglianti e ombre profonde, una lavatrice di emozioni in cui però, per quasi vent’anni, non è mai mancata un’umanità e un’amore per la pallacanestro secondi a pochissimi nella storia del Gioco.

Partiamo dai successi.

Nel giro di tre stagioni, coach Tarkanian ha già posto le fondamenta per quello che sarà un approccio al basket che diventerà quasi uno standard nei decenni successivi: run’n’gun, ritmi elevatissimi, alto numero di possessi, palle rubate e contropiede.

Il tutto parte dalla difesa, che si basa su un pressing asfissiante e una zona moderna e rischiosa – da lui battezzata amoeba – che faranno dire a Krzyzewski, molti anni dopo, che “Tark è stato probabilmente il miglior defensive coach nella storia del college basket”.

Non solo arrivano molte vittorie, ma anche in grande stile.

Nel 1977 i Rebels arrivano fino alle Final Four, dopo una stagione con una media di 109 punti segnati a gara: in un basket senza tiro da tre e senza shot clock, un numero senza senso.

La loro corsa si ferma in semifinale, perdendo di un solo punto contro la North Carolina di coach Dean Smith, ma l’entusiasmante squadra di Tark pone le basi per quello che il programma diventerà: da quel giorno, davanti a Rebels, verrà apposto il gerundio Runnin’.

Uno Showtime dei Lakers ante litteram, che non si ferma ai 40 minuti di gioco: nel prepartita e all’intervallo si cominciano a vedere spettacoli pirotecnici, luci e laser avveniristici, più simili agli sfacciati eventi nei casinò poco distanti che a una partita di college basket.

Ero un bambino all’epoca, a Las Vegas non c’era molto per quelli della mia età, ma improvvisamente questa squadra ha messo sulla mappa la città da un punto di vista sportivo. Il successo era tale che all’epoca era più difficile trovare un biglietto per una partita dei Rebels che per un concerto di Frank Sinatra al Caesars Palace.

(Jimmy Kimmel)

Pare che proprio Sinatra, diventato amico personale di Tark e fan dei Runnin’ Rebels, lo aiutasse nel recruiting, telefonando personalmente a casa di diversi atleti nella speranza di convincerli a scegliere UNLV…

Il primo obiettivo è raggiunto: la scuola si è scrollata di dosso il nomignolo di Tumbleweed Tech – il classico arbusto che rotola nei film western – e ha ora l’attenzione di tutti. Forse anche troppo.

Le alte sfere della NCAA, organo rigoroso e molto conservatore, si accorgono del programma di Tarkanian e cominciano ad apporvi uno scrutinio particolarmente attento nei suoi confronti. Pochi mesi dopo la sconfitta coi Tar Heels, arrivano negli uffici di Las Vegas le prime accuse ufficiali di presunte scorrettezze nel recruiting, irregolarità nella compilazione dei voti e offerte di benefit e premi agli atleti, tra cui vestiti e buste piene di contanti.

Sono illazioni che risalgono ai tempi di Long Beach e che parlano di metodi non convenzionali per arrivare a determinati giocatori. Allora, Tarkanian parlò pubblicamente con i media di “caccia alle streghe” e “selective enforcement”, accusando la lega di prendersela con le scuole più piccole, chiudendo più di un occhio quando grandi atenei compivano le stesse azioni.

Già nel 1977, la NCAA condanna Tarkanian a due anni di “probation”, imponendo alla sua università di sospenderlo; il provvedimento viene impugnato e la condanna annullata da un tribunale del Nevada, trascinando la querelle fino alla Corte Suprema, in un processo che durerà oltre 10 anni, durante i quali Tark è rimasto al comando della scuola, consolidandone il ruolo di squadra in grande ascesa.

Nel periodo che va dal 1983 al 1992, ultimo sulla panchina di UNLV, i Rebels vinceranno più partite di qualunque altra università nella storia nello stesso arco temporale. Al di là delle voci sui metodi, Tarkanian ha chiuso la sua carriera con l’83% di vittorie, un risultato che non può non porlo a tutti gli effetti nella leggenda del Gioco.

Una leggenda sicuramente atipica, un leggendario uomo qualunque ossessionato dal basket e che, nonostante la grande notorietà, era comune trovare in un bar di Vegas, circondato da tifosi ai quali spiegava, usando un fazzoletto di carta come lavagnetta, i principi della sua amoeba defense.

Sono sempre stato un uomo molto basic. Mi sveglio la mattina e penso alla pallacanestro, vado al lavoro, quindi penso alla pallacanestro; torno a casa, mangio e penso alla pallacanestro, e vado a letto pensando a quello che farò domani in allenamento.

Nello stesso arco di tempo, però, sono solo quattro gli atleti dei Rebels ad aver concluso il percorso di studi con una laurea, dato che fa storcere sempre più il naso ai detrattori di Tarkanian e che trova l’apice della controversia nel caso di Lloyd Daniels.

Cresciuto per miracolo nei peggiori angoli di Brooklyn, in un contesto di estrema povertà e delinquenza, abbandonato dalla famiglia, Daniels è però uno dei talenti più cristallini che l’eterna fabbrica di New York abbia mai prodotto.

Swee’ Pea, questo il suo nome di battaglia, viene descritto all’epoca come un giocatore con la visione e le skills di Magic Johnson e la mano di Larry Bird: nel suo anno da senior è indubbiamente uno dei più forti giocatori della nazione, ma allo stesso tempo ha le capacità di lettura e spelling di uno studente delle elementari, il che lo rende soggetto difficile da reclutare per un college di Division I.

Ma è proprio in questo che Tark The Shark – nomignolo affibbiatogli per la curiosa abitudine di mordicchiare un asciugamano durante le partite – si differenzia dalla maggior parte dei colleghi: molti, di fronte a una situazione complessa come quella di Daniels, preferiscono guardare altrove.

Tarkanian invece decide di andare all-in, affidando Daniels alla custodia del suo assistente Mark Warkentien, spedendolo a un community college, nella speranza di vederne migliorare le prestazioni accademiche per poi trasferirlo a UNLV.

Molti, anche a distanza di tanti anni, continuano a lodare la tenacia di Tark, uno dei pochi che ha sempre cercato di dare opportunità a ragazzi difficili, a costo di apparire in modo negativo agli occhi dell’opinione pubblica.

Gli esempi sono molti, basti pensare a Richie Adams, che spacciava e faceva uso di droghe in gioventù, prima di diventare una leggenda dei Rebels; o ancora a Clifford Allen, reclutato da Tarkanian appena uscito dal riformatorio.

Nel caso di Daniels, però, il rischio preso si rivela un boomerang clamoroso.

Il 9 febbraio del 1987, poche settimane prima del suo approdo a UNLV, Daniels viene arrestato, dopo aver cercato di acquistare crack da un poliziotto sotto copertura, di fatto dando un ulteriore colpo alla già traballante reputazione di Tarkanian e al suo programma, che torna sotto l’occhio del ciclone.

Neanche un mese dopo l’arresto di Daniels, i Rebels tornano alle Final Four, dopo una sola sconfitta stagionale, salvo perdere per mano degli Hoosiers di Indiana, poi campioni NCAA. Ma nel frattempo le investigazioni nei confronti della scuola del Nevada proseguono.

Questo è il grande paradosso di tutta la vicenda: nonostante il continuo clima di tensione, la squadra continua a crescere e a stupire tutti sul campo.

Tutto passa da un recruiting eccezionale.

Nell’estate di quella tormentata stagione arrivano Greg Anthony e Stacey Augmon, entrambi con future carriere ultra decennali al piano di sopra; l’anno successivo David Butler e Anderson Hunt e l’anno dopo ancora il fenomenale Larry Johnson, futura leggenda NBA.

Questi sono i 5 giocatori che, nel 1990, dopo una stagione memorabile, portano il tanto agognato trofeo nazionale in quel di Las Vegas, entusiasmando il pubblico per un gioco sfacciato e aggressivo come il suo allenatore. Un anno complicato dalle tante sospensioni comminate dalla NCAA a quasi tutti i giocatori dei Rebels, spesso per peccati triviali che lasciano più di un sospetto.

Quell’anno abbiamo avuto il record di sospensioni nella storia della lega. Sospensioni per prodotti presi dal minibar dell’hotel o per telefonate interurbane non pagate, faccende facilmente risolvibili dalla scuola che invece venivano ingigantite perché la scuola in questione eravamo noi. Non si era mai vista una cosa del genere.

(Jerry Tarkanian)

Poco dopo la vittoria del titolo, Augmon e Johnson confermano la volontà di restare ancora a UNLV, di fatto consolidando la scuola come grande favorita anche per la stagione successiva. Ancora una volta, però, sono le vicende extracestistiche a turbare la stabilità.

Come detto in precedenza, la causa tra NCAA e Tarkanian riguardante le sue attività irregolari negli anni di Long Beach arriva fino alla Corte Suprema, che dopo oltre 10 anni dall’inizio della faccenda si esprime a favore della lega: la punizione è escludere i Rebels dal torneo NCAA, cosa che avverrà però solo l’anno successivo, per non falsare la stagione in corso.

È lecito immaginare che una tale nuvola nera sul futuro dell’organizzazione potesse minare le prestazioni sul campo; invece gli uomini di Tarkanian, incarnando alla perfezione il nickname della scuola, traggono ulteriori motivazioni per difendere il loro titolo di campioni nazionali.

Risultato: UNLV arriva al 30 marzo 1991, giorno della semifinale delle Final Four, con nessuna sconfitta e 34 vittorie, conquistate con un margine medio di circa 28 punti, un dominio mai nemmeno avvicinato nella storia del college basket. Destino vuole che la gara sia contro la stessa Duke, umiliata di trenta punti l’anno precedente e con un’insaziabile voglia di rivincita.

Sarà il fatto di non aver mai disputato una partita punto a punto per tutto l’anno, sarà l’eccessiva sicurezza di una squadra che da quasi 24 mesi domina in lungo e in largo il paese: dopo un pessimo shootaround mattutino, Tarkanian appare preoccupato, vedendo i propri giocatori distratti.

Non lo dimenticherò mai, Tark ha radunato i giocatori nell’huddle, li ha guardati negli occhi uno ad uno e ha detto loro “Voi stasera perderete la partita, so che vi sentite invincibili, ma se questo è il vostro livello di concentrazione, stasera perderete”.

(Ross Porter, telecronista di UNLV)

La partita è molto combattuta, forse anche perché i Rebles, come dice il suo allenatore, la approcciano con leggerezza, ma soprattutto perché i Blue Devils non sono quelli dell’anno precedente: sono un anno più maturi – Krzyzewski compreso – e a un solido roster si è aggiunto Grant Hill, probabilmente il miglior giocatore del paese.

Sul 74-71 per i Rebels, avviene la chiamata che i tifosi di UNLV riterranno sempre la punizione per gli anni di disputa tra Tarkanian e la NCAA: Greg Anthony, leader spirituale della squadra, conclude nel traffico il pesante canestro del +5, convinto di aver subito fallo. L’arbitro invece chiama lo sfondamento, comminando a Anthony il quinto fallo e la conseguente espulsione.

L’inerzia della gara gira, Duke trova coraggio e UNLV si sente smarrita: a pochi secondi dalla fine, Laettner mette due liberi pesantissimi, chiudendo la partita.

I Rebels perdono la prima partita stagionale e sono fuori, sapendo già di esserlo per almeno un altro anno a causa della squalifica. Un sorriso ironico si fa strada sul volto di Tarkanian, mentre coach K chiede ai suoi, che festeggiano in modo sfrenato, di darsi una calmata: tra i due avviene una passaggio di testimone, dato che la prorompente forza di UNLV diventerà quella dei Blue Devils, che da quel giorno vinceranno quattro titoli su otto partecipazioni alla Final Four, compreso il titolo del 1991.

Meno di due mesi dopo la tremenda delusione della sconfitta, l’ennesima disavventura fuori dal campo contribuisce a turbare ulteriormente l’ambiente in quel di Las Vegas. Stavolta, però, sembra una cosa troppo grande da incassare persino per il Jake La Motta degli allenatori NCAA.

https://www.reviewjournal.com/

La mattina del 27 maggio, sulla prima pagina del Las Vegas Review-Journal, campeggia una fotografia che ritrae alcuni giocatori di UNLV in una vasca idromassaggio in compagnia di tale Richard Perry, giocatore d’azzardo professionista, noto negli ambienti di Sin City con il non troppo rassicurante nickname di The Fixer, condannato per ben due volte per corruzione in ambito di scommesse sportive.

I legami con UNLV di Perry sono troppi per non creare scandalo. Già nel 1986 era appurato fosse vicino all’università, avendo contribuito al reclutamento di alcuni giocatori, tra cui lo sciagurato Daniels, al quale aveva pagato la cauzione dopo l’arresto per droga nel 1987.

La foto risale all’estate del 1989, alcuni mesi prima che Tark segnalasse ai giocatori di stare alla larga da Perry: ovviamente non c’è nessuna prova che i tre atleti fossero coinvolti in qualsivoglia attività illecita, ma ormai il danno d’immagine, per la scuola e il coach, è fatto.

Il 7 giugno del 1991, durante una commossa conferenza stampa, Tarkanian annuncia che quella sarà la sua ultima stagione sulla panchina dei Rebels, più per volontà della scuola che sua; una stagione chiusa con un record di 26-2 e la sopracitata penalizzazione che impedisce alla squadra di disputare l’ennesimo Tournament.

La parabola sportiva si chiude, ma la lotta di Tark contro la NCAA continua. Quella stessa estate denuncia la NCAA per la persecuzione subita e, dopo anni di trattative, nel 1998, la lega deciderà di non andare a processo, garantendo a Tarkanian un risarcimento di 2.5 milioni di dollari.

Nel 2005, il Thomas & Mack Center, dove i Rebels disputano le loro gare tutt’oggi, è stato rinominato Jerry Tarkanian Court, e nel 2013, pochi mesi prima della sua induzione nella Hall of Fame di Springfield, una statua di bronzo che lo raffigura è stata posta fuori dal palazzo.

Per quanto forti siano state le controversie nella sua carriera, nessuno potrà mai negare, né cancellare l’incredibile impatto che Tarkanian e le sue squadre abbiano avuto sulla pallacanestro.

Ha reclutato giocatori che nessuno voleva, dando chance a ragazzi con passati turbolenti. Ha permesso a tutti di esprimersi liberamente, traendone grandi risultati. Le sue squadre hanno cambiato l’immagine e lo stile di gioco del collage basket negli anni a venire. Ha messo sempre i giocatori, i ragazzi, al primo posto. E, per questo, credo andrà ricordato per sempre.

(Mark Warkentien, assistente a UNLV)

L’11 febbraio 2015, Tark si è spento al Valley Hospital Medical Center di Las Vegas, all’età di 84 anni. Tutti i casinò della Strip, quel giorno, hanno abbassato le loro luci per oltre tre minuti per rendergli onore.

In quale posto più perfetto poteva accadere tutto questo: una città di frontiera dove le regole continuano ad essere riscritte, che, nonostante innumerevoli controversie, continua a prosperare e ad attrarre quasi 40 milioni di visitatori all’anno.

Nel caso non si fosse capito, sì, è una metafora.