L’allenatore dei Phoenix Suns ha fatto giocare i suoi giocatori chiave per diversi minuti in due partite. Una scelta molto D’Antoniana.

 

Questo contenuto è tratto da un articolo di John Voita per Bright Side Of The Sun, tradotto in italiano da Stefano Bonelli per Around the Game.


 

I Phoenix Suns, con la vittoria di martedì notte, hanno pareggiato sull’1-1 la serie di primo turno Playoffs contro i Los Angeles Clippers. Guardando il risultato finale di 123-109 e il tabellino si può dire che tutto gira per il meglio nella valle del sole, con i Suns che sembra abbiano trovato il proprio ritmo.


Dopo una deludente sconfitta di cinque punti in Gara 1, la squadra ha risposto presente e ha messo insieme una prestazione coesa per ottenere la vittoria di 14 punti. Qualunque problema esistesse nella prima partita è stato annullato da un gioco eccellente, un coaching di qualità e dedizione su entrambi i lati del campo.

Ma guardando un po’ più attentamente il tabellino si nota una statistica particolare, ovvero che Devin Booker ha giocato 44:48 minuti e Kevin Durant ne ha giocati 44:46.

Certo, è la post-season e l’aspettativa è che i tuoi fuoriclasse giochino tanti minuti. Dopotutto, è per questo che li paghi con contratti al massimo salariale, giusto? Sono i tuoi “money makers”, quei giocatori che possono elevarsi al di sopra degli altri, specialmente quando conta di più. Entrando ai Playoffs, credo che fossimo tutti entusiasti di vedere come fossero gli oltre 40 minuti di Devin Booker e Kevin Durant.

Durante le prime due partite della serie, Booker ha una media di 44 minuti, KD di 44.5. Sono davvero tanti minuti in due sfide. Al contrario, la principale superstar dei Clippers, Kawhi Leonard, ha una media di 40 minuti sul parquet a gara.

Monty Williams li sta facendo giocare troppo presto a causa di un roster poco profondo? Questa è la domanda che ossessiona l’intera franchigia di Phoenix.

A metà degli anni 2000, i Phoenix Suns erano rivoluzionari nel modo in cui giocavano a basket. I Seven Seconds or Less Suns giocavano a quello che allora era considerato un ritmo frenetico. Il livello di atletismo ha permesso loro di dominare la stagione regolare per diversi anni, ma quando sono arrivati ​​i Playoffs si sono sciolti.

Ci sono numerose ragioni per spiegare quanto successo. I San Antonio Spurs , il loro arcinemico in quel periodo, giocavano uno stile di basket diverso. Erano lenti, metodici, fisici e ti logoravano sia mentalmente che fisicamente.

Uno dei fattori che hanno contribuito a quei fallimenti di Phoenix è stato Mike D’Antoni, che non si fidava di ciò che durante la stagione regolare gli aveva permesso di avere successo. Avrebbe fatto giocare i suoi cinque titolari così tanti minuti che alle finali della Western Conference sarebbero stati stanchi e logorati.

Bisogna capire e ricordare che 40 minuti in una partita di post-season sono come 54 in una partita di regular season. Il livello di intensità e fisicità è irripetibile nella stagione regolare. I Suns erano così sfiniti che lo stile di gioco che li rendeva speciali alla fine ha funzionato contro di loro. Tant’è che l’era di Steve Nash è finita senza neppure una apparizione alle NBA Finals.

Due partite dopo quella che speriamo possa essere una prolungata cavalcata in post-season per Phoenix, una cosa si è distinta, ossia che Monty Williams sta già avendo problemi con le sue rotazioni. Non ha dimostrato di avere risposte o aggiustamenti che speravamo la sua esperienza portasse.

Coach Williams non ha avuto fiducia nelle sue riserve. Al di fuori di Landry Shamet, ovviamente. Il che è assolutamente pazzesco considerando che ci sono a disposizione veterani come Terrence Ross e TJ Warren. L’allenatore dei Suns sta optando per il più inesperto Landry Shamet, che Kawhi Leonard sta continuamente cercando come accoppiamento, distruggendolo.

Lo abbiamo visto in Gara 2, quando nel primo quarto e mezzo Monty ha provato a sperimentare diverse soluzioni, sperando di trovarne una funzionante. TJ Warren per due minuti? Che ne dici di Damion Lee per tre minuti? Perché no? Sta sperimentando con i quintetti piuttosto che attenersi a ciò che lo ha portato qui.

Tornando ai minuti giocati da Devin Booker e Kevin Durant. Questi sono giocatori di finezza, non fisici. Questa tipologia di giocatori rischia di logorarsi se li esaurisci, e l’adattamento proposto da Monty Williams in Gara 2 non è la risposta a lungo termine per poter arrivare al successo finale.

Guardando le ultime 10 stagioni NBA questi sono i minuti giocati per partita nel primo turno da ciascuno degli MVP delle Finals:

  • 2013: LeBron James – 36.8
  • 2014: Kawhi Leonard – 32.7
  • 2015: Andre Iguodala – 28.0
  • 2016: LeBron James – 41.2
  • 2017: Kevin Durant – 28.2
  • 2018: Kevin Durant – 37.2
  • 2019: Kawhi Leonard – 34.1
  • 2020: LeBron James – 32.9
  • 2021: Giannis Antetokounmpo – 36.3
  • 2022: Stephen Curry – 30.0

A breve termine, sì, vuoi vincere la serie. A lungo termine, tuttavia, vuoi avere abbastanza carica nelle batterie per sostenere una corsa prolungata verso il titolo. Questo non è l’inizio ideale per raggiungere questo obiettivo finale.

Per ora è ancora presto, forse Monty Williams ha qualche asso nella manica per la serie, forse svilupperà una parvenza di fiducia nella sua second unit sul volo da Sky Harbor a LAX. Ma, se non lo farà, se consumerà le sue stelle e se le macinerà, non sarà la prima volta che si assisterà a tutto ciò in quel di Phoenix.

È stata la caratteristica principale di Mike D’Antoni e Monty Williams si sta ora ispirando alla perfezione a quella gestione, che non è la soluzione vincente.