FOTO: All U Can Heat

La situazione di Damian Lillard è ormai in fase di stallo da qualche tempo, e l’impressione crescente è che per completare uno scambio possano volerci settimane, se non mesi, sempre che i Portland Trail Blazers non decidano di cambiare idea, come spiegato QUI. La sola cosa certa è che, se il GM Joe Cronin si decidesse finalmente a cedere Dame, avrebbe tutto il diritto di farlo richiedendo qualcosa di prezioso in cambio, non curandosi troppo delle preferenze della superstar, quanto del bene della squadra. Sebbene questo processi sembri logico e immediato, si sarebbe creato un inghippo nelle trattative, stando a quanto riportato da Adrian Wojnarowski qualche tempo fa QUI, dovuto ai contatti dell’agente di Lillard, Aaron Goodwin, con tutte quelle franchigie che non si chiamino Miami Heat: secondo quanto emerso, dal momento che il cliente vedrebbe South Beach come meta preferita, l’agente avrebbe tentato di scoraggiare altre squadre a fare un’offerta, pena ottenere una star (e un pesante contratto) scontenta e non invogliata a giocare. Sulla questione, emersa dai media, è intervenuta la NBA, che ha rilasciato il seguente memo riportato da Shams Charania:

“I recenti report hanno indicato che l’agente di Damian Lillard, Aaron Goodwin, avrebbe chiamato numerose squadre NBA per avvertirle di non scambiare per il proprio cliente, perché il suo unico desiderio sarebbe Miami. Goodwin ha fatto commenti pubblici indicando che Lillard non avrebbe adempiuto ai doveri richiestigli secondo contratto se fosse stato girato a un’altra squadra.”

“La Lega ha intervistato Goodwin e Lillard, parlando anche con numerose squadre NBA con le quali l’agente sarebbe entrato in contatto. Goodwin ha negato di aver dichiarato o indicato a qualunque squadra che il proprio cliente si sarebbe rifiutato di giocare. I due ci hanno garantito che Lillard onorerebbe il proprio contratto in ogni caso. Le squadre prese in esame hanno descritto le comunicazioni con Goodwin in maniera molto, seppur non interamente, simile a quanto fatto dall’agente.”


“L’NBA ha avvisato Goodwin e Lillard che qualunque commento futuro, fatto privatamente alle squadre o pubblicamente, possa indicare che il giocatore non onorerebbe in contratto in caso di scambio, si concluderebbe con una sanzione disciplinare da parte della Lega. Abbiamo anche avvisato l’Associazione Giocatori che commenti di questo tipo da parte di giocatori e agenti saranno soggetti a sanzioni disciplinari in futuro.”

Le parole, però, non cambiano necessariamente i fatti. Quella leggera discrepanza fra la versione di Goodwin e quella delle squadre (“molto, seppur non interamente, simile”) fa intuire che ci sia ormai qualche implicazione importante, per cui è molto probabile che Damian Lillard risulterebbe scontento approdando altrove, anziché a Miami. Ragion per cui il triangolo descritto QUI continua ad apparire saldamente chiuso:

  • i Miami Heat sono una delle squadre meno attrezzate, in termini di asset, per raggiungere la star
  • Joe Cronin, allora, decide di guardare altrove, in cerca di asset migliori
  • la star di Portland, però, vuole solo Miami, demotivando altre squadre a fare un’offerta, ragion per cui bisogna tornare dagli Heat, da cui riparte il primo punto

E via dicendo. L’idea di uno scambio vicino sembra essere ormai sfumata e, come spiegato all’inizio, le incognite sembrano talmente tante che risulta difficile prevedere tempi e eventualità, visto anche che la dirigenza di Portland sembrerebbe intenzionata a “puntare a far cambiare idea a Lillard, o quantomeno ad aspettare che la stagioni inizi e Dame possa valutare personalmente, sul campo, il nuovo progetto intrapreso dalla franchigia”. Per quanto l’NBA faccia bene a esporsi per scoraggiare e condannare una condotta tutt’altro che corretta, non sembra smuoversi ancora nulla al tavolo delle trattative.