Come LeBron James è arrivato a superare l’incredibile record di Kareem Abdul-Jabbar, diventando ufficialmente il miglior marcatore nella storia della Lega.


Era uno dei momenti più attesi di questa Regular Season, nonché uno dei più scontati.

Dalla prima palla a due della stagione 2022/2023 si era infatti percepito come LeBron quest’anno avrebbe potuto agguantare l’incrollabile primato di Kareem Abdul-Jabbar come miglior marcatore nella storia della NBA.

Il suo eccezionale stato di salute, e la necessità di produzione alta in una stagione finora complicata dei suoi Lakers, hanno portato il Prescelto ad avere numeri statistici tra i più alti della sua già incredibile carriera.


Nell’anno in cui ne compirà 39…

Per quanto divisiva possa essere la figura del Re, il suo è un traguardo che merita un riconoscimento imperituro e indiscriminato da parte di tutti gli amanti del Gioco, fosse anche solo per l’incredibile longevità con cui è rimasto all’apice del basket mondiale.

La carriera di James è partita con il maggior carico di aspettative che siano mai state poste su un atleta, allora appena diciottenne: dopo un esordio stellare, la sua ascesa non si è mai arrestata. Il livello delle sue prestazioni si è assestato subito ai vertici della Lega, e sull’arco di tre decenni si è mantenuto tale. Qualcosa che non si vede così spesso nel mondo dello sport.

Ognuno avrà la propria idea a riguardo, ma la sua incredibile collezione di statistiche da capogiro non sembrano essere tanto il frutto di un obiettivo personale fine a se stesso, quanto di un mix di talento devastante, inappuntabile etica del lavoro e una longevità fisico-atletica che raramente si è vista prima del suo avvento.

Ad oggi, è quarto all-time per assist, nono per palle rubate, trentaduesimo per rimbalzi totali e da ieri, per chissà quanto tempo, primo per punti segnati.

Come si è arrivati a questi 38.388 punti?

Ripercorriamo le principali tappe, come dei Gran Premi della montagna in una corsa ciclistica, che lo hanno portato a superare questo incredibile record: una collezione di momenti cristallizzati nel tempo, che hanno scandito i suoi anni da professionista.

AP Photo/Ashley Landis

5.000

I suoi primi 5.000 punti vengono raggiunti nel modo più roboante possibile, dal più giovane giocatore di sempre a eguagliare quel traguardo.

È il 21 gennaio 2006, LeBron ha 21 anni: l’MVP in carica è Steve Nash, il presidente degli Stati Uniti è ancora George W. Bush e bisognerà aspettare ancora più di un anno per vedere per la prima volta un iPhone.

Per superare quota 5000, e stracciare Kobe come più giovane a farlo, gli servono 45 punti.

Contro i malcapitati Utah Jazz ne arrivano 51, con anche 5 rimbalzi, 8 assist e 2 rubate. Nella vittoria dei suoi Cavs tira con 19/35 dal campo, e un ottimo 9/11 ai liberi, ben oltre la sua media in carriera.

Prima della palla a due si era parlato di un possibile forfait di James, a causa di un ginocchio dolorante. Invece rende la notte, per uno degli allora migliori difensori della Lega, Andrei Kirilenko, un vero incubo.

Stamattina mi sono svegliato e riuscivo a malapena a camminare. Ho ricevuto trattamenti tutto il giorno e nel pomeriggio è molto migliorato. Volevo esserci a tutti i costi, soprattutto per aiutare i miei compagni.

Anche un pensiero al record, siamo certi, era nell’anticamera della sua mente…

10.000

Il prossimo step sono i 10mila, che LeBron fa registrare il 27 febbraio del 2008, in una gara contro i Boston Celtics: 5.000 punti aggiunti in sole 170 partite…

Ma se il primo traguardo viene accolto in modo unilateralmente positivo, già al secondo inizia qualche polemica. Perché per quanto straordinario sia il suo risultato individuale, sono i Verdi a portarsi a casa la vittoria per 92-87, trascinati da due ottime prestazioni di Ray Allen e Kevin Garnett.

Nel primo tempo il Re si fa male alla caviglia, ma dopo l’intervallo torna ancora più determinato, finendo con 26 punti, otto rimbalzi e 4 assist che, come detto, non sono però sufficienti per la W.

Non mi rende felice il fatto di aver raggiunto il traguardo dei 10mila punti in una sconfitta, ma sono contento di essere nel libro dei record, è un tributo al lavoro mio, dei miei compagni e della mia famiglia.

Ovviamente è il più giovane a raggiungere la quota a 23 anni e 59 giorni, un anno abbondante in meno di Kobe nel 2003, e per farlo gli sono servite solo 368 gare totali.

Meno di un mese dopo James diventerà anche il miglior marcatore nella storia dei Cavs, in una gara interna contro i Toronto Raptors, con una Quicken Loans Arena piena da scoppiare che gli tributa una meritatissima standing ovation.

Esatto, miglior marcatore di una franchigia con oltre quarant’anni di storia con sole 23 candeline spente all’ultimo compleanno…

L’idillio tra il team dell’Ohio e il Re, però, sta per terminare.

20.000

Dopo aver raggiunto anche quota 15mila sempre con la maglia dei Cavs, nell’estate del 2010 The Decision cambia radicalmente la percezione di LeBron agli occhi del grande pubblico.

James approda a Miami alla ricerca della gloria eterna del Titolo, così difficile da concretizzare in quel di Cleveland.

LeBron entra così nella seconda fase della sua carriera, in cui si libera di un peso, quello della narrativa del ragazzo di Akron che cerca di trascinare la squadra locale alla vittoria, facendosi carico del fardello dell’essere obbligato a vincere a South Beach.

Dopo la devastante sconfitta contro i Mavs al primo tentativo, nel 2012 arriva l’agognato anello per i Big Three. Ed è durante la stagione del repeat, nel gennaio del 2013, che LeBron raggiunge quota 20mila punti segnati.

La solita solfa: è il più giovane a raggiungerlo – smettiamo di dirlo… -, prima dei 30 anni solo Kobe, Wilt e Michael come lui.

Il traguardo viene raggiunto durante il secondo quarto di una comoda vittoria contro i Warriors, chiusa dal Re con 25 punti, 7 rimbalzi, 10 assisti e una rubata: il solito campionario offensivo degno di un catalogo Ikea.

A fine gara, coach Erik Spoestra, con gli occhi a cuoricino, commenta così.

La cosa più incredibile è che innanzitutto un facilitatore: spesso è stato criticato, negli anni con noi, per aver rifiutato dei tiri a favore di un assist. Raggiungere quindi questo traguardo e così giovane fa capire quanto sia talentuoso, continua a spingersi oltre i propri limiti.

25.000

Terminata la missione vincente nel sud della Florida, LeBron si traveste da figliol prodigo e fa ritorno a Cleveland nel 2014, determinato a cancellare l’onta di aver lasciato la franchigia di casa priva di un Titolo NBA.

Nella prima stagione arrivano già le Finals, perse 4-2 per mano dei Warriors, che si aggiudicano il primo anello dell’era Splash Brothers.

Alla quarta gara della stagione successiva, nel novembre del 2015, i Cavs arrivano a casa dei Sixers, agli albori del loro tragicomico Trust the Process.

Il Re è appena entrato nel suo 13esimo anno da professionista; qualche problema alla schiena lo ha tenuto fuori per la maggior parte del training camp, ciononostante nelle prime tre gare ha messo ha referto 25, 12 e 29 punti, arrivando prima dello scontro con Philadelphia a una manciata di canestri da un nuovo traguardo di grandezza.


Quando mancano 8:07 alla fine del match, Matthew Dellavedova alza il secondo alley-oop consecutivo a James, che deposita così nel canestro il 25millesimo punto della carriera.

Chiuderà la gara con 22, 11 assist, nove rimbalzi, quattro rubate e due stoppate, trascinando degli affaticati Cavs a una vittoria più sudata del previsto, rimontando da un -15 con una squadra che chiuderà l’anno con 10 vittorie totali.

Il Wells Fargo Center gli tributa una standing ovation, nonostante a fare le spese del suo record sia sempre un idolo della Città dell’amore fraterno come Kobe: James è il 20esimo giocatore a raggiungere questa quota, all’epoca il sesto in attività insieme proprio a Kobe, Dirk, Duncan, Garnett e Pierce.

È fantastico, significa molto per me. Innanzitutto vuol dire che sono riuscito a rimanere in salute e a fare la cosa che amo di più al mondo. Amo la pallacanestro e voglio darle tutto il possibile, e spero che la pallacanestro continui a ripagarmi del mio impegno.

Alla fine di quella stagione per i Cavs arriverà anche il primo Titolo nella storia della franchigia e il celebre “Cleveland, this is for you”, al termine dell’epica rivincita chiusa a Gara 7 contro la Golden State del 73-9.

30.000

Il 23 gennaio 2018, durante l’ultima stagione a Cleveland, che terminerà con le sue ottave Finals consecutive, James pubblica un post su Instagram, poche ore prima della palla a due contro i San Antonio Spurs all’AT&T Center.

Gli mancano solo 7 punti per raggiungere l’incredibile traguardo dei 30mila punti, che lo porterà in un club che comincia sempre più a restringersi, composto dai soli Kareem, Karl Malone, Kobe, MJ, Wilt e Nowitzki.

Una foto dei suoi anni liceali ad Akron, sotto alla quale verga una lettera al giovane se stesso, un po’ sul modello della pubblicità del Superbowl dell’anno scorso.

Voglio essere il primo a congratularmi con te per il traguardo che raggiungerai stanotte! In pochi ce l’hanno fatta e anche se so che non era uno dei tuoi obiettivi quando hai cominciato, prova – davvero, provaci… – a prenderti un attimo e capire che cosa hai fatto! (…) Ci sono un sacco di persone che ti hanno aiutato a renderlo possibile, quando avrai finalmente un momento da solo sorridi, guarda il cielo e dì GRAZIE. Congratulazioni, Giovane Re.

Quei 7 punti arrivano alla fine del primo quarto, quando con un jumper quasi sulla sirena, con una difesa estremamente competente di Danny Green, entra ancora una volta di più nella leggenda del Gioco.

A fine partita, nonostante una sconfitta, saranno 28 con 9 rimbalzi, 7 assist e una stoppata.

Per quanto non abbia mai amato definirsi uno scorer, arrivati a questo punto non può dissimulare un comprensibile orgoglio personale, nonostante una modestia, reale o un po’ paracula che sia.

“Ora può puntare ai 35mila, sono sicuro che li raggiungerà presto”, dice Dwyane Wade a fine gara, dopo essere stato il primo ad abbracciarlo dopo la sirena del primo quarto, quando tutto il palazzo si ferma per dedicargli un tributo.

In quella stagione, Flash ha fatto carte false per provare a giocare ancora insieme al suo amico fraterno, alla ricerca di un ultimo Titolo prima del ritiro – spoiler: non accadrà.

Terminato il suo secondo ciclo nell’Ohio, per LeBron inizia una nuova fase – forse l’ultima – della carriera a LA, dove sbarca proprio in quell’estate 2018. Nella prima fallimentare stagione in gialloviola supera Chamberlain, Jordan e Kobe, portandosi al terzo posto come miglior marcatore ogni epoca.

Come previsto da Wade, manca davvero poco al traguardo successivo.

36.929

L’11 ottobre 2020, nel bel mezzo di una pandemia globale, dopo l’approvazione di un folle progetto che comporta il sequestro da parte della NBA di Disney World, i Lakers sollevano il Larry O’Brien Trophy.

Per il Re si tratta del quarto nel proprio palmares: nonostante per molti abbia un asterisco inciso accanto al nome delle franchigia, è un traguardo fantastico, che aggiunge un ulteriore sfaccettatura alla propria legacy.

Dopo aver sfondato quota 35mila, con un libero durante il secondo quarto della sfida contro i Brooklyn Nets, LeBron parte alla caccia di Karl Malone, il secondo miglior marcatore nella storia della Lega. Inesorabile, anche questo sorpasso avviene, seppur in uno dei momenti più negativi della sua carriera.

La stagione 2021/22 è tra le più deludenti della storia dei Lakers, soprattutto per le premesse di inizio anno. Il triumvirato James-Davis-Westbrook è limitato dagli infortuni e la costruzione stessa del roster ha lasciato un po’ a desiderare: la squadra non trova amalgama e ne risente da un punto di vista di risultati, mancando i Playoffs.

Non è un caso che il punto numero 36.929 della carriera di Bron, necessario a superare il Postino, arrivi durante l’ennesima sconfitta stagionale, contro la diversamente corazzata dei Washington Wizards.

Dopo un pulitissimo backdoor, premiato da Stanley Johnson, il Re segna con un comodo layup, prima di venire salutato dal pubblico della Capital One Arena. Il #23 saluta il pubblico con un cenno della mano, per poi scambiare un abbraccio sentito con l’ex compagno della Bubble, Kentavious Caldwell-Pope.

Ovviamente prima o poi riuscirò a guardare indietro a questo momento con gioia, ma ora non riesco a separarlo dalla sconfitta e non posso essere davvero felice.

A fine partita, le domande dei giornalisti vanno tutte all’ultimo ostacolo verso la gloria eterna, il monumento Kareem Abdul-Jabbar, il cui record di miglior marcatore nella storia della NBA vige incontrastato da quasi trent’anni.

Non permetterò a me stesso di pensarci, per ora. Tutti i record che ho raggiunto in carriera sono arrivati in maniera organica, giocando come ho sempre pensato di dover fare: nel modo giusto. Spero prima o poi di farcela, ma non è nei miei pensieri più di tanto.

38.388 (and counting)

Lunga vita al Re: ora non è più solo uno slogan.