Quella di Danuel House durante i Playoffs 2020 è una delle storie più controverse degli ultimi anni di NBA. L’attuale giocatore dei Philadelphia 76ers finì protagonista di uno scandalo, per una presunta violazione delle rigide regole della bolla di Orlando.

House dovette interrompere la sua attività nel bel mezzo della serie di secondo turno contro i Los Angeles Lakers, e verosimilmente l’intero organico degli Houston Rockets ne risentì profondamente, terminando la propria corsa con due sconfitte rovinose consecutive.

4 anni dopo, ai microfoni di “Ur.Perspectives” House ha negato ogni tipo di responsabilità nella faccenda:


Apro la porta e chiedo “Cosa c’è?”, mi dicono “Sono la sicurezza della tua squadra, e con me c’è la sicurezza della NBA, siamo qua per controllare la tua stanza”; chiedo “Per cosa? Sono nella bolla, non c’è nulla da fare”, e lui risponde “Ci hanno detto che hanno visto una ragazza entrare in hotel, e vogliono controllare la tua stanza”. Entrano nella mia stanza e non c’è alcuna ragazza. Lasciano la mia stanza e cercano per tutto l’edificio, fino a che la trovano.

Voi avete sentito la storia per come è stata raccontata, come se mi avessero trovato con una ragazza nella mia stanza. Ma non c’era nessuno nella mia stanza. Se qualcuno fosse stato nella mia stanza sarei stato cacciato dalla bolla, mentre io ci sono rimasto. Ho dovuto passare un test e stare 10 giorni in isolamento, ma se la serie con i Lakers fosse arrivata a Gara 7 avrei potuto giocare.

Ho pianto molto perché sentivo di essere sul punto di farmi una buona reputazione, come fece Tyler Herro quell’anno. Pensavo che quello fosse il mio momento.

Nessuno nella squadra sapeva cosa stesse succedendo, tutti erano increduli. James Harden venne da me e mi disse “Fratello, perché non me l’hai detto?”. Ho dovuto scusarmi con la squadra e con la mia città, anche se non avevo fatto nulla, sapendo bene che non avevano trovato nessuno nella mia stanza.