Questo contenuto è tratto da un articolo di Nate Moskowitz per Celtics Blog, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.
Lasciar trasparire le proprie emozioni è tipico dei giocatori giunti sul viale del tramonto della loro carriera. Oppure, dei venerdì sera trascorsi tra amici a scorrere un’infinita lista di nomi di atleti, e quando qualcuno menziona Shane Larkin, qualcun altro esclama: “Era proprio bravo.”.
L’orologio del mondo cestistico corre veloce, ed a volte pare schierarsi a favore di controversie e negatività, col risultato che molti, tra tifosi e protagonisti, non riescono a godersi fino in fondo la grandezza che questo gioco ha da offrire. In questo caso non ci si lascerà sopraffare dagli aspetti negativi, ma ci si focalizzerà sui principali che hanno condotto i Boston Celtics al Titolo NBA.
Per un discorso incentrato su questa tematica non c’è miglior inizio se non dall’MVP delle NBA Finals, Jaylen Brown. Pochi giocatori hanno avuto su di sé la lente d’ingrandimento della critica come lui negli ultimi anni. Però, a parte per i discorsi inerenti ad ipotetiche trade, quelli sull’utilizzo da parte sua della mano sinistra o l’esagerazione nell’offrirgli certe cifre in busta paga, non sono stati aperti nuovi capitoli della “saga”. Anche perché, nella maniera più diretta possibile, durante le NBA Finals Brown è stato una forza inarrestabile – ma ciò può essere esteso a tutta la Playoffs-run. Ha messo in campo un mix incredibile di potenza e leggiadria, confermandosi un atleta capace di colpire gli avversari da tutte e 3 le principali mattonelle di tiro.
Quando JB si è confrontato con gli avversari attaccando il canestro in penetrazione, in uno-contro-uno, marcarlo è stato uno dei compiti più ardui. Brown ha un enorme bagaglio tecnico su cui fare affidamento per fronteggiare i propri diretti marcatori dal mid-range in avanti. Una delle sue movenze più frequenti nel corso della passata stagione è stato lo steph-through. Se eseguito perfettamente, 9 volte su 10 prevede che il difensore venga pressoché messo in ridicolo.
Ci sono molti fattori che interagiscono affinché lo step-through abbia successo, ma tutto passa in secondo piano se la difesa non dovesse trovarsi al ritmo di gioco giusto per difendere su un jumper dal mid-range. Jaylen Brown non deve porsi questo problema: si trova più che bene nel concludere da appena fuori il pitturato, con buona elevazione al tiro. Diventa ancor più funzionale se la difesa avversaria dovesse invogliarlo in questo senso. Può succedere varie volte nella stessa partita o anche in sfide differenti. Per appurarlo basta osservare la prossima clip e poi la precedente.
Lo step-through fa la differenza non tanto per il momento in cui viene concepito dalla sua mente, quanto per l’efficacia e la consistenza del suo footwork tra una giocata e l’altra. I video precedenti appartengono a 2 sfide avvenute a distanza di 2 giorni tra esse. Dopo aver osservato inerme nell’angolo lo sviluppo dell’azione, mentre Brown stava mettendo in difficoltà Cole Anthony, Gary Harris era certo di sapere cosa stesse per accadere. Ma è stato lasciato fermo come un palo dai 2 passi in avanti di JB, messosi in condizione per un tiro da 2 punti facili. Che sia perché Harris abbia ricordato quella giocata dalla sfida precedente o meno non è dato saperlo. Tuttavia, Jaylen ha agito in modo da sembrare una minaccia in pull-up, e la giocata ha dimostrato che bisogna prendere comunque sul serio le sue finte. Anche se non fossero solo finte di tiro, ha comunque a disposizione abbastanza talento per mandare la palla a fondo rete.
Durante le Eastern Conference Finals contro gli Indiana Pacers, Jaylen Brown ha fatto molto affidamento sullo step-through, più di quanto lo avesse mai fatto in precedenza. Attraverso questa risorsa ha potuto capitalizzare al meglio le occasioni in pull-up, specie confrontandosi contro i lunghi dei Pacers: Myles Turner è stato varie volte vittima di questa giocata. Per comprendere meglio il perché sarebbe utile dare una seconda occhiata alla clip precedente.
Il possesso ha inizio con Jaylen che riceve il pallone in uscita da un blocco costruito da Al Horford. Dopodiché ha avanzato nel pitturato, con Turner a presumere stesse per optare per lo switch. JB non ha sprecato tempo, provando ad eseguire il suo jumper – forse con il centro di Indiana ancora troppo vicino -, ma finendo ad eseguire una pump fake. Turner non è stato colto fuori posizione, ma Brown ha tentato la giocata più difficile, che somiglia quasi ad un tentativo di andare in lunetta ottenendo un fallo.
Tornando con la memoria a maggio, Brown ha sfidato Turner nella stessa identica posizione: pump fake, nulla, altra finta ed ancora nulla. A quel punto, però, Brown sapeva che se l’avversario avesse provato ad aggredirlo, lui avrebbe avuto a sua disposizione maggior accelerazione per posizionarsi ovunque volesse. La storia è rimasta identica anche in seguito, durante la stessa sfida.
Jaylen Brown ha puntato Myles Turner con ampio spazio di manovra. Stavolta JB ha sfidato l’avversario con uno step-back, mentre Turner non ha potuto che stare a guardare inerme Brown dopo averlo provato a stoppare con un salto. Il centro dei Pacers ha protestato con gli arbitri invocando un’infrazione di passi, ma le sue proteste sono state vane. E Myles Turner non è stato l’unico avversario a finire vittima di questa giocata.
Nel finale di una Gara 4 da dentro o fuori, i Boston Celtics si trovavano in svantaggio di 2 punti con soli 7 secondi sul cronometro del possesso. Brown è affidato alle attenzioni difensive di Obi Toppin – che non sembrerebbe volesse veder terminare la giocata in quel modo -, che lo ha preso in carico direttamente sulla linea dei liberi. Brown ha dato seguito alla finta con la sua naturale movenza di tiro, mentre Toppin era spacciato. Prima che tutto ciò accadesse, coach Rick Carlisle dalla panchina gli aveva gridato: “Stai giù!”. Mettere all’opera questo tipo di giocata nei minuti finali di una sfida valida per le Eastern Conference Finals è davvero coraggioso, ma se c’è qualcosa che può rendere un grande giocatore uno eccezionale, è proprio l’imprevedibilità. Se Jaylen avesse impiegato questa tattica in ogni possesso avrebbe perso la componente dell’effetto-sorpresa. JB sapeva esattamente quando tirar fuori l’asso dalla manica, conservando lo step-through per le Finals.
L’offensiva consiste non solo nel drive, ma anche nella pump fake, e lascia facilmente intuire il suo livello all’interno della serie. C’era un fine dietro tutto ciò, con nessun movimento inutile. Le abilità in penetrazione di Jaylen Brown gli offrono una miriade di opzioni per rendere ancora più floride le sue performance. Che sia un elemento principale delle sue scelte offensive o meno nella Stagione 2024/25, sembra comunque un segno importante di come stia evolvendo il suo stile di gioco. Inoltre, va colta l’occasione per poter osservare la bellezza di queste giocate. E di sentirsi liberi di lasciarsi andare con emozioni e sentimenti.