La chiacchierata di Marc J. Spears (Andscape) con il giocatore dei Denvrer Nuggets.

Questo contenuto è tratto da un articolo di Marc J. Spears per Andscape, tradotto in italiano da Andrea Borgonovo per Around the Game.
Mentre Aaron Gordon si trovava alla Ball Arena ascoltando le note di “The Star-Spangled Banner”, gli è parso quasi come se il tempo si fosse fermato: il pubblico in estasi e le luci lampeggianti, un’atmosfera unica che il giocatore dei Denver Nuggets stava vivendo per la prima volta nella sua carriera, nonostante abbia alle spalle 596 partite di Segular Season e 35 di post-season. Ma senza dubbio Gara 1 delle NBA Finals è un’altra storia.
Gordon, al termine della partita vinta dai suoi Nuggets contro i Miami Heat per 104–93 (prima della sconfitta in Gara 2 che ha riportato la serie in parità), ha dichiarato ad Andscape ciò che aveva pensato prima dell’inizio della partita: “Wow, queste sono davvero le NBA Finals”, si ripeteva durante l’inno: “è pazzesco, siamo davvero qui!”.
Una volta iniziata la prima partita delle Finals nella storia dei Nuggets, però, la pressione non sembrava aver preso il sopravvento su di lui. Anzi, nessun altro giocatore in Gara 1 ha iniziato meglio di Gordon: 12 punti con un ottimo 6/8 dal campo e 4 rimbalzi in 12 minuti, con sei schiacciate che hanno messo in partita tutto il pubblico. I suoi 12 punti realizzati nel primo quarto, inoltre, sono stati il massimo personale in ogni quarto di questa post-season e soprattutto hanno garantito ai Nuggets un vantaggio sul 29-20 che non è stato più abbandonato durante tutto l’arco della partita.
Nei Nuggets solitamente a brillare sono le due superstar, il due volte MVP Nikola Jokic e un Jamal Murray tornato ad alti livelli nei Playoffs. Ma proprio il Joker ha sottolineato l’importanza di Gordon, “il nostro miglior difensore”.
Gordon in questi Playoffs in effetti ha dovuto affrontare una sfida impegnativa dopo l’altra in difesa, marcando sistematicamente il giocatore più temibile delle squadre avversarie. Al primo contro i Timberwolves ha dovuto difendere su Towns, successivamente contro i Suns si è occupato di Durant, e infine nelle finali di Conference di LeBron. Ora, di fronte si trova Jimmy Butler.
Butler è stato il più grande punto di forza degli Heat in questa run, nonché il terminale offensivo più prolifico, con una media di 37,6 punti nel primo turno contro i Bucks, segnando almeno 24 punti in quattro delle cinque partite del secondo turno contro i Knicks e infine ottenendo l’MVP delle finali della Eastern Conference contro i Celtics. Ora, però, “Himmy” sembra aver perso quella brillantezza fisica che aveva qualche settimana fa, e Gordon non è certo un cliente facile.
E così, in Gara 1 sono arrivati soli 13 punti con 6/14 dal campo e 7 assist in 38 minuti; e secondo i dati di tracking, Butler ha tentato solo due tiri dal campo nelle 34 azioni nelle quali è stato marcato da AG. Mentre nel secondo atto della serie, vinto da Miami, Jimmy ha scollinato quota 20 punti e aggiunto 9 assist, ma ha tirato ancora con meno del 40% dal campo.
“Devi stare sempre attentissimo”, ha spiegato Gordon. “Devi essere sempre consapevole di Jimmy, perché è pericoloso su tutto il campo e fa pagare caro ogni errore… Personalmente, non sono sicuro di sapere perché mi vengano assegnati tutti i compiti difensivi più importanti. Credo sia la versatilità, o forse la voglia. In ogni caso, lavoro solo per aiutare la squadra a vincere. È davvero tutto qui.”
Il capo allenatore dei Nuggets, Michael Malone, ha detto che se Jokic è visto come “l’incarnazione della cultura dei Nuggets”, lo stesso si può dire di Gordon. L’ex Magic ha accettato un ruolo defilato, dietro Jokic e Murray, fin subito, quando è passato da Orlando a Denver nel marzo 2021. E coach Malone racconta come Gordon sia contento ed orgoglioso nello svolgere quello che viene definito come il “lavoro sporco” in difesa.
Aaron è un ottimo esempio di persona genuinamente altruista, come ha detto Malone a più riprese e anche dopo Gara 1. “Ha capito che con il ritorno di Jamal e Michael quest’anno in salute, il suo ruolo sarebbe cambiato. Non si è mai opposto, anzi, l’ha accettato fin dal primo giorno della stagione ed è andato là fuori, che si tratti di marcare Karl-Anthony Towns, Kevin Durant, LeBron James o Jimmy Butler. Fa un sacco di lavoro sporco per noi, e molte volte non riceve il credito che merita.”
A questo vanno poi aggiunte le parole di Jokic: “Giocare in difesa per tutta la partita sul miglior giocatore degli avversari, credo sia davvero difficile fisicamente.”
Gordon, 27 anni, ha probabilmente raggiunto ora l’apice della sua maturazione. Dopo l’eliminazione subita l’anno scorso da parte dei Golden State Warriors, con una media di 13,8 punti con il 42.6% dal campo e 7.2 rimbalzi.
Durante l’offseason, il nativo di San Jose, in California, ha soggiornato principalmente a Denver per allenarsi a un’altitudine di 5280 piedi, anche tre volte al giorno.
Drew Gordon, fratello di Aaron ed ex giocatore NBA, e Elise, sorella ed ex stella della pallacanestro dell’Università di Harvard, hanno notato una differenza di concentrazione nel fratello durante la scorsa offseason. Drew Gordon ha detto che suo fratello si allenava con persone che avevano “un’etica del lavoro diversa”, e una fonte NBA ha detto che la scorsa estate si è allenato a lungo con Murray, Michael Porter Jr. e persino con la stella dei Clippers, Kawhi Leonard. Elise Gordon ha attribuito al fratello minore il merito di essersi concentrato sulla volontà di raggiungere i propri sogni per sé stesso, per la sua famiglia e per i Nuggets, e ha detto che la scorsa offseason era un “topo da palestra”.
“I Nuggets sono progrediti ogni anno come squadra”, ha detto Drew Gordon ad Andscape. “E Aaron ha solo preso del tempo per riflettere su sé stesso, scavare in profondità e cambiare il modo di affrontare le partite e gli allenamenti. E questo ha dato i suoi frutti. Se ne vedono i benefici”.
Elise Gordon ha dichiarato ad Andscape: “Era assolutamente concentrato. In questa stagione è stato più concentrato che mai. Ha rifiutato di uscire dopo le partite. È concentrato. Vuole prendersi cura del suo corpo mentalmente e fisicamente. Molti ragazzi della sua età non lo fanno. Sta facendo un passo indietro per guardare al quadro generale. Nelle ultime due stagioni, il passaggio a Denver ha rappresentato un cambio di cultura. Ha dei compagni di squadra, un front office e un’organizzazione che lo motivano a voler fare meglio e ad essere migliore. E ha visto cosa sono riusciti a fare anche prima di arrivare qui. Questa è una motivazione per lui”.
Giocare la prima partita delle Finali NBA dei Nuggets da quando la franchigia è entrata nella lega nel 1976 è stato piuttosto emozionante per Gordon. Ma sarà ancora più emozionante, se dovesse succedere, vincere il primo storico titolo. Sebbene Jokic sia il protagonista assoluto dei Nuggets e Murray il secondo violino, Gordon ha dichiarato ad Andscape che “tutti vengono amati quando si vince”.
E, Gordon e i Nuggets, sono a tre vittorie dal più grande “amore” per la pallacanestro: la vittoria di un anello.
“Non sono qui per il merito. Sono qui per le vittorie”, ha detto Gordon nella conferenza stampa post-partita. “Giocare con ragazzi come quelli che sono in questa squadra è una benedizione. È una bellissima opportunità stare in mezzo a tanto talento, con così tante responsbilità e così tanta passione per il gioco. È quello che ho sempre amato: giocare nel modo giusto a pallacanestro, e qui lo facciamo. Non mi interessa se segno 50 o 0 punti, basta che contribuisca all’impatto del gioco e che si vinca”.