FOTO: NBA.com

Questo contenuto è tratto da un articolo di Marc J. Spears per Andscape, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


Draymond Green ha iniziato la stagione al centro delle chiacchiere successive al pugno tirato a Jordan Poole durante il training camp, con indiscrezioni che lo volevano interessato a raggiungere i Lakers e l’amico LeBron James in futuro. A due mesi da ciò e a Regular Season inoltrata, il numero 23 dei Dubs è tornato a parlarne, all’interno di questa intervista per Marc J. Spears in cui ha raccontato la sua carriera, interamente trascorsa in una franchigia.


“Ho indossato questa maglia per 11 anni, non conosco altro oltre Golden State. E se mi si chiede se sia felice, non saprei cosa rispondere, perchè non so cosa voglia dire giocare altrove. Ma io provo le stesse sensazioni che ho provato negli ultimi 11 anni, questo è ciò che posso dire e ciò che sento. Se ci sono aspetti di questi 11 anni su cui si può avere da ridire, beh anch’io ne ho altrettanti che mi hanno infastidito. Ma il mio modo di affrontare queste cose è diretto, per risolverle.”

Avete avuto un andamento altalenante in questo avvio di Regular Season.

“Ne parliamo e cerchiamo di risolvere i vari problemi, ciò che bisogna fare. Mi sento benissimo, la squadra è diversa rispetto al passato. Pur rimanendo gli stessi cinque, sei o sette giocatori, non è mai la stessa squadra anno dopo anno. Quindi stiamo cercando di adattarci e il punto di partenza è l’esperienza. Non credo ci siano scorciatoie in questo senso. Ci serve solo più esperienza e più tempo insieme per conoscerci meglio. Dobbiamo assicurarci di proseguire nonostante tutto, cercando di fare bene e dando il meglio in base ai nostri obiettivi. Ma, in definitiva, penso che le nostre lacune siano colmabili con l’esperienza.” 

Hai cambiato atteggiamento dopo la lite con Jordan Poole?

“No, non lascio che gli eventi cambino il mio modo di essere. Però adesso so che bisogna valutare bene le cose. A volte serve fare un passo indietro e riflettere sulle situazioni. Serve essere sempre pronti, comprendere ciò che sta accadendo davanti a te. A volte non riesco semplicemente a parlare: osservo e reagisco cercando di risolvere i problemi, per portare a termine ciò che va fatto, dicendo ciò che va detto.”

Cosa puoi dirci riguardo al tuo attuale rapporto con Poole?

“Siamo compagni di squadra e mi comporto con lui come mi comporto con gli altri compagni. Farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarlo a crescere, e lo farò per chiunque altro in squadra. Questa è la nostra filosofia e modus operandi. E sì, siamo in buoni rapporti e abbiamo superato quella faccenda.”

Su cosa ti sei soffermato a riflettere maggiormente durante il tuo periodo di allontanamento dalla squadra? 

“Ho iniziato a vedere le cose sotto un’altra prospettiva, capacità che ritengo fondamentale nella vita di ognuno di noi. Continuo ad imparare a farlo meglio ogni giorno. Io sono riuscito a farlo in maniera approfondita durante il periodo di allontanamento. Mi sono letteralmente immerso nel mio ego, nella mia realtà. Sono grato di aver trascorso quel periodo, perché mi ha permesso di conoscermi meglio e comprendere. Penso sempre che ogni volta che s’impara qualcosa sia un momento importante.”

Qual è la cosa più importante che sei riuscito a comprendere?

“Ho imparato a conoscere meglio me stesso e le altre persone. Ed anche riguardo alle varie situazioni che ci si presentano quotidianamente. Poi, ho imparato a calarmi in questo tipo di situazioni e come comportarmi. Questo va oltre ciò che accade in una squadra o su un campo da basket, per quanto mi riguarda certe esperienze sono bagagli per la vita.”

FOTO: NBA.com

Cosa puoi dirci riguardo le voci che ti vorrebbero interessato a trasferirti a Los Angeles?

“Non ho mai detto nulla del genere. La gente può dire ciò che vuole, non sono uno a cui interessa molto ciò che dce la gente su di me. Reagisco alle cose solo quando sento che voglio e devo farlo. Ma se la cosa non m’interessa, allora per me lascia il tempo che trova.”

Saresti felice di giocare per tutta la tua carriera con Golden State?

“Se si pensa a quanti giocatori abbiano vestito una sola maglia NBA nella storia, è davvero ridicolo. Attualmente ci sono solo cinque giocatori con almeno 11 anni di permanenza nella stessa franchigia, tre siamo qui a Golden State con Steph e Klay. È un evento raro, ci sono circa 480 giocatori in tutta la lega e solo cinque che hanno militato per almeno 11 anni nella stessa squadra. Incredibile. Non è una cosa da dare per scontata, quindi è chiaro che mi farebbe piacere e m’interessa. Se si presentasse quest’opportunità credo che chiunque la coglierebbe. Ma al contempo, so che si tratta di business e quindi le decisioni vanno ponderate. Io sono chiamato a prendere delle decisioni che poi la gente si troverà a discutere. Comunque resto concentrato sulla stagione e sulla vittoria. Spesso questo genere di cose si risolvono quasi da sé: il tempo passa e prima o dopo bisognerà fare il punto della situazione. Però mi concentro sul presente e su cosa posso fare adesso per questa squadra. Tutto il resto accadrà al momento adatto.”

Quanto ti preoccupa la tua condizione contrattuale?

Green guadagnerà $25.8M quest’anno e $27.5M nella stagione 2023/24 (player option); se decidesse di fare opt-out potrebbe essere free agent la prossima estate.

“Non mi preoccupa per nulla. Ho un bravissimo agente, Rich Paul, che ritengo il migliore nel business. E la ragione per cui ci si affida ai migliori agenti è perchè loro dettano le regole del loro business. Un po’ come per me e la mia squadra, quando si parla di basket. Ed è così che voglio che vadano le cose.”

Sei passato dall’essere una second-round pick in uscita dalla panchina, a vincere quattro titoli da protagonista e firmare dei contratti importanti.

“Rifletto spesso su questo e sul resto della mia carriera, perchè a volte serve cambiare la propria prospettiva. Capita di venire risucchiati talmente in una situazione da crearsi delle opinioni su questa o quell’altra cosa, quando sarebbe meglio fare un passo indietro e cambiare prospettiva. Cercare di capire com’era prima, come sarà subito dopo e come potrebbe essere più avanti; così facendo, è nelle nostre possibilità poter gestire il corso degli eventi. Perchè ci può capitare di affrontare eventi simili ad alcuni già superati in passato, e ricordarli può aiutarci nel presente. Anzi, credo sia un fattore fondamentale.”

Attualmente lavori come NBA analyst per Turner Sports, hai il tuo podcast The Draymond Green Show e diversi progetti di intrattenimento. Parlaci un po’ di Draymond Inc.

“Draymond Inc. è una grande realtà. Sono fiero di averla creata, di essermi ritagliato il mio spazio nel mondo dei media e della comunicazione. Era uno dei miei sogni. Sto cercando di farlo evolvere e renderlo un business in espansione. Ci sono tanti aspetti che mi attraggono e spendo tante energie in questo progetto. Avrei voluto creare qualcosa del genere già prima che iniziassi a giocare a basket, è un mio obiettivo e ho tanta fiducia in questo progetto.”

Quanto ancora hai intenzione di giocare in NBA?

“Vorrei giocare ancora altri quattro o cinque anni. Se ci riuscissi sarebbe il massimo per me, ne sarei felicissimo.”

Cosa devono fare questi Warriors per essere competitivi per il titolo?

“Dobbiamo serrare le fila. E quando parlo usando il ‘noi’, solo chi ha giocato in questa squadra sa cosa voglio dire. Dobbiamo raffinarci, perfezionarci. Potremmo anche sederci e puntare il dito l’un l’altro cercando di trovare il problema, ma la realtà è che le cose cambiano solo se prendi in mano la situazione e vuoi che le cose cambino. E bisogna accertarsi che tutti la pensino così. Noi, i più esperti del gruppo, abbiamo il compito di assicurarci che tutti siano in grado di poterlo fare, aiutando i ragazzi in difficoltà.”

Steph, Klay, Andre: sarai sempre legato a loro tre.

“Il numero di successi ottenuti insieme fa sì che ognuno di noi sia per sempre legato agli altri tre. Mi fa sentire speciale. Sono pochissime le persone nel mondo del basket che, come noi, sono e rimarranno per sempre legati, ed è una cosa stupenda. Avrò sempre un enorme affetto e riconoscenza per loro, per tutto ciò che abbiamo affrontato e che affronteremo ancora.”

Cosa significa “The Bay” per te?

“L’unico posto in cui ho trascorso più tempo in vita mia è Saginaw, in Michigan. Sono cresciuto tanto nella Baia, io e la mia famiglia. The Bay sarà sempre un posto speciale per me, l’unico posto che conosca davvero al di fuori del Michigan. In Michigan ho trascorso 22 anni della mia vita, gli altri 11 qui. Amo la gente che vive qui, mi ha sempre fatto sentire a casa. Qui sono riuscito a trasformare la merda in zucchero.”