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Questo contenuto è tratto da un articolo di JD Tailor per Welcome to Loud City, tradotto in italiano da Stefano Tedeschi per Around the Game.


Sam Presti è a capo del front office degli Oklahoma City Thunder da 14 anni, uno degli incarichi più longevi tra i dirigenti nella lega. Solamente RC Buford e Pat Riley hanno avuto modo di spendere più tempo nel dare forma ai propri team per renderli competitivi per il titolo.


Presti è divenuto un decano a questo livello, ben lontano dal ragazzo prodigio che ha preso in mano i Seattle SuperSonics nel 2007. In questo lasso di tempo, è passato dall’avere team in ricostruzione, a contender, a squadre con chances di titolo pur non favorite. In ognuna di queste trasformazioni dei Thunder, gli obiettivi erano differenti.

Quando a guidare il team erano Russell Westbrook e Kevin Durant, Presti era concentrato nel trovare i pezzi mancanti per portare i Thunder all’anello. Quando invece Russ era l’unica superstar, l’obiettivo il Presti era costruire una squadra funzionale attorno a lui senza sacrificare degli asset che i Thunder non potevano permettersi. In effetti, raggiunse il suo obiettivo, ma Oklahoma City non fece strada nei Playoffs.

Ad oggi, i Thunder sono in zona Play-In, in una fase di transizione del pieno rebuilding e ovviamente Sam è focalizzato su una visione a lungo termine, accumulando giocatori giovani e scelte al Draft in maniera da avere una squadra che possa essere competitiva al di là della classica finestra di tre stagioni.

La sua visione per i Thunder è mutata in questi 14 anni, e lo stesso si potrebbe dire per ciò che viene chiamata la grande tattica di Presti. La grande tattica è un modo di dire derivato dal libro di Sun Tzu, L’arte della guerra, e può essere inteso come il modo di utilizzare strumenti tattici per raggiungere un obiettivo strategico.

Come tifoso dei Thunder, credo che l’approccio strategico di Presti sia profondamente interessante. Presti fa il General Manager in un mercato piccolo e poco ambito, ma ha costruito uno dei team più di successo tra il 2010 e il 2020, prima della transizione verso un lavoro di ricostruzione. E’ stato in grado di portare l’asticella del successo fino all’anello, senza essere facilitato dal contesto. Come è riuscito in tutto ciò?

Analizzando il lavoro del front office dei Thunder, la risposta appare abbastanza chiara. Se la strategia di Presti è cambiata negli anni, il suo approccio no. Sam lavora con discrezione e strappa ogni dannato vantaggio, grande o piccolo che sia, da ogni transazione.

Ecco le tre principali caratteristiche/strategie del lavoro di Presti che gli hanno permesso di mantenere il team competitivo a lungo e di trovare modi per migliorarlo anche quando non sembrava ci fossero soluzioni semplici.

1. Roster in continua ebollizione

Durante il processo di ricostruzione dei Thunder, Presti ha sempre mostrato la tendenza ad acquisire giocatori o scelte al Draft muovendo continuamente questi assets. Nella offseason 2020, OKC ha portato a termine 15 differenti scambi che hanno rivoluzionato il roster; giocatori come Ricky Rubio, Danny Green e Kelly Oubre sono rimasti membri dei Thunder per pochi giorni prima di essere nuovamente scambiati. 

Muovere continuamente il roster e non accontentarsi di semplici scambi diretti, permette a Presti di massimizzarne il tornaconto; può significare magari spostare un giocatore secondario per una scelta al secondo giro del Draft (o una scelta al primo giro fortemente protetta). Sono trade apparentemente marginali, che tuttavia si sono dimostrate di valore per i Thunder.

La trade che ha coinvolto Ousmane Dieng (scelta numero 11 al Draft 2022) è un esempio perfetto di cosa queste manovre “marginali” portino al team. I Thunder hanno speso tre prime scelte per portare Dieng ad OKC, ma nessuna di queste scelte spettava a loro: la scelta di proprietà dei Nuggets derivava dall’aver ceduto il contratto di Grant; le altre due da una trade coinvolgente Houston e Alperen Sengun. Presti non voleva un lungo nel Draft del 2021, puntava a Tre Mann. E così, i Thunder scambiarono la scelta 16 (poi usata da Houston per scegliere Sengun) per ottenere due future prime scelte da Detroit e Washington.

Al tempo criticai questi scambi, pensando che due scelte protette fino alla 14 non fossero un ritorno adeguato. Ammetto serenamente, però, di essermi sbagliato. L’aggiunta di queste due scelte si è rivelata decisiva per comporre l’offerta che avrebbe portato Dieng nell’Oklahoma.

2. La riservatezza prima di tutto

I Thunder, come organizzazione, si approcciano agli affari in maniera discreta e senza i classici titoloni. Non è un caso che nel passato siano stati paragonati ad un ufficio della CIA per il grado di controllo delle informazioni in uscita.

Diversamente da altri GM, Presti non sembra avere relazioni particolarmente strette con i media. Ad esempio, i rapporti tra Adrian Wojnarowski e Neil Olshey (ex GM dei Blazers), oppure Sean Marks (Nets), sono stati oggetto di discussioni: Woj rilasciava storie che mettevano in buona luce i suoi amici in cambio di informazioni di prima mano e breaking news. Niente di nuovo, se conoscete la storia di Wojnarowski.

Questo è l’esatto opposto di quanto accada con i Thunder. Presti parla ai media solo quando deve, e rimane comunque a bocca cucita per ciò che riguarda il roster. Questo silenzio è voluto da parte di Presti, che considera vantaggioso ogni gap di informazioni tra lui e gli altri suoi colleghi. La trade per Paul George ne è un esempio: essendo stata eseguita nel massimo silenzio da Presti, nessuno sapeva cosa avessero in mente i Thunder e quali fossero i loro obiettivi.

3. Tendenze nel Draft

Le preferenze di Sam Presti al Draft si sono evolute nel corso degli anni, di pari passo con la squadra.

Ad un certo punto sembrava fosse particolarmente focalizzato su ali super-atletiche ma dal tiro discutibile come Andre Robertson, Josh Huestis, Terrance Ferguson e Hamidou Diallo. Ma si trattava di un approccio guidato dalle necessità del roster dei Thunder: Westbrook era un dominatore offensivo in grado di farsi carico dell’attacco della squadra, ma la cui inconsistenza difensiva necessitava degli aggiustamenti. Ovvero, di ali versatili in grado di poter cambiare su ogni matchup.

Più recentemente abbiamo osservato una tendenza di Presti a concentrarsi su giocatori del college con interessanti istinti offensivi e su playmaker internazionali. Negli ultimi due anni sono arrivati Josh Giddey, Aleksej Pokusveski, Jalen Williams, Vit Krejci e Theo Madelon (questi due, poi, scambiati), e Ousmane Dieng.

Riguardo ai prospetti scelti dal college basketball, Presti tende a scegliere giocatori provenienti da programmi universitari già con gameplay stile NBA. Vero, Gonzaga – da cui proviene Chet Holmgren – si basava molto su giochi in post-up con Drew Timme, più di quanto qualsiasi team NBA farebbe; ma Gonzaga era anche abituata a giocare azioni in spread post-up coinvolgendo Nembhard, Holmgren e Strawther sul perimetro.

Gonzaga, Florida State e Villanova giocano allargando il campo, con un gameplay che ricorda il basket professionistico. Il vantaggio di prendere giocatori in uscita da questi college consiste nel fatto che hanno una buona conoscenza di alcuni concetti e quindi non richiedono un lungo adattamento al gioco NBA.

Nella sua stagione da rookie, ad esempio, Jeremiah Robinson-Earl ha giocato come centro per i Thunder, guidando la squadra sul piano difensivo e dimostrandosi molto affidabile. JRE ha giocato con una maturità cestistica ben oltre la sua età, ed è stato uno dei motivi principali dietro ai successi dei Thunder sul piano difensivo nella prima metà di stagione. Tre Mann ha impiegato più tempo per adeguarsi, avere buoni numeri al tiro e diventare più efficiente. 

Se è vero che gli obiettivi nel Draft di Presti mutino, è altrettanto vero che ha come preferenza giocatori che abbiano un buon istinto per il gioco e siano efficaci nel contesto di squadra.