Con Robert Williams che non inizierà la stagione, i Celtics potrebbero pescare un sostituto dal mercato dei free agent.

Questo contenuto è tratto da un articolo di Adam Taylor per CelticsBlog, tradotto in italiano da Edoardo Bertocchi per Around the Game.


La necessità di Robert Williams di sottoporsi ad un secondo intervento al ginocchio è stata un pugno nello stomaco che i Boston Celtics avrebbero evitato volentieri. Soprattutto in un momento di turbolenze e grandi incertezze per l’organizzazione, dopo la sospensione di coach Ime Udoka per l’intera stagione 2022/23 e la promozione di Joe Mazzulla come head coach (ad interim).


Non è una novità che il numero di giocatori soggetti a frequenti problemi fisici nel roster dei Celtics possa essere un inconveniente non da poco per la squadra, e senz’altro iniziare la stagione con due giocatori importanti nelle rotazioni (Williams e Gallinari) in questa lista è tutt’altro che incoraggiante.

Personalmente, ho passato l’estate a rimarcare la necessità per Boston di firmare un centro in più, a fronte della costante incertezza sull’effettiva disponibilità di Time Lord nell’arco della stagione, indipendentemente dalla prontezza di Luke Kornet a ricoprire un ruolo più consistente. Sfortunatamente, le difficoltà derivanti dall’infortunio di Williams sono acuite molto presto, ed ora avremo tutte le risposte che cercavamo su Kornet e probabilmente pure su Mfiondu Kabengele.

In ogni caso, i Celtics hanno tre posti disponibili nel roster, e “luce verde” per spendere per creare una squadra all’altezza delle ambizioni del front office: tornare alle NBA Finals. Diamo un’ occhiata più da vicino ad alcune soluzioni di “big men” attualmente free agent, e in che modo potrebbero (o meno) aiutare la causa.

Dwight Howard

Non appena si è diffusa la notizia sull’urgenza di un secondo intervento per Williams, i social media sono stati invasi da commenti che caldeggiavano una possibile offerta contrattuale dei Celtics per Dwight Howard.

L’attuale versione di Howard non è certo quella che abbiamo visto con i Magic o i Rockets; compiendo 37 anni durante la stagione, le sue doti atletiche hanno ormai abbandonato l’edificio, lasciando un veterano esperto e affidabile su un minutaggio contenuto. Howard non è più un (super) atleta verticale, un dominatore del ferro che spazza via i tiri avversari e schiaccia i lob dei compagni. È invece un difensore di contenimento, che ha un solido controllo dei tabelloni in fase offensiva e difensiva. Nelle ultime tre stagioni, il nativo della Georgia ha totalizzato 6.9 punti e 7.3 rimbalzi di media a partita.

Howard è una presenza fisica importante, che può ancora darti 12-15 minuti ad allacciata di scarpe, assorbire contatti sotto canestro, regalare qualche extra-possesso e aiutare la squadra su entrambi i lati del campo. A livello di impatto in uscita dalla panchina, è tuttora un solido role player.

Hassan Whiteside

213 centimetri, 33 anni, 7.6 rimbalzi di media nell’ultima stagione agli Utah Jazz. Hassan Whiteside è un’altra potenziale soluzione alla mancanza di profondità dei Celtics nel ruolo di centro, soprattutto se cercano un lungo “tradizionale”.

Simile per certi versi ad Howard, Whiteside non attacca certo il ferro come Robert Williams – anche se, a dirla tutta, non molti giocatori nella lega possono dichiarare ciò. Whiteside, comunque, rappresenta una sfida piuttosto difficile per gli attacchi avversari dalle parti del ferro: le sue dimensioni e il suo tempismo per la stoppata portano spesso a tiri forzati e/o palle recuperate. Hassan è anche un rimbalzista offensivo d’élite, essendosi classificato nel 95esimo percentile per OREB% la scorsa stagione, catturando il 14.9% dei tiri sbagliati dai suoi compagni mentre era sul parquet. 

Whiteside non è tanto avanti nell’età come Howard, ma il suo atletismo ha iniziato a scemare da tempo. Allo stesso modo, non ha l’esperienza da veterano di Dwight (avendo giocato 721 partite in meno), ma anche per questo dovrebbe teoricamente riuscire a resistere meglio ai ritmi di una stagione NBA.

DeMarcus Cousins

Non è facile descrivere al meglio questa fase “mutevole” della carriera di DeMarcus Cousins. Boogie ha un passato travagliato relativamente all’avere una buona (o meno) influenza all’interno dello spogliatoio, ma nel corso delle ultime stagioni ha mostrato un’apprezzabile predisposizione a mettersi al servizio della squadra.

Diversamente da Howard e Whiteside, è un lungo con caratteristiche meno “tradizionali”, capace di giocare sia sul perimetro che dentro il pitturato. Potrebbe essere un valido innesto per i Celtics se stanno cercando qualcuno in grado di garantire delle soluzioni in più in uscita dalla panchina.

Il rovescio della medaglia sta nel fatto che viene da una lunga storia di infortuni, compresi due gravi problemi alle ginocchia, e non ci sono garanzie che il suo fisico possa sostenere tutta la stagione (specialmente se per un certo periodo dovesse giocare molti minuti al posto di Williams e/o Horford).

Scegliendo Cousins, i Celtics rinuncerebbero ad un po’ di protezione del pitturato che Howard o Whiteside potrebbero portare; dall’altra parte, accrescerebbero la pericolosità e la varietà offensiva della loro second unit.

LaMarcus Aldridge

Di tutte le opzioni sul tavolo per i Celtics, fino a una settimana fa LaMarcus Aldridge vantava una corsia preferenziale grazie ai suoi rapporti con Ime Udoka, ma lo scenario ora è cambiato radicalmente con la sospensione del coach.

Il tempo non è stato clemente con Aldridge, come abbiamo visto chiaramente nelle ultime stagioni. Non è più un lungo mobile e le sue soluzioni sono decisamente più limitate di un tempo. Non ci sono dubbi sul fatto che, anche a 37 anni, sia ancora letale dalla medio-lunga distanza, oltre ad essere un ottimo bloccante che può punire le difese che raddoppiano o pressano il portatore di palla; ma, oltre a ciò, offre davvero poco, e a livello difensivo è diventato un costo ingente da sostenere. I suoi 211 centimetri, la sua apertura alare e la sua esperienza gli garantiscono una certa presenza nel pitturato, ma quando è chiamato a muoversi lontano dal ferro ha mostrato grosse carenze.

Se i Celtics cercano soluzioni che possano dare respiro all’attacco per qualche minuto, allora Aldridge potrebbe dare un contributo. Altrimenti, potrebbero reperire altrove una presenza più affidabile dal punto di vista fisico e difensivo.

Tristan Thompson

La prima esperienza di Tristan Thompson con i Celtics non è andata bene, e non ci sono molti motivi per pensare che una seconda chance possa avere esito diverso. Di certo, Thompson è sempre stato ed è ancora un eccellente rimbalzista offensivo, ma nel suo repertorio non rimane molto altro, ormai. Inoltre, l’età gli ha tolto un po’ di esplosività e, pur essendo ancora uno lungo abbastanza dinamico, l’impatto difensivo da lui garantito è limitato dalla sua carenza di verticalità.

Pare piuttosto improbabile che Brad Stevens faccia una chiamata per riportarlo al TD Garden, specialmente considerando lo scarso contributo che Thompson porterebbe a livello offensivo.

Noah Vonleh

27 anni, Noah Vonleh beneficia di un piccolo vantaggio rispetto agli altri centri in lizza, essendosi unito ai Celtics durante l’estate ed avendo la possibilità di giocarsi le sue carte nel corso del training camp. Tuttavia, parte comunque svantaggiato, non avendo trovato spazio in NBA negli ultimi anni e avendo deluso anche nella sua recente esperienza agli Shanghai Sharks (Chinese Basketball Association).

Vonleh è abbastanza mobile e agile, è un credibile bloccante e rollante sul versante offensivo, ma il suo contributo in attacco si limita a questo. Difensivamente, invece, può garantire alcuni decenti minuti come difensore di contenimento, e non ha troppi problemi a stare di fronte al suo uomo anche lontano dal ferro.

Per le necessità dei Celtics, sembra più probabile che Brad Stevens e soci cerchino un profilo con caratteristiche differenti, soprattutto sul versante offensivo.