FOTO: NBA.com

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La richiesta di trade di Kevin Durant alla proprietà dei Brooklyn Nets è stata la questione più scottante dell’offseason NBA 2022. Un giocatore del suo calibro, con un contratto ancora lungo, che diventa disponibile sul mercato non è qualcosa che si vede tutti i giorni, anzi.


La saga è iniziata il 30 giugno, quando KD ha parlato con l’owner della franchigia, Joe Tsai, mettendo in chiaro di non essere intenzionato a rimanere in squadra; e si è conclusa il mese scorso, quando le parti si sono riavvicinate, constatando la difficoltà a spostare un contratto come il suo e gettando finalmente le basi per la stagione in arrivo.

I Nets per due mesi hanno avuto conversazioni con tutti i front office NBA, o quasi, ma si sono rifiutati di cedere alle pressioni e abbassare le proprie richieste: Durant sarebbe partito solo per un’offerta all’altezza del suo valore. Che, come prevedibile, non è arrivata.

I motivi alla base della richiesta di trade, in ogni caso, non erano stati spiegati dal diretto interessato fino a ieri. Le indiscrezioni più gettonate riguardavano il malcontento per la gestione tecnica della squadra (ovvero, il lavoro di Steve Nash e staff), e anche per l’operato di Sean Marks e soci (con particolare enfasi sul modo in cui è stata gestita la situazione di Kyrie Irving). Ieri, finalmente, è stato lo stesso Durant a rompere gli indugi e spiegare come sono andate le cose:

“C’erano tante incertezze intorno alla nostra squadra l’anno scorso. Io mi sono legato a questa organizzazione per quattro anni nell’estate 2021 con l’idea che avrei giocato con il gruppo che era uscito al secondo turno dei Playoffs di quell’anno. Ero sicuro che rimanendo sani avremmo potuto costruire qualcosa di importante. Poi, però, la stagione è cominciata e sapete tutti cos’è successo. Giocatori che entravano e uscivano, infortuni, problemi, incertezze… Tutto questo mi ha fatto sorgere dei dubbi sui prossimi quattro anni della mia carriera. Lo sapete, non sono più giovane. Voglio stare in un posto stabile, dove provare a costruire una cultura vincente. Avevo dei dubbi su questo, e ne ho parlato a Joe Tsai. (…) Alla fine, comunque, ho capito perché non sono stato ceduto. Non sono sorpreso di essere ancora qui: so quanto valgo, e ho apprezzato il fatto che Sean e Joe non siano scesi a compromessi. Sono stati chiari e ho capito le loro ragioni, perché so chi sono.”