Ai bei ricordi con staff e giocatori dei Clippers, si contrapponeva il rapporto con Donald Sterling…

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Questo contenuto è tratto da un articolo di Andrew Greif per Los Angeles Times, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


Negli anni 90′ la maggior parte dei membri dello staff dei Los Angeles Clippers usava il termine “Legend” per riferirsi al loro collega Elgin Baylor. E quest’appellativo non gli è stato per nulla affibbiato per caso.


Durante la sua pluriennale carriera da giocatore, iniziata con la prima scelta al Draft del 1958 e proseguita per ben 14 anni ai Los Angeles Lakers, “era letteralmente Michael Jordan prima di Michael Jordan”, stando alle parole di Alvin Gentry, ex coach dei Clippers, riferendosi alle sue straordinarie abilità aeree.

Negli anni, anche dopo essersi legato ai Los Angeles Clippers nel 1986, questo nickname non ha perso significato – anzi, probabilmente gli si è cucito ancora di più sulla pelle, essendo un Hall of Famer che non si è mai atteggiato come tale.

Negli alberghi e sui bus si divertiva a sfidare in ogni modo i compagni, durante le ore di viaggio in aereo era solito giocare a carte coi membri dello staff, durante i lunghi pranzi di squadra in offseason o al tavolo con qualcuno, era tipico sentirgli raccontare le storie di quando la “sua” lega era più “leggera” e divertente, ed i giocatori dei Lakers si lavavano ancora le canotte da sé. O di quando, nel gennaio 1960, l’aereo dei Lakers finì in un campo di grano dell’Iowa a causa di una tormenta di neve.

Poi c’era anche il famoso dibattito con Rob Raichlen, un membro dello staff, riguardo la miglior qualità di mele. Alcuni giorni dopo quel discorso, Raichlen trovo un foglietto con su scritto “le Fuji”. “Adoro le mele Fuji solo grazie ad Elgin” ha ammesso Rob Raichlen in seguito. Ma i bei ricordi nascondono un altro lato della medaglia, quello delle responsabilità e difficoltà comportate dal suo ruolo e lavoro.

A seguito della sua morte all’età di 86 anni, nel marzo scorso, venivano commemorate in egual maniera le sue gesta da atleta ai Lakers e quelle da capo dell’esecutivo dei Clippers (in 22 anni ha raggiunto 4 partecipazioni ai Playoffs, 3 stagioni da .500 o più ed il 36% di vittorie in totale, numeri contrastati dal dominio dei Lakers in quell’arco temporale, attestato dalla vittoria di ben 5 titoli). Tutto ciò, secondo i suoi colleghi, rispecchia le difficoltà ed i limiti che Elgin ha dovuto affrontare nel lavorare per Donald Sterling.

“Non credo che abbia potuto condurre il suo lavoro per come realmente voleva” – ha detto Alvin Gentry, che ha allenato i Clippers in tre diverse occasioni, ed ora lavora come assistente a Sacramento.

“Non mi riferisco certo alle sue abilità, ma ai limiti imposti nonostante il suo ruolo, e a come ha dovuto mandare avanti la baracca durante un periodo così tempestoso. Davvero, non credo ci sia mai stato un lavoro più difficoltoso e arduo di quello ricoperto da Baylor nella storia della NBA.”

– Alvin Gentry

Una causa legale erroneamente archiviata nel 2009, portata avanti da Elgin Baylor contro Sterling, raffigura eccellentemente la longeva carriera di un dirigente dalle responsabilità limitate rispetto ai suoi pari, come ad esempio l’impossibilità di trattare con i giocatori free agent.

Una giuria della Los Angeles County Superior Court ha rigettato nel 2011 le accuse di aver creato un luogo di lavoro ostile nei confronti di Donald Sterling, i Clippers e l’allora presidente Andy Roeser, anche se i suoi colleghi definivano Baylor come un dirigente che negli ultimi anni di permanenza non aveva più alcuna voce in capitolo nelle scelte al Draft e neppure alcuna competenza nelle negoziazioni coi giocatori free agent.

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“Lo rispettavamo e adoravamo, ma si aveva sempre la sensazione che non girasse tutto attorno a lui, come accadeva ai suoi pari in altre squadre” – ha affermato Marques Johnson, ex UCLA e Clipper dal 1984 al 1987.

“E poi c’era Jerry West a condurre i Lakers. Era proprio una dicotomia. Ed era davvero un periodo duro per Elgin, nel guadagnarsi il rispetto e la stima per il lavoro compiuto, viste le difficoltà.”

– Marques Johnson

Berry Hecker ha trascorso parecchi anni ai Clippers da assistente e da Director of Scouting and Personnel, e ha affermato che anche se Michael Olowaokandi (la più alta scelta al Draft in quel periodo dei Clippers) non è riuscito a dimostrare il suo talento, la maggior parte delle migliori squadre messe in campo a Los Angeles era figlia di oculate e lungimiranti scelte al Draft. Che però non riuscivano a trattenere a lungo a LA.

La mano di Elgin era evidente nella creazione dei roster del 1992, 1993, 1997 e 2006, che riuscirono a raggiungere i Playoffs.

“Non era giusto ciò che è accaduto a Baylor. Sono di parte per aver lavorato per lui. Ma c’era una sola stella che illuminava in quel posto, ed era Elgin Baylor.”

– Berry Hecker

Baylor è stato assunto nel 1986, in un periodo in cui pochi giocatori afroamericani proseguivano la loro carriera nello staff dirigenziale. Lo stesso Sterling ha ammesso, nel 2011, che all’epoca della sua assunzione sapeva ben poco della carriera di Baylor da giocatore, nonostante fosse stato ben 11 volte All-Star ed uno dei giocatori più rispettati e amati della storia del Gioco.

“Chiunque voleva essere come quell’uomo: per la sua immagine, la sua gentilezza ed il suo modo di comportarsi” – parole di Julius Erving, membro del NBA 50th anniversary all-league team.

Da avvocato di professione, Sterling mirava agli affari che Los Angeles offriva, attraverso i quali ha creato le sue fortune e misfatti. Nel 2003 e 2009 ha affrontato due cause per discriminazione razziale nei confronti di afroamericani, latini ed altre minoranze. Ha patteggiato le accuse della prima causa, cercando di mantenere il tutto il più segreto possibile, pagando però più di $5 milioni di risarcimento. La seconda causa gli è costata ben $2.765 milioni di risarcimento, ma lo stesso Sterling non ha mai ammesso alcuna colpa.

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La causa indetta da Baylor, archiviata 5 anni prima che la NBA bannasse a vita Donald Sterling per affermazioni razziste nel 2014, sosteneva che Sterling volesse “una squadra di 5 poveri ragazzi neri del Sud e un allenatore bianco”, e che, durante le negoziazioni del contratto di Danny Manning, prima scelta nel Draft del 1988, ha detto di “aver offerto un sacco di soldi, troppi per un un ragazzo nero.”

Nonostante fossero una destinazione appetibile, i Los Angeles Clippers riuscivano raramente a portare a casa qualche buon colpo proveniente dal mercato della free agency.

“Sterling ha detto più volte a Baylor di aver dato a dei poveri ragazzi neri l’opportunità di fare molti più soldi di quanto potessero farne. Ma anziché presentar loro un’offerta equa al loro valore di mercato, Sterling preferiva tirar fuori falsità e notizie negative per svalutare e sminuire i giovani giocatori afroamericani e prenderli a minor prezzo.”

L’accusa nella causa di Elgin Baylor

A seguito dell’espulsione a vita di Sterling da parte della NBA, Baylor ha rivelato alla CNN che spesso l’owner portava estranei nello spogliatoio nel post partita, dicendo cose come “guardate che splendidi corpi neri”, o peggio.

“Baylor aveva la stima e il rispetto da parte dei giocatori e di quasi tutti i colleghi dello staff”, ha dichiarato Wayne Embry, primo GM afro-americano in NBA, che ha lavorato a Cleveland e Toronto mentre Baylor era ai Clippers. “Penso che tutti ormai conosciamo le circostanze a cui doveva sottostare. Non era di certo la situazione ideale, per nessuno.”

L’accusa, inoltre, affermava che Elgin fosse sottopagato rispetto ai suoi pari, con uno stipendio di $350,000 l’anno negli ultimi 5 anni di carriera, mentre il coach di allora dei Clippers, Mike Dunlavy, aveva firmato un quadriennale da $22 milioni.

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Dopo la nomina di Elgin Baylor come NBA Executive of the Year nel 2006, quando i Clippers arrivarono ad una vittoria dalle loro prima apparizione alle Western Conference Finals, l’accusa afferma che le raccomandazioni sono state di riconfermare in blocco il roster, inclusi Elton Brand e Corey Maggette, ma che sono state prontamente ignorate; Sterling ha apertamente detto al suo executive che “avrebbe avuto novità sul mercato dei Clippers direttamente dai mass media.”

Nel 2007 e 2008, continua l’accusa, la franchigia losangelina ha negoziato coi giocatori, ma, prosegue: “lasciando il GM Baylor completamente al di fuori da questo processo.” Baylor ha infatti detto apertamente di esser stato tagliato fuori. I colleghi affermano di non averlo mai sentito.

“Sterling è stato un personaggio unico nel suo modo di essere. Si è intromesso in quasi tutte le situazioni societarie, e questo ha messo Baylor in una posizione alquanto scomoda. Non è un segreto. Penso che Elgin fosse alquanto riluttante a dover dire certe cose e uscire dalla sua zona sicura.”

– Gail Goodrich, ex compagno di Elgin ai Lakers

Baylor è descritto come “un ottimista”, uno che credeva nel successo a lungo termine del suo progetto e che, stando a quando ha rilasciato Johnson “sarebbe diventato un progetto quanto meno rispettabile agli occhi di chiunque fosse all’interno del mondo NBA. Era la sua missione.”

“Nonostante tutto ciò, Elgin era sempre molto positivo” – ancora Alvin Gentry. “Ed è qualcosa di innato, che proviene da dentro, perché ha affrontato davvero delle circostanze molto dure.”

Tuttavia, alla notizia della sua morte, i messaggi commemorativi di Raichlen e colleghi non riguardavano né i cattivi rapporti con Sterling e neppure gli anni da “fatiche di Sisifo” ai Clippers per raggiungere la vittoria.

Raichlen ha ricordato di una volta in cui Baylor mormorava a sé stesso in procinto di un gran colpo di mercato. Camminava avanti e indietro nell’ingresso di un hotel, dicendo che “con questo giocatore potremmo fare uno degli acquisti più grandi della storia di questo sport, e ci limitiamo alle chiacchiere con lui, da un giorno intero.”

A volte capitava, quasi inconsciamente, che Baylor mostrasse le ragioni per cui ha meritato il suo soprannome. Una volta, durante uno shooting contest con lo stesso Raichlen, era in svantaggio; Raichlen si apprestava a vincere il gioco, quando Elgin ha iniziato a mettere un tiro dopo l’altro. Dopo aver vinto, il GM ha continuato a tirare per svariati minuti. Raichlen gli chiese cosa stesse facendo.

“La risposta è il riassunto di chi è stato Elgin, non la dimenticherò mai: I can’t stop until it sounds right.”