Questo contenuto è tratto da un articolo di Sean Guest per Double Clutch UK, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.
Per parlare di questa storia bisogna fare un passo indietro fino al 1993: l’anno in cui Jurassic Park arrivò nei cinema, l’anno dell’episodio finale di Cheers e della pubblicazione del primo disco dei Wu-Tang Clan.
I Chicago Bulls erano campioni incontrastati dell’NBA, avendo battuto i Phoenix Suns in sei partite, all’inseguimento del loro terzo titolo di fila. Nello stesso periodo, dall’altro lato della classifica, i Dallas Mavericks avevano vinto solo 11 partite, il che significa che avevano il 16.67% di ottenere la prima scelta assoluta al Draft NBA. Furono comunque gli Orlando Magic, con un record di 41-41, a vincere la lotteria per il secondo anno di fila, nonostante le percentuali non giocassero al loro favore.
Come sosteneva Bob Costas, il lungo Shawn Bradley e l’ala versatile Chris Webber erano i due nomi più appetibili per le franchigie.
Bradley, di origini tedesche, era uno dei giocatori più vincenti nella storia del college basket in Utah, e ha continuato poi alla Brigham Young University. Qui ha guidato la classifica nazionale per stoppate ed è stato nominato Western Athletic Conference (WAC) Freshman of the Year e nel All-WAC Defensive Team, oltre ad aver ricevuto il premio All-WAC.
Webber aveva un curriculum impressionante e aveva aiutato i Michigan Wolverines a vincere l’NCAA Men’s Division Basketball Championship per due anni di fila (1992, 1993). Era membro dei famigerati “Fab Five” e anche ex National High School Basketball Player of the Year, avendo guidato i Detroit County Day a conquistare tre Michigan State High School Basketball Championship.
I Magic scelsero Webber, per la gioia dei propri i fan. Ma, con grande sorpresa generale, David Stern annunciò presto una trade:
Gli Orlando Magic avevano scambiato Chris Webber con i Golden State Warriors in cambio di Anfernee “Penny” Hardaway e tre scelte future al Draft.
Sconosciuto ai più, i Magic speravano invece di essere nella posizione di scegliere direttamente lui. Non solo perché la loro prima scelta al Draft precedente (tale Shaquille O’Neal...) si era espresso molto positivamente al riguardo, dopo che ci aveva giocato insieme durante le riprese del film Blue Chips.
Shaq amava l’altruismo di Hardaway e la sua abilità dal perimetro, complementari alla sua dominanza sotto canestro. Inoltre, era avverso all’idea di giocare accanto ad un altro lungo di livello, poiché avrebbe ridotto la sua azione nel pitturato e tolto opportunità in post basso. Tutto ciò era abbastanza per convincere la franchigia della Florida a sfruttare il valore di Webber per accaparrarsi il proprio obiettivo, ma anche per assicurarsene altri in futuro con le scelte al Draft.
I fan in città non furono subito entusiasti dello scambio e risposero fischiandone l’annuncio nell’arena. Era la normale conseguenza del fatto che Webber fosse già un profilo importante, meritevole di essere una prima scelta; mentre su Hardaway, proveniente dalla Memphis State University, si sapeva molto meno. Non curanti, i Magic preferirono mettere al primo posto la soddisfazione della loro stella. Avevano in mente un duo à-la-Magic Johnson & Kareem Abdul-Jabbar, che avrebbe potuto portare parecchi titoli in Florida.
Insieme alle guardie Nick Anderson e Dennis Scott, gli Orlando Magic, che erano entrati a far parte della lega espansa da sole quattro stagioni, avevano uno dei roster più giovani e interessanti dell’NBA. E per di più, le loro chance di vittoria aumentarono quando Michael Jordan annunciò il suo primo ritiro nella stagione 1993/94 a causa della morte del padre. Improvvisamente, la lega era entrata in confusione e persino alcune squadre in rampa di lancio come i Magic potevano aspirare a vincere l’anello.
E difatti lo fecero, provandoci in ogni modo e dando il loro meglio, anche se Hardaway aveva trascorso la prima parte di stagione partendo dalla panchina o da guardia tiratrice, mentre il veterano Scott Skiles guidava la squadra.
Quando avvenne il “cambio della guardia”, le cose cominciarono a girare per i Magic. Con Hardaway (16 punti, 6.6 assist e 5.4 rimbalzi di media) e O’Neal il team mise a segno un record di 50-32 in Regular Season che lo condusse ai Playoffs per la prima volta nella sua storia. Anche se furono spazzati via al primo turno dagli Indiana Pacers, i Magic avevano comunque superato il loro primo ostacolo.
Nel frattempo Chris Webber, che aveva mandato a referto 17.5 punti e 9.1 rimbalzi a partita di media e vinto il Rookie of the Year, era divenuto uno dei principali temi di discussione a Orlando. Se c’era qualcosa in cui la squadra peccava, ironicamente era proprio un’ala potente che si complementasse con Shaq. Infatti, durante l’offseason, i Magic presero Horace Grant. Il suo arrivo avvenne a discapito di Scott Skiles, ceduto per far spazio salariale, e Grant fu il primo nome altisonante e di esperienza a firmare per la franchigia di Orlando da free agent, avendo inoltre un passato tra le file dei fenomenali Chicago Bulls. La sua presenza, accanto a quella difensiva di Brian Shaw – altro free agent – ebbe un impatto immediato sulla squadra, che iniziò a giocare con una consapevolezza che non aveva nelle stagioni precedenti. O’Neal giocò una stagione monstre, da 29.3 punti, 11.4 rimbalzi, 2.7 assist e 2.4 stoppate a partita, e Orlando terminò la stagione con 57 vittorie, che la incoronarono campione dell’Atlantic Division.
L’esperienza ai Playoffs maturata nella stagione precedente fu fondamentale per eliminare i Boston Celtics al primo turno, in sole quattro partite. Quest’affermazione sui plurititolati aumentò l’autostima della squadra e diede il là allo scontro frontale con i Bulls.
Gara 1 di quella serie è uno dei momenti simbolici della storia della franchigia. Con poco tempo sul cronometro, i Magic erano in svantaggio di un solo punto, Nick Anderson strappò la palla a His Airness (che era tornato a stagione in corso) per consegnarla a Penny Hardaway, il quale servì Horace Grant al volo per la schiacciata su Toni Kukoc: vantaggio Orlando, 92-91.
La rapidità delle mani e del pensiero di Anderson portarono avanti i Magic in una serie poi vinta in sei partite. Subito dopo andò in scena il rematch contro la squadra che li aveva eliminati la stagione precedente: gli Indiana Pacers. Orlando li spazzò via e si laureò campione della Eastern Conference, andando ad affrontare gli Houston Rockets alle Finals.
Sfortunatamente per Nick Anderson, questa serie ha un altro momento simbolico che lo coinvolge.
A otto secondi e mezzo dal termine di Gara 1, era in lunetta con i Magic avanti 110-107: davanti a tutti gli occhi increduli, sbagliò entrambi i liberi. Miracolosamente, però, fu mandato nuovamente in lunetta per due liberi aggiuntivi, avendo subito fallo nel tentativo di raccogliere il rimbalzo dopo il secondo libero sbagliato. Per quella che può considerarsi una delle più incredibili eccezioni alla regola della storia dell’NBA, un tiratore da 70.4% ai liberi sbagliò anche gli altri due, lasciando ancora la partita aperta per i Rockets, che riuscirono poi a vincere partita e serie, distruggendo i sogni di gloria dei tifosi.
Se esiste un limite minimo d’età per vincere, i Magic lo avevano appena superato ed erano pronti a portare a casa il Lerry O’Brian.
Nonostante un infortunio che fece saltare 28 partite a Shaq, i Magic volavano grazie ad Hardaway (26.4 punti, 6.8 assist, 5.3 rimbalzi, 2.0 palle rubate ed 1 stoppata a partita nelle prime 22 senza O’Neal, nominato poi Sophomore of the Year), arrivando a un record di 17-5. Penny mantenne questo stato di grazia per il resto della stagione, assicurandosi la nomination all’All-Star Game e nell’All-NBA First Team, arrivando addirittura terzo dietro Michael Jordan e David Robinson nelle votazioni per l’MVP. Con un O’Neal di nuovo a disposizione, Hardaway guidò i Magic a portare a casa 60 vittorie in Regular Season, 3 in più della stagione precedente.
Superati facilmente gli ostacoli Detroit Pistons ed Atlanta Hawks, le Eastern Conference Finals furono nuovamente teatro della rivalità con i Bulls. Questa volta però Jordan aveva un’intera stagione alle spalle, e per di più era famelico di vendetta per l’eliminazione subita nella stagione precedente ai Playoffs: è finito con la firma di MJ il sogno di Orlando.
In 12 apparizioni ai Playoffs quella stagione, Hardaway mise a referto 23.3 punti, 6 assist e 4.7 rimbalzi, una causa di eccitazione ulteriore per i fan. Ma c’era un ostacolo all’orizzonte: l’incombente free agency di Shaquille O’Neal.
I Magic erano i favoriti per metterlo nuovamente sotto contratto, quando scoppiò il malcontento tra Shaq e la franchigia, mentre il centro giocava con Team Usa alle Olimpiadi di Atlanta 1996. Il disaccordo e la diatriba con Orlando portarono Shaq a firmare un contratto di sette anni, e soprattutto 121 milioni di dollari, con i Los Angeles Lakers. Joel Corry, che lavorava come consulente del manager di O’Neal, e Leonard Armato, a quel tempo, la definirono “la trattativa più pasticciata da parte di una franchigia NBA mai vista in 16 anni (ai tempi) di carriera professionale”, per poi aggiungere che “Non c’era modo per Orlando di perdere Shaq. Tutto girava a loro favore per tenerlo.”
Senza O’Neal, Orlando era a brandelli, e le chiavi della squadra vennero assegnate quindi a Hardaway, cosa che Penny andava cercando da anni, a detta di molti (anche a causa del suo contratto con la Nike, e del suo status nella lega). Con diversi sforzi (tra cui anche l’esonero di coach Brian Hill) la squadra della città di Disney World raggiunse i Playoffs, ma senza Shaq erano semplicemente troppo deboli per poter andare avanti: arrivò l’eliminazione al primo turno.
La stagione successiva di Hardaway fu condizionata da un infortunio devastante al ginocchio sinistro, che gli portò via esplosività e lo condizionò per il resto della carriera. Da lì non ha più raggiunto i livelli pre-infortunio e nel 1999 fu ceduto ai Phoenix Suns, per poi far tappa a New York e Miami, prima del ritiro nel 2007. Nel documentario “This Magic Moment”, Hardaway dichiara:
“Mi sarei dovuto ritirare otto anni prima. Ho complicato la vita alla gente, mostrandomi in quello stato, ma io amavo giocare. Ho solo provato a giocare nonostante il dolore.”
Nel corso della sua carriera, durata 14 stagioni, Hardaway ha mantenuto una media di 15.2 punti, 5 assist, 4.5 rimbalzi e 1.6 palle rubate a partita. Chris Webber, invece, 20.7 punti, 9.8 rimbalzi e 4.2 assist in carriera (di due anni più lunga rispetto a quella di Penny). Dei due, solo C-Webb è stato introdotto nella Hall of Fame, e quello scambio continua a generare dibattito ancora oggi, con molti a sostenere che O’Neal e Webber in tandem avrebbero potuto essere ancor più devastanti che il duo O’Neal-Hardaway.
Nel 2015, Shaq si è detto pentito di aver lasciato i Magic in quel preciso momento. Al riguardo ha detto:
“Qui è dove ho iniziato, e dove sarei dovuto rimanere. Vorrei che si stabilisse una regola che qualsiasi squadra scelga un giocatore al Draft, quest’ultimo debba rimanere lì per tutta la carriera. Niente scambi, niente free agency, niente di niente. Se mi pento? Mi pento, per la famiglia DeVos, meritano almeno un paio di titoli NBA.”
Se fosse rimasto, chissà cos’avrebbero potuto raggiungere, Shaq & Penny. Come ha detto in “This Magic Moment”:
“Penny Hardaway era l’uomo giusto. Molta gente parla di Shaq e Kobe, ma noi eravamo Shaq e Kobe prima che Shaq e Kobe esistessero.”
Dopo quel duo, gli Orlando Magic sono arrivati alle NBA Finals soltanto un’altra volta, nel 2009, trascinati da un’altra prima scelta assoluta, ancora un lungo e ancora un giocatore poi passato ai Lakers, Dwight Howard. Da lì, solo un paio di apparizioni al primo turno e tanti anni di deserto non competitivo, con sempre meno entusiasmo diffuso nei confronti della franchigia.