La March Madness è alle porte: riviviamo alcuni dei più incredibili e curiosi upset al primo turno del Torneo NCAA negli ultimi quarant’anni.

Tra una manciata di ore avrà inizio uno degli spettacoli più entusiasmanti che il basket mondiale abbia da offrire.

La March Madness, il mese in cui il college basket si gioca la scalata verso il Titolo nazionale, è un evento unico: il meglio della pallacanestro dilettantistica mondiale compressa in tre settimane.

Per la natura stessa della competizione – 7 partite secche che portano al trofeo – nella sua storia non sono mai mancate le grandi sorprese: rare, sì, ma neanche troppo.


La narrazione attorno a questo evento spesso si concentra sulle cosiddette Cinderella stories, cavalcate gloriose da parte di istituti minori poco quotati che avanzano contro tutti i pronostici, talvolta anche fino alle Final Four.

Uno dei momenti più eccitanti – e imprevedibili – è però il primo turno, in cui nell’arco di 48 ore tutte e 68 le squadre di altrettanti atenei, ognuno con la propria storia, si affrontano per la prima volta a eliminazione diretta, con tutte le sollecitazioni delle coronarie del caso.

Una piccola premessa su come funziona la March Madness, per chi non conoscesse il sistema di selezione delle squadre.

La Division I conta 353 squadre, divise in 32 Conference: chi vince il torneo post season di ogni Conference entra automaticamente nel tabellone, il cosiddetto bracket; gli altri 36 posti vengono elargiti attraverso inviti da un comitato della NCAA, in base ai risultati e alle statistiche ottenute in stagione, in un processo rinominato Selection Sunday.

Una volta delineate le partecipanti al Torneo, scatta il meccanismo di seeding: assegnare una posizione in un ranking a ognuna della 68 scuole, che vengono poi divise in 4 regioni da 16 squadre ciascuna.

Solo a quel punto la March Madness può cominciare, con il classico incrocio prima/sedicesima, seconda/penultima ecc. al quale siamo abituati anche in NBA.

Torniamo a noi e al primo turno, allo straordinario, bellissimo, caotico primo turno di questa favolosa competizione, in cui tutti i tifosi del mondo guardano con speranza alla vittoria di un Davide contro un Golia.

Di seguito, ricordiamo alcuni dei più incredibili o curiosi upset al primo turno negli ultimi quarant’anni di college basket, nella speranza che il 2022 ne porti di nuovi.

Austin Peay (14) vs. Illinois (3) – 1987

Uno dei miei compagni, appena pubblicarono il bracket, chiese: “Contro chi giochiamo?” Coach Henson gli rispose “Austin Peay”.
“No, intendo: contro chi giochiamo dopo?”…la dice lunga su come abbiamo approcciato la partita.

(Larry Smith, guardia di Illinois)

Oltre alla clamorosa differenza di talento tra le due squadre – Illinois manderà tre giocatori in NBA, Ken Norman, Kendall Gill, Nick Anderson – la stagione 1987 non era iniziata con le migliore premesse per i Governors di Austin Peay.

Soltanto all’inizio di febbraio un viaggio al torneo NCAA sembrava un miraggio, con un record di 10-10, 2-5 nella Ohio Valley Conference. In modo rocambolesco, però, i Governors vincono le ultime sei gare stagionali, con tre rimonte da ben oltre la doppia cifra di svantaggio e un buzzer beater da oltre nove metri in finale della OVC contro Eastern Kentucky.

Quando ho messo quel tiro fu il pandemonio! Tornammo alla March Madness dopo 15 anni, divenni l’eroe della scuola. Ogni tanto mi ritiro fuori la registrazione di quella partita e me la riguardo, con le lacrime agli occhi…

(Richie Armstrong, guardia di Austin Peay)

Il solo primo turno del Torneo sarebbe stato un successo per Austin Peay, ma la sufficienza dei Fighting Illini li tiene in gara fino a oltre la metà del secondo tempo, in cui i Governors sono ancora misteriosamente in vantaggio.

Dallo studio di ESPN in quel di Bristol, Connecticut, il leggendario commentatore Dick Vitale si sbilancia: “Lo so che sono sotto nel punteggio, ma davvero non vedo come Illinois possa perdere questa partita. Se cosi fosse mi farò mettere a testa in giù”.

Già: perché mentre i due liberi del playmaker Tony Raye – attualmente insegnante di sostegno in una scuola media in Florida – vanno a bersaglio, il tentativo disperato della futura scelta al primo giro del Draft NBA Ken Norman si infrange sul ferro, proprio mentre suona la sirena.

Nel dicembre dello stesso anno, le due squadre si sono rincontrate per una gara di regular season: 100-62 Illinois, che ha solo in parte vendicato l’onta subita.


Santa Clara (15) vs. Arizona (2) – 1993


Interrogato sulle possibilità della propria squadra di eliminare i favoritissimi Wildcats, il coach di Santa Clara Dick Davey si lascia andare con franchezza: “Tutto può succedere, ma le nostre chance non sono buone, potrebbe mettersi male stasera…”.

E infatti si mette piuttosto male: dopo un folgorante inizio dei Broncos, Arizona produce un parziale di 25-0 a cavallo dell’intervallo, ritrovandosi oltre la doppia cifra di vantaggio e in controllo totale della gara nel secondo tempo.

Del resto, solo guardando i due quintetti in campo si nota la differenza fisica tra le due squadre: i Broncos, 15° nel seed, sono già contenti di partecipare al Torneo. I Wildcats, invece, hanno serie intenzioni di arrivare fino alle Final Four.

Ben sette uomini di Arizona finiranno per giocare in NBA, tra cui la point guard che guida la squadra, il talentuosissimo Damon Stoudamire.

Sulla panca di Santa Clara siede un freshman canadese, anche lui una point guard, che aspetta pazientemente il suo turno per entrare in campo.

In qualche modo i Broncos trovano le forze per rifarsi sotto e negli ultimi due minuti il risultato è sospeso. Finché quel ragazzino canadese comincia ad andare in lunetta, segnando sei pesantissimi liberi che aiutano Santa Clara a realizzare uno degli upset più clamorosi nella storia della NCAA.

E facendo aprire gli occhi a tutti sul talento di Steve Nash, al tempo ancora lontano anni luce dal doppio titolo di MVP della NBA.



Valparaiso (13) vs. Ole Miss (4) – 1998


Periodicamente, un buzzer beater viene rinominato The Shot, per poi essere tramandato ai posteri fino a che un altro The Shot non lo sostituisce nell’immaginario collettivo. Quello confezionato dal duo padre-figlio Homer e Bryce Drew, però, ha ancora un posticino nella storia della NCAA: per l’upset che ne è ricavato e per l’epicità della conclusione.

Un piccolo college dell’Indiana, Valparaiso, si presenta alla March Madness contro University of Mississippi, compagine storica e nettamente favorita dai bookmakers.

I Crusaders, però, giocano la classica partita da cuore oltre l’ostacolo: recuperando uno svantaggio importante, maturato nel secondo tempo, arrivano fino al meno due con palla in mano a 10 secondi dalla fine.

Bryce Drew, leader della squadra, sbaglia la tripla del sorpasso a meno di 5 secondi dalla sirena: sembra essere la parola fine sull’incontro.

Il rimbalzo viene preso da Ansu Sesay, futuro ex Napoli e Milano che viene immediatamente mandato in lunetta. Sembra calmo, in serata è a 3/5, ma sbaglia la prima conclusione. 

Timeout Valparaiso: papà Drew disegna una rimessa, nel caso il secondo libero andasse a bersaglio. La giocata si chiama Pacer, perché copiata tale e quale da una degli Indiana Pacers, idealmente dovrebbe sublimarsi con una tripla del figlio Bryce.

Sesay sbaglia anche il secondo e dopo un tocco la palla vagante finisce sul fondo, possesso Valpo. Il resto è storia.

Apertura di Jamie Sykes, stupendo assist al volo di Bill Jenkins, palla che finisce tra le mani del figlio di Homer che ha già le lacrime agli occhi.

Valparaiso uscirà solo alle Sweet Sixteen per mano della favolosa Rhode Island di Lamar Odom e Cuttino Mobley: ma superare il primo turno con The Shot è stato più che sufficiente.

Hampton (15) vs. Iowa State (2) – 2001

Prima che iniziasse il Torneo 2001, i Cyclones di Iowa State, guidati dalla point guard Jamaal Tinsley, erano senza mezzi termini tra le squadre favorite a portarsi a casa il Titolo.

Di fronte, una piccola scuola della Viriginia da meno di 5mila alunni, nota storicamente per essere stato uno dei primi college ad essere aperto agli afroamericani.

Sulla carta uno scontro impari, tra la quindicesima e la seconda nel seeding, ma i Pirates si aggrappano alla convinzione di avere una chance: basta seguire il piano partita.

Coach Merfeld ci ha mostrato ore e ore di filmati di Iowa State. Certo, Tinsley faceva delle giocate che ti facevano alzare dalla sedia, ma ci siamo anche resi conto che se fossimo riusciti a ingabbiarlo, il resto della squadra sarebbe crollato. Tutto passava da lui…

(Marseilles Brown, point guard di Hampton)

E la missione riesce.

Tinsley, anche grazie all’extra sforzo di Brown che lo marca per quasi tutta la gara, disputa la sua peggior partita della stagione: smazza sì 8 assist, ma chiude a 9 punti col 30% al tiro, 0% dalla lunetta e ben 6 palle perse.

A undici secondi dalla fine, i Pirates sono a meno uno, tenendo i Cyclones senza canestri negli ultimi due minuti di gioco. Rimessa dal fondo, palla che arriva tra le mani di Marseilles Brown, che con una fucilata rischiosissima trova nel pitturato Tarvis Williams, top scorer di serata.


Giro, mezzo gancio, solo rete. Ma ancora 7 secondi sul cronometro.

Avevamo un fallo da spendere: se guardate attentamente le immagini mi vedrete dar di matto sullo sfondo, gridando a chiunque mi sentisse di far fallo. Per fortuna, nessuno mi ha sentito.

(Coach Steve Merfeld)


Tinsley parte in un pericolosissimo coast to coast, che chiude in acrobazia al ferro ma è la sua serata no e la palla gira sul ferro ed esce, dando ad Hampton la più grande gioia sportiva della propria storia.


Northwestern State (14) vs. Iowa (3) – 2006

L’ironia della sorte è che l’autore del canestro decisivo di questo incredibile upset è anche la persona nel mondo che ha visto meno chiaramente la palla andare dentro.

Sono riuscito con la coda dell’occhio a vedere il canestro da dietro il tabellone, ma è stata la reazione del palazzo a farmi capire che la palla era andata dentro davvero. Non potevo crederci…

(Jermaine Wallace, guardia di Northwestern State)

Nemmeno gli avversari, gli Hawkeyes di Iowa University, che fino a 8 minuti dalla fine avevano un vantaggio di 17 lunghezze su questa piccola università pubblica con sede nella ridente Natchitoches, Louisiana.

L’incredibile rimonta si fonda sul vorticoso giro di cambi imposto da coach Mike McConathy, che negli ultimi minuti mette in campo ben 11 giocatori, che lasciano un polmone e mezzo in difesa e riescono a trovare soluzioni semplici in attacco, sorprendendo gli Hawkeyes che erano già con un piede sotto la doccia.

A 15 secondi dalla fine la stella di Iowa, Greg Brunner – una lunghissima carriera in Italia – sbaglia un libero che avrebbe portato la sua squadra sul più tre, lasciando quindi aperta la speranza per i Demons.

Il primo tentativo di pareggiare il match esce, ma Wallace prende il rimbalzo, infilandosi in angolo: uno sguardo al cronometro, due rapidi palleggi e quella meraviglia, un fade-away degno del miglior Jordan. 

Presi dalla foga del momento, i ragazzi di Northwestern si dimenticano completamente di difendere l’ultimo mezzo secondo rimasto da giocare, ma il tiro preso da Iowa è troppo difficile e manca il bersaglio.

Florida Gulf Coast (15) vs. Georgetown (2) – 2013


Le storie narrate finora parlano di formazioni improbabili che hanno la meglio su squadre nettamente più forti, che per un motivo o per l’altro non sono riuscite a imporre la propria supremazia nella gara d’esordio del Torneo.

Nel caso di Florida Gulf Coast nel 2013, la superiorità nei confronti dell’avversaria – degli Hoyas forse troppo generosamente inseriti come 2° nel seeding – è talmente netta che si parla giustamente di upset, ma in modo diverso da tutti gli altri.

Certo, gli Eagles vengono da una scuola che anche la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori non ha mai sentito nominare, ma la prestazione che lasciano sul campo al Wells Fargo Center di Philadelphia è straordinaria, dando vita al soprannome epico di Dunk City.

Ritmo forsennato, moltissimi possessi, poco tiro da tre e un’aggressività al ferro vista raramente a quei livelli, con un numero infinito di alley oops e schiacciate una più spettacolare dell’altra.

Georgetown – statisticamente una delle migliori difese del college basket quell’anno – non ci capisce nulla, schiantandosi contro un gioco all’apparenza semplicissimo cercato ossessivamente dagli Eagles: un blocco cieco per il bloccante del pick’n’roll, orchestrato sempre alla perfezione dalle due elettrizzanti guardie Brett Comer e Sherwood Brown.

Il risultato è che Florida Gulf Coast dilaga nel secondo tempo, portandosi a casa un insperato passaggio del turno, che qualche giorno dopo verrà bissato con l’eliminazione di un’altra squadra nettamente favorita dai bookmakers, San Diego State.


Middle Tennessee (15) vs. Michigan State (2) – 2016


“This is your classic David vs. Goliath” ricorda in apertura di telecronaca Brian Anderson, ed è difficile contraddirlo.

Secondo i milioni di scommettitori del 2016, nessuna squadra aveva migliori possibilità di arrivare in fondo alla March Madness di Michigan State.

Il fatto che gli Spartans non fossero i numeri uno nel paese era dovuto solo al rallentamento accorso tra i mesi di dicembre e gennaio, causa la perdita per infortunio di uno dei migliori giocatori dell’anno, Denzel Valentine.

Ma la squadra di Tom Izzo gioca bene, meglio di chiunque, con un mix esaltante di difesa arcigna e diversi giocatori con punti nelle mani in attacco.

Ciononostante, dopo una surreale battaglia di 40 minuti, in cui hanno inseguito dall’inizio alla fine, gli Spartans escono al primo turno del Torneo NCAA, per mano di un Davide a sorpresa.

Gli improbabili avversari di Middle Tennessee si erano qualificati al bracket solo grazie a una fortunosa vittoria contro Old Dominion nella finale della Conference USA: per un curioso allineamento dei pianeti quella sera, allo Scottrade Center di St. Louis, hanno dato vita a una prestazione semplicemente perfetta.

I Blue Raiders hanno eseguito con precisione chirurgica, trovando un miracoloso 11/19 da tre, lottando come forsennati a rimbalzo d’attacco e sgonfiando tutti i tentativi di rimonta degli Spartans.

Già, perché i ragazzi di Tom Izzo non si danno per vinti, non giocano una brutta gara: vengono semplicemente sovrastati da una performance memorabile – e irripetibile – di una squadra “normale”.

Nel momento di maggiore difficoltà, col fiato degli avversari sul collo, Middle Tennessee – che porta tutto il quintetto titolare in doppia cifra – trova una giocata fantascientifica dalla sua guardia Jaqawn Raymond, attualmente impiegato al centralino di una società di consulenza.

Il più classico dei segnali: quando ci si mette il destino, c’è poco da fare.

Sarò onesto: nemmeno nel peggiore degl’incubi avrei immaginato che segnassero metà dei tiri che hanno messo. La cosa positiva è che siamo stati battuti da una squadra che oggi ha giocato meglio di noi: nessuna chiamata dubbia, nessuna giocata sospetta, nessuno di noi ha sbagliato un tiro decisivo. Ci hanno battuto, punto.

(Tom Izzo)



University of Maryland, Baltimore County (16) vs. Virginia (1) – 2018


Dal 1985, anno in cui la March Madness si è allargata a 64 squadre, la 16° del seeding aveva sempre perso contro la 1°: i Retrievers di University of Maryland, Baltimore County interrompono questa striscia la sera del 16 marzo 2018 allo Spectrum Center di Charlotte, cambiando per sempre la storiografia del college basket.

Le vittime sono i Cavaliers di University of Virginia, usciti da una stagione da 33 vittorie, 3 sole sconfitte e un dominio totale nella durissima ACC, lasciandosi alle spalle corazzate come Duke e North Carolina.

Dall’altra parte una scuola dal nome farraginoso, alla seconda partecipazione al Torneo NCAA della sua storia. È un traguardo tutt’altro che casuale: nelle ultime due stagioni, guidati dal nuovo coach Ryan Odom, i Retrievers hanno messo insieme più vittorie che nelle precedenti sette combinate.

All’intervallo, la gara è appaiata sul 21 pari, il punteggio più basso mai registrato dai Cavaliers nell’intera stagione. Virginia si è resa rapidamente conto di quanto pesasse l’assenza dell’attuale membro degli Atlanta Hawks, De’Andre Hunter, eletto miglior sesto uomo dell’anno della ACC, fuori per infortunio.

Nel secondo tempo mancano soluzioni per rispondere all’asfissiante difesa di UMBC, che invece in attacco comincia a trovare canestri su canestri, soprattutto dalla lunga distanza: a fine serata saranno 12 su 24.

La miglior difesa del paese, che fino a quel momento non aveva concesso più di 53 punti a partita alle avversarie, subisce esattamente 53 punti nel secondo tempo dai Retrievers, trascinati dalla prestazione leggendaria della guardia Jairus Lyles, che chiude la gara a 28 punti con 9/11 al tiro.

Dal canto suo, Virginia chiude con 4 su 22 da tre punti, facendo registrare solo 5 assist in tutta la serata: il dato che fa più male a coach Tony Bennett, che ha sempre incentrato sulla condivisione della palla e la coralità il suo sistema di gioco.

Ci hanno completamente surclassato! Hanno difeso benissimo e hanno fatto circolare molto bene la palla in attacco. Noi abbiamo deluso. Nello spogliatoio ho ricordato ai ragazzi quanto era stato bello tagliare la retina al torneo ACC, di come avevamo condotto una stagione storica. Beh, nello stesso anno siamo incappati anche in una storica sconfitta. È la vita.

(Coach Tony Bennett)


A fine gara, lo spogliatoio di UMBC è un pandemonio, tra scene di giubilo, grida scalmanate e balletti di Fortnite.

E una frase, ripetuta come un mantra, da sempre sulla bocca di tutte le underdog della March Madness.

“All brackets gone! No perfect brackets this year! Put that in the news!”