I Philadelphia 76ers hanno iniziato come peggio non avrebbero potuto. Dopo l’estate che ha portato Paul George in Pennsylvania e il conseguente all-in per arrivare all’anello, l’autunno ha dato verdetti attualmente sconcertanti. Nulla è perduto naturalmente dato che, sebbene il record veda i Sixers essere il fanalino di coda della Eastern Conference, le chance di vedere Philly ai Playoffs secondo gli indicatori sono del 99%. Il campo al momento parla però di una squadra mal costruita, con un’impostazione tattica assente e il rischio di veder dissipato il talento di Joel Embiid. Inoltre, la mossa di Morey di dare il massimo salariale a PG, estremamente controintuitiva rispetto al nuovo CBA che ridefinisce l’equilibrio economico della NBA, ha generato un supporting cast che al momento non sembra all’altezza della situazione

Le prime nove partite della stagione dicono che il roster dei 76ers è fortemente squilibrato, eccessivamente dipendente dalle (non) performance di Embiid, che dovrebbe esordire il 12 Novembre nella prima di NBA Cup. Il mix di veterani che già hanno giocato per Morey e giovani di belle speranze stenta a funzionare specialmente per la mancanza di una vera e propria point guard che possa iniziare e guidare l’attacco. L’idea di formare un Big 3 team è il sogno di un GM che si spera possa portare Philadelphia al titolo NBA, ma col nuovo CBA la realtà è ben diversa. La regolamentazione fiscale più severa e le nuove limitazioni sui contratti massimi hanno reso questo modello finanziariamente insostenibile, soprattutto per una squadra che già spende milioni in luxury tax. Naturalmente l’idea di avere tre giocatori di primo piano è allettante per un tifoso ma i costi di gestione sono diventati troppo elevati. Philadelphia è infatti una delle top 10 luxury tax payers della NBA, il che significa che la squadra sta pagando cifre enormi per mantenere il suo roster, ma senza ottenere il ritorno sperato in termini di prestazioni sul campo. La situazione è ancora più grave considerando che la squadra nel 2020 ha ceduto la propria pick del Draft 2025 a Oklahoma City, rendendo il futuro immediato ancora più incerto. Non solo i 76ers non controllano il proprio futuro al draft, ma la scelta dei Thunder – protetta top-6 in vista del prossimo anno, poi top-4 nel 2026 e nel 2027 – potrebbe rivelarsi alta se la stagione andasse a finire male.

È evidente che in una lega dove il fattore campo ai Playoffs è sempre più importante e dove la strada che porta alle Finals è pesantemente condizionata dagli accoppiamenti e da quanto una squadra sia in grado di giocare meno partite possibili, il ritorno di Embiid sarà fondamentale per portare a un buon seed al termine della stagione regolare. In una lega che premia la posizione in classifica con matchup più favorevoli nei Playoffs, Philadelphia non può permettersi di arrivarci occupando uno degli ultimi posti utili. L’esigenza di coinvolgere il lungo camerunense e di ottenere un numero adeguato di vittorie rischia di scontrarsi duramente con quella che i Sixers definiscono la “nuova normalità” di Embiid stesso, che sarà sottoposto ad un load management scientifico che prevede periodi di riposo distribuiti durante la stagione in ottica Playoffs. Questa è la conseguenza logica del fatto che senza un Embiid in salute e pronto a lottare ai massimi livelli in post-season, le ambizioni dei 76ers rischiano di svanire prima del tempo. L’equilibrio tra tenere il centro MVP in forma per una lunga run e garantirgli abbastanza tempo di gioco per mantenere il ritmo durante la regular season e centrare un numero di vittorie da top 4 ad Est sarà una delle sfide più complesse per il coaching staff.


A questa sfida si aggiunge quella che riguarda l’ acquisizione di Paul George. Se da un lato il giocatore ha una grande carriera alle spalle ed è uno dei migliori della Lega, dall’altro il suo stato fisico è tutt’altro che affidabile, essendo l’ala estremamente injury prone e avendo alle spalle una storia di infortuni che lo ha spesso costretto a lunghi periodi di assenza. La sua presenza in un roster che già soffre a causa della fragilità fisica di altri giocatori, come Embiid, potrebbe essere rischiosa. Se i 76ers non riusciranno a mettere a punto una gestione intelligente delle sue presenze, la squadra potrebbe trovarsi a dover fare i conti con l’ennesimo gregario assente nei momenti cruciali.

PresenzeStagionePlayoffs
2019/2048/7213/13
2020/2154/7219/19
2021/2231/82/
2022/2356/820/5
2023/2474/826/6
Gli ultimi 5 anni di Paul George

Attualmente dal punto di vista del gioco, i 76ers continuano a soffrire di una mancanza di filosofia di gioco definita. Fatta la tara all’assenza di Embiid e alla ruggine di Paul George, che al momento ha un solo tempo di autonomia, la squadra non sembra essere in grado di esprimere un gioco fluido e coerente. Il ritmo è lento e il pace della squadra è il penultimo della lega, una caratteristica che rende la manovra prevedibile e facilmente difendibile. I pochi assist (21.0, 29esima) che Philadelphia distribuisce ogni partita sono un segnale di come la palla non giri abbastanza velocemente. Questo problema è legato non solo alla mancanza di un sistema offensivo chiaro, ma anche alla difficoltà di eseguire set di gioco e schemi ben definiti. Non ci sono “giocate” che scaturiscono da schemi studiati a tavolino, e troppo spesso la squadra si affida alle giocate individuali o a tiri forzati che portano a pochissimi punti. Del resto questa non è l’NBA dell’hero ball. La mancanza di  un playmaker propriamente detto esaspera la mancanza di movimento senza palla e di creazione di gioco collettiva, elementi chiave per una squadra che aspira a vincere. Non vedere un flusso di gioco in cui i giocatori si scambiano passaggi rapidi e intelligenti è sintomo di un nucleo che fatica a trovare la giusta alchimia.

Un altro problema è la rifirma di  Kelly Oubre Jr.  Sebbene abbia mostrato lampi di talento durante la passata stagione, la sua inclusione nei 76ers è stata tutt’altro che una soluzione ai problemi strutturali del roster. Oubre è un difensore meno che mediocre e non è un attaccante sufficientemente produttivo da giustificare il suo impiego da titolare. Potrebbe essere un buon sesto uomo per portare un po’ di punti in uscita dalla panchina ma è abbastanza noto che la permanenza della guarda a Philadelphia è dovuta alla centralità che l’organizzazione gli riconosce nella squadra. Un’altra questione spinosa riguarda Tyrese Maxey, al quale Nick Nurse non fa le richiese adeguate. Il talento offensivo del 24enne è enorme ma non ha la continuità nel dirigere il gioco e nel prendersi la responsabilità della distribuzione della palla proprie di una point guard, ruolo che viene gli viene chiesto di interpretare sacrificando sia la letalità del suo gioco off ball e delle ricezioni dinamiche, sia ignorando la mancanza della qualità nelle letture necessaria per non essere facilmente limitato da una difesa NBA. Maxey è un giocatore esplosivo e con grande capacità realizzativa, abile come pochi nel costruirsi un tiro, ma la sua trasformazione in una point guard capace di gestire l’attacco e orchestrare la squadra è stata sinora deludente e probabilmente è impossibile ottenere miglioramenti. Il suo potenziale resta e il suo attuale livello è innegabilmente alto, ma se Philly vuole veramente competere per il titolo dovrà risolvere la questione del playmaking. In queste prime, disastrose partite abbiamo visto Paul George da facilitatore, chissà che una sua maggior regia non possa essere una soluzione rendendo la squadra un po’ meno dipendente da Embiid e dalle soluzioni non sempre produttive alle quali quest’ultimo costringe la squadra.

In conclusione, i Philadelphia 76ers si trovano all’ennesimo bivio: con un roster mal costruito, un futuro economico precario e una filosofia di gioco poco definita, la squadra rischia di cadere rovinosamente con un futuro finanziariamente ipotecato dai contratti di Embiid e George. Il nuovo CBA, la luxury tax, le incognite fisiche dei giocatori chiave e la mancanza di un vero sistema offensivo sono gli ostacoli che si pongono sulla strada della Terra Promessa e, dopo un decennio pieno, è il momento di vincere o morire.