Pessimi approcci e grandi rimonte, alcune prestazioni estremamente convincenti ma altrettanti inspiegabili giri a vuoto e tanti infortuni: l’inizio di stagione dei Los Angeles Lakers è stato caratterizzato da una diffusa mancanza di continuità. L’apparentemente inesorabile alternarsi di alti e bassi ha portato la squadra a ritrovarsi in zona Play-In, decisamente più in basso rispetto alle ambizioni iniziali della franchigia. Che cosa non ha funzionando nelle prime uscite stagionali?

Partenze lente

L’inizio della Regular Season dei Lakers è stato spesso caratterizzato da un approccio alla partita nettamente insufficiente, che porta i gialloviola a finire sotto nel punteggio già dai primi minuti di gioco, costringendoli ad affrontare il resto della partita con l’obiettivo di rimontare svantaggi spesso in doppia cifra. I numeri dei primi quarti dei Lakers sono impietosi:

  • 25° nella lega per DEFRTG, con 119.5;
  • 28° nella lega in OFFRTG, con 103.6;
  • 29° nella lega in NETRTG, con -15.8;
  • 27° nella lega sia in EFG%, con il 50.1%, che in TS%, con il 53.4%

Nei secondi tempi invece i losangelini scendono in campo con un approccio nettamente migliore e, complice un fisiologico rilassamento degli avversari, sono spesso riusciti a rimettere in piedi la partita arrivando a giocarsela nel finale. L’attacco, sostenuto quasi interamente da LeBron James, diventa presentabile con un 113.3 di OFFRTG (punti per 100 possessi, 17° nella lega), il 55.3% di EFG% (9°) e il 59.2% di TS% (6°), ma il vero salto di qualità avviene in difesa: migliora esponenzialmente il DEFRTG (punti subiti per 100 possessi), che scende a 106.3 (2° nella lega) e, punto su cui torneremo più tardi, la DREB% (percentuale dei rimbalzi difensivi disponibili catturati) passa dal 70.7% del primo tempo (20°) al 73.5% del secondo (7°).


Le tante rimonte intraprese, e spesso concluse con esito positivo, forniscono un segnale ambivalente ai tifosi gialloviola: se da un lato si può essere contenti per la presenza mentale della squadra e per la sua capacità di restare dentro la partita fino alla fine, dall’altro non si può sottovalutare il fatto che questo tipo di approccio obblighi un LeBron 39enne agli straordinari, sia in termini di minutaggio che in termini di load offensivo.

AAA triple dagli angoli cercasi

Durante il mercato estivo, il GM Pelinka ha lavorato per aggiungere dei tiratori al roster di Darvin Ham, tentando di migliorare il rendimento perimetrale della squadra rispetto all’anno precedente, ma fino a questo momento le aggiunte estive non hanno sortito l’effetto sperato. I Lakers sono infatti 26° in 3PT% con il 34.8% di realizzazione e ultimissimi nella conversione delle triple dall’angolo, con un tragico 27.0%.

Confronto di volumi e percentuali dei principali giocatori di rotazione.
Fonte: CLEANING THE GLASS

La percentuale realizzativa è senza dubbio figlia di una “shooting slump” di alcuni giocatori, Taurean Prince su tutti, ma dipende anche dal modo in cui i Lakers costruiscono i tiri dal perimetro: i losangelini infatti costruiscono diverse conclusioni con spazio, ma troppo spesso gli attaccanti coinvolti ci arrivano fuori ritmo. Sono infatti rarissime le uscite dinamiche dai blocchi per i principali tiratori e, in generale, sono poche le situazioni in cui la palla arriva a destinazione dopo una buona circolazione: nella maggior parte dei casi la ricezione è statica e avviene dopo possessi stagnanti dal post o dopo un pigro pick&roll in punta che non genera alcun vantaggio.

Per tentare di compensare le pessime prestazioni al tiro, i gialloviola, come nella scorsa stagione, stanno puntando molto sull’attacco al ferro e sul generare tiri liberi: il 36.3% delle loro conclusioni arriva infatti da distanza ravvicinata (7° nella lega), convertendo con il 73.5% (1° nella lega), mentre sono 7° per liberi tentati ogni 100 possessi con 22.8, convertiti con il 76.6% (22°).

LeBron-dipendenti

Nonostante i (quasi) 39 anni, il Re sta trascinando ancora una volta i Lakers, sostenendo gran parte del load offensivo della squadra sia in termini di creation che in termini realizzativi. I numeri offensivi sono impressionanti, anche escludendo il fattore età:

  • 30.7% di USG% e 30.1% di AST%, rispettivamente 98° e 100° percentile nella lega;
  • 62.6% di EFG%, 64.7% di TS%, 39.2% in 3PT% e 79% al ferro, numeri tra i migliori della carriera;
  • +22.0 di On/Off, 99° percentile;
  • +14.2 di On/Off negli attacchi a difesa schierata.

Gli unici numeri negativi riguardano le palle perse (la TOV% è pari a 15.1%, nettamente peggiorata rispetto all’ 11.3% della scorsa stagione) e i numeri in transizione: il leader dei losangelini infatti ha un On/Off negativo in questo contesto, con un pessimo -13.5, 23° percentile (nella scorsa stagione questo dato era in positivo con un ottimo +9.9).

Alcuni di questi numeri, sia quelli negativi che quelli positivi, andranno a normalizzarsi nel corso del tempo: è infatti difficile pensare che LeBron possa sostenere questo tipo di load offensivo con questa efficienza per tutta la stagione regolare, soprattutto se i Lakers intendono arrivare in fondo ai Playoffs. Il supporting cast dei gialloviola dovrà quindi fare un salto di qualità nella produzione offensiva per permettere a James di riposarsi di più, riducendo il suo minutaggio e sgravandolo di una parte dei compiti di creazione palla in mano.

In attesa del rientro di alcuni infortunati, Vincent e Hachimura su tutti, Darvin Ham ha già iniziato a sperimentare alcune soluzioni interessanti con gli effettivi a disposizione. In prima istanza, il coach dei Lakers ha tentato di aumentare la produzione offensiva di Anthony Davis, strutturando un attacco 5-out che lo vedeva ricoprire il ruolo di principale fulcro del gioco, coinvolgendolo in numerosi hand-off appena fuori dall’arco in punta o all’altezza del gomito. Finora questa soluzione non ha portato a molto ed è stata quasi totalmente abbandonata: la mancanza di un jumper affidabile del lungo non gli consente di esercitare una gravity tale da creare un vantaggio consistente per i compagni, come avviene ad esempio per Jokic o Embiid; inoltre non hanno sicuramente aiutato le spaziature, fortemente influenzate dalle percentuali al tiro dei compagni. Nelle ultime partite sono aumentati i possessi dal post per AD, con qualche timido movimento off-ball dei compagni con lo scopo sia di impedire l’aiuto dal lato debole che di garantire al lungo delle linee di passaggio più semplici da leggere.

Tra le altre soluzioni proposte, la situazione che ha portato i risultati migliori è quella che vede coinvolto LeBron in dei giochi a due con D’Angelo Russell o Austin Reaves: in questo contesto, nella maggior parte dei casi la guardia porta un blocco per forzare un cambio difensivo, per poi posizionarsi in ala in attesa di un eventuale scarico, lasciando il Re isolato in punta marcato da un giocatore più piccolo e leggero, agevolandolo nella creazione del vantaggio. Quando però il gioco a due coinvolge Reaves, le opzioni sono molteplici e decisamente più efficaci:

  • se quest’ultimo è il bloccante e il suo uomo raddoppia LeBron, l’ex Oklahoma è bravo a “slippare”, mettendosi immediatamente in visione per poi agire dallo short roll; in questo contesto Reaves è molto bravo sia nella soluzione personale (jumper dalla media o penetrazione) che nella ricerca del compagno libero, trovando abbastanza facilmente sia lo scarico in angolo che nel dunker spot;
  • quando invece i Lakers decidono di giocare un pick&roll con Reaves da portatore, nella maggior parte dei casi la pericolosità del roll del Re crea vere e proprie praterie per la guardia, che può tranquillamente procedere con la penetrazione o eseguire un pull-up dall’arco con tanto spazio; se invece la difesa decide di raddoppiare o sbaglia i tempi del cambio, Reaves è spesso bravo a trovare LeBron con i tempi giusti, garantendogli una ricezione dinamica che, nonostante l’età, lo rende semi inarrestabile.

L’arte del (non) tagliafuori

Un altro aspetto in cui i Lakers stanno faticando è il controllo dei tabelloni. Dal punto di vista offensivo la squadra di Darvin Ham ha parzialmente riproposto quanto mostrato già nello scorso finale di stagione, Playoffs inclusi: viene data massima priorità alla transizione difensiva, ignorando quasi completamente le chance di rimbalzo offensivo; i gialloviola sono infatti 9° per punti concessi in transizione difensiva e 29° per OREB%.

Dal punto di vista difensivo invece c’è ancora tanto da lavorare. Come detto in precedenza, i Lakers stanno facendo un buon lavoro nella difesa in transizione e anche a difesa schierata stanno performando discretamente: 2° per DEF FT Rate con 14.8 (tiri liberi concessi per 100 tiri avversari), 9° per DEF EFG%, con il 53.1%, e 7° per punti concessi a difesa schierata, 93.2 ogni 100 possessi.

Ciò in cui peccano i Lakers sono i rimbalzi difensivi: i loro avversari catturano il 27.4% dei rimbalzi offensivi disponibili, 16° nella lega, ma sono ultimissimi per punti concessi in queste situazioni, con un terribile 125.7 punti per 100 possessi (la media della lega si attesta sui 111.4). Questi numeri sono riconducibili ad alcuni gravi problemi strutturali, che nascono a cascata dall’assenza, se escludiamo Vanderbilt che finora non abbiamo visto causa infortuni, di un difensore sul punto di attacco affidabile. Ad esempio, nelle situazioni in cui il portatore di palla è marcato da uno tra Russell e Reaves, spesso è sufficiente un semplice pick&roll in punta per mettere in difficoltà i gialloviola, che entrano molto facilmente in una sequenza di rotazioni semi-disperate: questo porta, inevitabilmente, alla perdita degli accoppiamenti designati, con tanti potenziali mismatch, soprattutto a rimbalzo.

È proprio questo contesto a rendere ancora più complicate le cose: nel roster, escludendo Vando e ogni tanto Hachimura, non ci sono grandi rimbalzisti tra le guardie e tra le ali, spesso sottodimensionate e/o poco atletiche; questo mix di caratteristiche, unito agli accoppiamenti a rimbalzo, rende quasi totalmente vani i timidi tentativi di tagliafuori dei giocatori in campo. E i lunghi? Davis è spesso impossibilitato a dare una mano per quanto detto sopra riguardo la difesa scramble: gli avversari sono sempre più bravi a portarlo lontano da canestro, privando dunque i Lakers del loro miglior rimbalzista e del loro migliore (e unico) rim protector di livello. La configurazione con il doppio lungo ha parzialmente aiutato in alcuni frangenti, ma non è una soluzione applicabile per larghi tratti di partita per via dei problemi che crea nell’altra metà campo.

Prospettive future

Nelle ultime settimane sono uscite tante voci di mercato su possibili trade con i Lakers coinvolti, ma si tratta di rumors spesso infondati o quantomeno prematuri: gran parte del roster infatti non è scambiabile fino a Dicembre o addirittura Gennaio per via dei vincoli legati ai rinnovi e alle firme avvenute in Free Agency; inoltre, come dichiarato a più riprese anche dai principali esponenti della franchigia, per uscire da questo limbo e tentare di conquistare il fattore campo ai Playoffs, i Lakers devono innanzitutto puntare forte sul miglioramento interno. La normalizzazione delle percentuali al tiro di alcuni membri del supporting cast ma soprattutto il recupero dei principali infortunati e, conseguentemente, una rotazione stabile sicuramente potranno aiutare:

  • Con il rientro di Vanderbilt i Lakers dovrebbero migliorare a rimbalzo ma soprattutto in difesa, alleggerendo il carico difensivo sulle spalle di Davis e consentendogli, potenzialmente, di essere più lucido e produttivo nella metà campo offensiva. Se da un lato del campo Vando potrebbe risolvere buona parte dei problemi, dall’altro il suo rientro potrebbe compromettere ulteriormente il già fragile equilibrio dell’attacco a metà campo dei gialloviola.
  • Nonostante un inizio disastroso al tiro sarà fondamentale anche il ritorno di Vincent, che garantirebbe una maggiore organizzazione offensiva nei minuti senza LeBron ma soprattutto costituirebbe una forma di assicurazione nelle serate in cui Russell gira a vuoto. Da non sottovalutare anche il suo possibile impatto difensivo: nonostante la taglia, l’ex Miami è un difensore competente che mette sempre effort e si distingue rispetto ai compagni di reparto per la capacità di fare bene anche le piccole cose, come i tag sui rollanti o i tagliafuori.

Sarà sufficiente? Probabilmente no. Come sottolineato in precedenza, i Lakers hanno ancora troppe lacune strutturali che ne limitano il ceiling in ottica Playoffs e che difficilmente potranno essere colmate del tutto dal miglioramento delle prestazioni individuali dei giocatori a roster. Il prossimo punto chiave della stagione si può individuare nei mesi di Gennaio/Febbraio: i gialloviola devono puntare a migliorare il record per raggiungere e consolidare la propria presenza nella top 6 dell’Ovest tentando, per quanto possibile, di non perdere troppo terreno dalla top 4. Se dovessero riuscire a portare questi risultati allora si potrà pensare ad eventuali interventi sul mercato per scalare un’ulteriore marcia nella corsa per il titolo, ma fino ad allora bisognerà avere molta pazienza.