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I Minnesota Timberwolves stanno scrivendo la loro storia. Sì, fa strano sentirlo dopo appena 18 gare di regular season, ma il loro eccellente avvio con 14 vittorie e sole 4 sconfitte li pone da soli al primo posto nella Western Conference, a pari merito con i Boston Celtics per il miglior record in NBA. Non proprio una posizione a cui la franchigia è abituata, anzi. I Wolves sono diventati un vero e proprio meme in questi anni, spesso considerati lo zimbello della Lega, noti più per essere diventati circa tre anni fa la franchigia più perdente nella storia degli sport maschili americani (che tu sia dannato, Reddit) che per il processo di crescita effettivamente in corso. Già prima della trade per Rudy Gobert (molto discussa e discutibile), la squadra si trovava in fase ascendente, come dimostrato dai Playoffs 2022 – seppur finiti dopo 6 gare di primo turno contro i Grizzlies – raggiunti con uno dei nuclei più giovani della Lega. Di quel roster, i principali interpreti rimasti sono Anthony Edwards, Karl-Anthony Towns, Jaden McDaniels e Naz Reid, tra gli elementi portanti della squadra che adesso si trova al primo posto in solitaria a ovest. Ed è qui che si palesa l’effetto tragicomico:

Nei precedenti 34 anni di storia, i Timberwolves hanno passato un totale di 10 giorni al primo posto assoluto nella Western Conference. Dopo aver vinto contro Utah, i Wolves si trovano adesso al primo posto da 10 giorni in QUESTA SOLA STAGIONE.

– Jon Krawczynski, The Athletic, via James Jackson

Il livello svolto da coach Chris Finch e staff fino a questo momento è stato perfetto, rendendo una squadra con alcuni problemi evidenti a livello strutturale molto equilibrata, soprattutto a livello difensivo, tanto che Minnesota è al momento primissima in solitaria per punti concessi per 100 possessi (106.4). La presenza di Rudy Gobert nel pitturato è ovviamente impattante, ma sarebbe riduttivo pensare che si tratti solo di questo: anche solo pensando al lungo francese, si parla di un giocatore molto più attivo sulle linee di passaggio, senza paura di uscire a sporcare palloni anche sul perimetro, raccogliendo palle rubate e deflections; ma si pensi anche alla gara contro OKC e alla marcatura su Chet Holmgren per chi avesse seguito di recente, durante la quale l’ex Utah è spesso uscito alto e ben fuori dalla propria comfort zone, contestando i tiri senza abboccare alle fine e contenendo le penetrazioni sul closeout grazie a dei piedi molto più rapidi del solito. Inoltre, avere mostri difensivi perimetrali come Conley, Edwards e McDaniels (adesso fuori per infortunio), bravissimi sulla palla ma non solo – soprattutto il terzo è molto versatile e abile a tutto tondo, aiuta e non poco, ma sembra proprio che tutta la squadra sia sulla stessa lunghezza d’onda. Anche uno storicamente pigro difensore come Towns sembra più coinvolto, spesso molto bravo nell’uscire forte sui tiratori che si trova a marcare in maniera atipica sul perimetro, spingendoli nel pitturato, e molto più “corretto” nel mantenere la verticalità in aiuto.

In ottica Playoffs, ovviamente, resterà da capire se questo sistema difensivo potrà mantenersi egualmente efficace o se sarà necessario adottare contromisure in base all’accoppiamento, magari dividendo i minuti dei due lunghi, così come restano grossi dubbi sulle capacità offensive di questo roster, dotato di molto shot-making ma privo di un vero e proprio creator palla in mano, per sé e per gli altri, di alto livello – nonostante si stia provando a sviluppare Edwards in questo senso, con risultati altalenanti. In ogni caso, anche qualora la post-season si rivelasse amara (come al solito), sembra che ci siano i presupposti perché i Timberwolves possano divertirsi – e far divertire – in stagione, scrivendo una delle pagine più liete della loro storia.