
5. Lo scandalo scommesse dell’arbitro Tim Donaghy
Tutti gli sport professionistici sono spaventati a morte dagli scandali legati alle scommesse, e lo sono giustamente, perché vogliono mantenere la legittimità dell’evento. L’NBA ebbe a che fare con una situazione di questo tipo quando l’arbitro Tim Donaghy (QUI abbiamo raccontato la sua storia) utilizzò il suo essere a conoscenza di relazioni tra arbitri, allenatori, giocatori e proprietari per scommettere su partite delle stagioni 2005/06 e 2006/07, secondo quanto riportato dall’FBI.
L’ESPN riferì che Donaghy aveva anche legami con la criminalità organizzata. Alla fine, Donaghy si dichiarò colpevole di due accuse e il 15 agosto 2007 venne condannato a 15 mesi di carcere e tre anni di libertà vigilata.
Durante la sentenza, Donaghy affermò attraverso la dichiarazione dei suoi avvocati che diverse serie dei Playoffs erano state arbitrate “impropriamente”. Alluse in specifico a un incontro durante i Playoffs in cu “falli personali furono ignorati anche quando avvenivano di fronte agli arbitri”, perché “era nell’interesse dell’NBA di allungare la serie di una partita”. Secondo quanto riportato, la partita menzionata era Gara 6 delle controverse Western Conference Finals del 2002 tra Lakers e Kings.
4. Il caso di violenza sessuale di Kobe Bryant
L’immagine pubblica del compianto Kobe Bryant venne danneggiata in maniera importante quando, nel 2003, venne accusato di aver violentato una dipendente 19enne di un hotel.
Bryant si trovava in Colorado per sottoporsi a un intervento chirurgico. Fece il check-in il 30 giugno al The Lodge and Spa at Cordillera, un hotel di Edwards, in Colorado. Secondo i documenti del tribunale, l’accusatrice riferì che l’1 luglio la stella NBA l’aveva invitata nella sua stanza con la scusa di fare un tour dell’hotel; poi, nonostante i suoi tentativi di respingerlo, l’aveva baciata, toccata intimamente e infine violentata.
Bryant ammise di aver avuto un rapporto sessuale extraconiugale con la ragazza, ma negò l’accusa di aggressione. Il caso venne archiviato dopo che l’accusatrice di Bryant si rifiutò di testimoniare: Bryant accettò di risolvere la causa civile dell’accusatrice in via extragiudiziale, il che includeva una somma di denaro e le scuse di Kobe, ma non l’ammissione di colpa.
3. Il caso di violenza sessuale all’interno dei Mavericks
Ciò che è successo a Dallas è qualcosa di assolutamente riprovevole, nonché un enorme danno all’immagine del proprietario dei Mavericks, Mark Cuban, e dell’NBA in generale. Da un’inchiesta di Sports Illustrated del febbraio 2018, vennero a galla dei casi di violenza domestica da parte di dipendenti dell’organizzazione, incluse molestie sessuali di vario tipo. Tra le figure coinvolte, ci furono anche personalità ai vertici della franchigia, tra cui Terdema Ussery.
Dall’indagine condotta successivamente dall’NBA è emersa una “diffusa condotta inappropriata all’interno dell’organizzazione”, con prassi che comprendevano violenze fisiche testimoniate da 15 vittime che lavoravano per i Mavs.
2. Il caso di molestie sessuali a New York
Isiah Thomas, membro della Hall of Fame del basket, era President of Basketball Operations dei Knicks e allenatore della squadra quando si verificò l’episodio. Secondo quanto riportato, Thomas fece avance eccessive, indesiderate e reiterate alla vittima, usando toni molto volgari.
La donna in questione è Anucha Browne Sanders, la quale, nel gennaio del 2006, venne rimossa dalla sua posizione di vicepresidente del reparto marketing dell’organizzazione. In seguito, intentò una causa da 10 milioni di dollari contro Thomas e l’intera organizzazione che, secondo i suoi avvocati, “permettevano che questi episodi accadessero e continuassero ad accadere per via della presenza di una mentalità da confraternita”.
Nonostante la smentita da parte dei Knicks, alla fine questi ultimi accettarono di raggiungere un accordo in via extragiudiziale con Browne Sanders per 11.5 milioni di dollari.
1. Il caso Donald Sterling
Il “premio” di peggior proprietario della storia dell’NBA, Donald Sterling, se lo ero già aggiudicato prima dei suoi commenti stupidi che lo fecero bandire a vita.
Sterling, le cui idee razziste erano note a tutti nell’ambiente NBA, acquistò i San Diego Clippers per 13 milioni di dollari nel 1981. Tre anni dopo trasferì i Clippers a Los Angeles (ma non prima che la NBA iniziasse a pensare di togliergli la proprietà nel 1982 per aver pagato in ritardo creditori e giocatori).
Nei 33 anni in cui Sterling è stato proprietario dei Clippers (fino al 2013/2014), i Clippers hanno perso 50 o più partite 22 volte, 60 o più 8 volte e 70 una volta. Già questo potrebbe bastare per il “premio” di cui sopra, ma non è tutto. Anzi.
Dalle confessioni di Elgin Baylor emerse come la discriminazione fosse all’ordine del giorno all’interno dell’organizzazione. Il suo errore più grande, però, fu quello di fare commenti razzisti al telefono e deridere diverse persone di colore del mondo NBA e non.
Il 25 aprile 2014, TMZ Sports pubblicò una registrazione di una conversazione tra Sterling e V. Stiviano, la sua amante. Nella registrazione, risalente al settembre 2013, Sterling si infastidiva per una foto che Stiviano aveva postato su Instagram, in cui posava con Magic Johnson. Sterling disse a Stiviano: “Mi dà parecchio fastidio che tu voglia mostrare al mondo che frequenti persone nere. Puoi andarci a letto, puoi portarle qui, puoi fare quello che vuoi, ma non portarle alle mie partite”.
A seguito di questi commenti, i Clippers e l’intera NBA reagirono duramente. Sterling venne squalificato a vita e multato di 2.5 milioni di dollari dal commissioner NBA Adam Silver. Alla fine, Sterling fu costretto a vedere la franchigia a Steve Ballmer per 2 miliardi di dollari.