Il rookie dei Detroit Pistons aveva previsto la sua vittoria al Rising Stars Challenge. È tornato a Detroit con il trofeo di MVP, e il diritto di vantarsene.

FOTO: NBA.com

Questo contenuto è tratto da un articolo di Marc J. Spears & Cade Cunningham per The Undefeated, tradotto in italiano da Davide Corna per Around the Game.


Su Around the Game prosegue il viaggio attraverso la giovane carriera di Cade Cunningham, che si sta raccontando a The Undefeated in prima persona nel corso di tutta la stagione. Qui l’ultimo episodio del suo “diario”, in esclusiva italiana su Around the Game.


Cunningham lo scorso fine settimana ha partecipato al Rising Stars Challenge e ha anche fatto parte dei rookie allo Skills Challenge. È stato nominato MVP del Rising Stars dopo aver condotto Team Barry a una vittoria contro Team Isiah in finale. Cunningham ha chiuso con 13 punti, 6 assist e 5 rimbalzi la prima partita del torneo, e poi si è poi esibito in diverse giocate importanti nella partita per il titolo.


In mezzo a tutto quel talento, volevo sicuramente farmi notare. È il weekend dell’All-Star Game. Tutti ci vanno e puntano a divertirsi. Ma nel profondo, ciascuno di noi vorrebbe essere il giocatore più in vista.

Io volevo competere, volevo vincere. E più di ogni altra cosa sono felice di essermene andato con un trofeo fra le mani, qualcosa di tangibile. Credo di aver vinto l’MVP perché ho avuto una prestazione completa. Mobley è stato eccezionale, e tutti hanno contribuito alla vittoria, ma aver vinto quel trofeo significa molto per me. È stato il mio primo All-Star Game, e vincere qualcosa al primo giro è fantastico.

Ho scritto un semplice messaggio ai miei compagni di squadra nei Pistons, sul nostro gruppo: “Ve l’avevo detto”. Con un paio di emoji, quelle con l’indice davanti alla bocca, che indicano di fare silenzio… C’è stato molto trash talking con Saddiq, Isaiah e tutta la squadra. Ci stuzzicavamo di continuo, ci siamo divertiti a provocarci. Volevamo competere e vedere come sarebbe andata. Effettivamente potrei mettere il mio trofeo nel mio armadietto, ben visibile per Saddiq e tutti gli altri. Per loro potrebbe diventare una tortura.

La cosa più importante che continuava a dirmi Rick Barry era di prendere il controllo e provare a dominare il campo, e poi ha detto che ho fatto davvero un gran lavoro in questo. Mi spronava a continuare a farlo per tutta la partita, di far sentire costantemente la mia presenza sul parquet. E io continuerò a farlo e a lavorare per migliorarmi. L’avevo già incontrato a una partita con Golden State qualche tempo fa, quindi un po’ lo conoscevo.

Devo prendere sul serio ogni singola occasione in cui ho l’opportunità di mettere in mostra le mie capacità, e cerco di farlo fino in fondo. Esserci riuscito anche al Rising Stars Challenge è importante per me. Devo sfruttare a pieno anche questi momenti, per imparare tutto ciò che è possibile e conoscere gente. È un grandissimo evento, con molte cose da fare e persone da incontrare. Ci sono tantissime leggende dell’NBA, e io provo a imparare qualcosa da tutti quelli che incontro.

Ho vissuto questo evento quasi come un viaggio di lavoro. Entro, faccio vedere quello che so fare, mi faccio un giro e poi torno a casa… Lasciandomi trasportare dall’atmosfera. Ovunque si vada, si respira basket. È sostanzialmente il paradiso per noi giovani giocatori. Mi sono sentito bene.

Personalmente, mi sono sempre considerato ìun giocatore in grado di diventare uno di loro, una stella.

Quando sei giovane, subisci molte influenze. Mi ricordo quando andai al camp di John Lucas (assistant coach degli Houston Rockets), ricordo una sua frase: “I professionisti non si fanno foto con i professionisti”. Mi ha colpito. I professionisti non si fanno foto con i professionisti… Ovviamente, è una sua opinione. Ma mi aiuta a inquadrarmi come uno di loro, ed è così che cerco di comportarmi.

Significherebbe molto, per me, prendere parte all’All-Star Game, un giorno. Sarebbe una conferma importante di tutto l’impegno e il lavoro che sto mettendo per arrivare al livello più alto possibile. Poter stare in mezzo a tutto quel talento è un premio, ed è il prossimo passo, il mio prossimo obiettivo.

Il Rising Stars Challenge, comunque, è stato fantastico. Mi è piaciuto il nuovo formato, con le squadre a competere in un vero e proprio torneo. È stato divertente, e spero che lo manterranno così anche nei prossimi anni.

Il mio pensiero principale dopo l’All-Star weekend è sfruttare le ultime 25 partite per continuare a sviluppare una nostra identità per la prossima stagione, e per il futuro, su cui costruire. Dobbiamo continuare a lottare come abbiamo fatto nelle ultime partite. Se menteniamo questo livello, avremo un buon finale di stagione.