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Questo contenuto è tratto da un articolo di Bobby Manning per Celtics Blog, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


Un anno fa non era raro sentire commenti come “Ime Udoka non è adatto a quello spogliatoio. Se ci entrerà, ci rimarrà per poco tempo”. E quando RJ Barrett, con una tripla, ha reso definitiva la pesantissima sconfitta di 25 punti contro i Knicks, punto più passo di una partenza da 18-21, la situazione in casa Boston Celtics sembrava a dir poco tragica.


“Ripetiamo gli stessi errori, ecco cosa sta accadendo. Anche se dovessimo riuscire a migliorare qualcosa, ciò che ci manca è un vero e proprio leader che calmi le acque quando c’è confusione. Al momento è una responsabilità condivisa da alcuni ragazzi, ma non posso essere sempre io a dover fermare il gioco e chiamare le giocate. Questa è una carenza a cui dobbiamo sopperire, una mancanza di carattere per prendere decisioni in momenti difficili. Serve un leader che prenda in mano la squadra.”

– Ime Udoka

Queste parole di coach Ime Udoka sono rimaste impresse nella mente a Robert Williams III, che recentemente ha raccontato ai media quel momento in cui l’allenatore ha dato una forte scossa al gruppo. La squadra si stava disunendo e aveva tanti problemi sul campo.

Come sappiamo, i giocatori hanno reagito positivamente alla crisi di inizio anno. E così, i Celtics sono stati protagonisti di uno dei più grandi cambi di rotta a stagione in corso nella storia dell’NBA. Lo stesso coach Udoka ha sempre menzionato lo stato di forma e la chimica del gruppo come motivi principali, ma non ha mancato di ricordare il suo confronto con la squadra.

Il coach nativo di Portland ha avuto in mente un obiettivo sin dal primo giorno della sua esperienza ai C’s: rendere Jayson Tatum e Jaylen Brown le principali fonti di creazione offensiva, e costruire attorno a loro una difesa solida. Ha dato grande spazio e responsabilità a Marcus Smart, rendendolo praticamente il pilastro della squadra.

In generale, il coach dei Celtics non si è allontanato dai suoi piani. Ha insistito sul proporre due lunghi come Al Horford e Robert Williams III nella starting lineup, in un sistema difesa basato su un incredibile numero di switch. Ha mantenuto le rotazioni e lentamente ha lasciato sempre più ai giocatori l’onere di leggere sul campo le scelte avversarie, ricorrendo con minor frequenza ai timeout.

C’è voluto del tempo, ma d’altronde le butte abitudini non si perdono in una notte. E a dirla tutta, i risultati sono arrivati anche prima di quanto ci si potesse aspettare.

Nonostante un brutto inizio di stagione, Udoka ha saputo mantenere alta su Tatum sia la pressione che la fiducia. Lo ha aiutato, lui e il resto della squadra, a migliorare le proprie letture e muovere maggiormente la palla; ha migliorato l’equilibrio tra possessi in isolamento e altre situazioni; il risultato del suo lavoro è la crescita dei numeri di Tatum, candidato All-NBA First Team (26.9 PPG, 8.0 RPG, 4.4 APG, 1.0 SPG, 45.3% FG, 6.2 FTA – 85.3% FT).

La sua efficienza al ferro è migliorata molto, e JT è riuscito ad attaccarlo molto più che in passato. In generale, ha gestito molto meglio le attenzioni delle difese avversarie: Boston ha totalizzato 1.17 punti per possesso quando Tatum è stato raddoppiato (essendo il 13esimo giocatore dell’NBA per raddoppi subiti a parita), più di quanto riescano a raccogliere i Nets quando Kevin Durant si trova nelle stesse condizioni (1.16 punti).

“Ime è una persona molto intelligente, dotata di molta pazienza. Nessuno può essere infastidito da come allena. Se una squadra non riesce ad assorbire i suoi concetti, probabilmente non è poi così forte, oppure il roster è composto da giocatori incompatibili.”

– Jeff Van Gundy (gennaio)

Quando sono state dette queste parole, la stagione dei Celtics era un disastro. Ed è stato in quel momento che Tatum e Brown hanno deciso di parlare alla stampa del loro rapporto, cosa che i due non avevano mai fatto in passato.

“Molte persone si chiedevano addirittura se fossimo amici, ho sentito persino alcune voci che dicevano che ci odiassimo. Ma da dove le hanno tirate fuori? Hanno creato tutto loro, ma tutto ciò ha rafforzato il nostro rapporto e la comprensione reciproca.”

Jayson Tatum

Negi ultimi mesi, Tatum e Brown sono riusciti a giocare insieme meglio (e di più) di quanto avessero fatto in precedenza. I due avevano di media meno di 6 passaggi a partita a vicenda fino a dicembre; da allora hanno portato questa cifra fino a 12.4.

A marzo, Jaylen Brown ha rilasciato questa dichiarazione:

“Penso solo ad andare avanti in questa esperienza. Siamo una squadra nuova, con un nuovo front office e nuovo coaching staff. A inizio stagione sentivamo un clima diverso, perciò anche noi nello spogliatoio abbiamo iniziato a fare cose diverse. Abbiamo perso la rotta e ce ne stavamo rendendo conto, ma siamo riusciti a compiere dei miglioramenti. Siamo stati ore a osservare video, per capire come avevamo perso tante partite, il che ci ha fatto anche star male, ma abbiamo imparato da quegli errori. E ciò che accade adesso in campo è il risultato di quel lavoro e di quella consapevolezza che abbiamo costruito a inizio stagione.”

Brad Stevens dal suo nuovo posto nel front office ha dato il suo contributo, mettendo Ime Udoka nella condizione di poter lavorare con un roster adatto alla sua filosofia. Dopo aver riportato Al Horford a Boston e aver lasciato andare Kemba Walker (che per tutto il 2022 ha avuto problemi fisici, e non), si è liberato di Dennis Schroder ed Enes Kanter (poco adatti al sistema di Udoka) per ottenere Daniel Theis, una mossa che tra l’altro potrebbe rivelarsi molto importante, visto l’infortunio di Williams. Ma soprattutto, Stevens ha portato in bianco-verde Derrick White (cedendo agli Spurs: Josh Richardson, Romeo Langford e una scelta al Draft), che si è dimostrato un’ottima aggiunta per la squadra.

Marcus Smart è salito in cattedra dopo il suo ritorno dall’infortunio e dal Covid a gennaio. Il suo playmaking e la sua solidità difensiva sono difficili da sostituire in questi Celtics. Che da gennaio hanno vinto 23 delle 26 partite in cui lui è stato presente.

“Ho preso tutti singolarmente da parte prima di ricominciare (dopo l’All-Star break, ndr). Ho detto a tutti che voglio loro un bene profondo. Amo questi ragazzi, sono qui e sono fiero di giocare con loro. E’ un onore far parte di questo team. Siamo noi contro tutti. Pochi credono davvero in noi, ma noi abbiamo fiducia in questa squadra. Ci sentiamo esattamente così: sentiamo il rumore dei commenti, vediamo tutti i nostri detrattori, e ci siamo noi che giochiamo contro tutti.”

– Marcus Smart

“Smart did a great, great job this year”, come ha detto Brown nei giorni scorsi. Ma nessuno ha tratto maggiori vantaggi di Robert Williams dall’arrivo in panchina di Udoka.

Williams ha giocato più di 44 minuti nella partita d’esordio, in contrasto con la gestione che Stevens aveva fatto di lui quando sedeva in panchina. Soprattutto, la difesa di Udoka è decollata quando Udoka ha fatto giocare Williams maggiormente lontano dalla palla, scegliendo Smart e Horford per difendere sui pick&roll, con TimeLord tendenzialmente accoppiato con giocatori in spot-up e pronto ad aiutare nel pitturato per proteggere il ferro.

Nell’arco di due mesi, prima che Williams si infortunasse al menisco, i Celtics hanno battuto gli avversari di 16.4 punti ogni 100 possessi; Williams ha avuto un Net Rating di +20.3 in quel periodo, aiutando a creare una solidità difensiva che a Boston non si vedeva dai tempi della Regular Season 2008/09.

Udoka e lo staff medico hanno espresso ottimismo sul ritorno in campo del giovane centro, con possibilità che avvenga “a un certo punto” durante la serie di primo turno contro i Brooklyn Nets. Sarebbe una grossa risorsa in più per Udoka.

Le 28 vittorie ottenute nelle ultime 35 partite non solo hanno portato i Boston Celtics al secondo posto della Eastern Conference, ma hanno anche gettato le basi per il futuro di questo nucleo. Si tratta di una squadra giovane e in crescita, piena di talento e con diversi ottimi gregari.

Payton Pritchard ha concluso la stagione traendo beneficio dallo spazio liberato dall’uscita di Schroder (e tirando molto bene). Coach Udoka lo aveva ripetuto durante l’anno: “Non vi fate condizionare troppo dall’inizio diffcile di Pritchard”.

Udoka non si è ancora fermato a riflettere da inizio stagione. Non è nella sua natura prendersi delle pause, lo ha raccontato lui stesso.

Quando ci riuscirà, però, realizzerà di aver dato vita a una delle inversioni a U più entusiasmanti mai viste nella storia dei Celtics, che ha cambiato la rotta ed il corso della stagione della franchigia. Coach of the Year or not.

“Non ci ho mai pensato. Quando stai vivendo una cosa, quando ci sei immerso, tante cose possono distogliere la tua attenzione e rovinarti il lavoro. Preferisco rimanere concentrato e continuare a pensare partita dopo partita. Ci sono situazioni di gioco in cui possiamo migliorare, nonostante stiamo facendo bene in generale, perciò dobbiamo concentrarci su quelle cose. Non siamo ancora appagati da ciò che abbiamo fatto finora.”

– Ime Udoka