E diagnosi delle loro difficoltà.

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“L’obiettivo è quello di vincere.”

Artūras Karnišovas, 22 settembre 2022

Vincere, ora. Era questa l’idea della dirigenza dei Chicago Bulls. Idea che sembra non essere più di facile raggiungimento.

La squadra non riesce ad impattare le partite con la giusta mentalità, non conclude bene nel clutch time (3-12 il loro record nei match sul filo del rasoio quest’anno) e non argina gli attacchi degli avversari (19° per Defensive Rating), concedendo troppo sia sul perimetro, sia al ferro.


Sono diversi i problemi che stanno mettendo all’angolo la franchigia della città ventosa, a partire proprio dal reparto difensivo. E la ragione, su tutte, è una.

L’incubo di Lonzo Ball

Il lungo calvario che sta subendo Lonzo Ball con un infortunio al ginocchio destro che lo tiene lontano dal basket giocato da gennaio scorso ha creato un vuoto nello slot di point guard titolare, vuoto che sembra incidere sul reparto difensivo, in primis, in maniera decisiva.

La capacità difensiva perimetrale di Zo è di star-level e, in coppia con l’ottimo Alex Caruso, dava un chiaro supporto al resto della squadra.

I due la scorsa stagione facevano registrare 3.5 palle rubate ad allacciata di scarpe, rendendoli un temibile duo per qualsiasi attacco della lega. Per non parlare del fatto che Ball era presente in 3 delle 5 migliori lineup dei Bulls del 2021/22:

  • L.Ball – A.Caruso – Z.LaVine – D.DeRozan – T.Bradley: 137 possessi, +31.5 net rating (99° %ile), 96° %ile defensive rating
  • L.Ball – A.Caruso – Z.LaVine – D.DeRozan – N.Vucevic: 189 possessi, +20.6 net rating (80° %ile), 92° %ile defensive rating
  • L.Ball – Z.LaVine – D.DeRozan – P.Williams – N.Vucevic: 135 possessi, +11 net rating (73° %ile), 99° %ile defensive rating

Ma, al di là della mera statistica, ciò che sembra essere venuto meno è quella capacità di leader difensivo che il prodotto di UCLA portava con sé. Il suo sforzo nella propria metà campo e le sue scelte intelligenti coinvolgevano i compagni, liberati di una timidezza difensiva che ad oggi sembra essere ripiombata su quasi tutta la squadra.

La difesa (e Nikola Vucevic)

I ragazzi di Coach Billy Donovan sono ventinovesimi per percentuale concessa da tre punti agli avversari (37.9%), subendo quasi 37 tiri da oltre l’arco per partita, una delle frequenze più alte della NBA – 38.6% dei tiri avversari, dietro solo a Rockets, Heat e Magic. Dati che non sono sostenibili per una squadra creata in quell’ottica di “win now” e che punta ad una posizione da Playoffs.

Per quanto riguarda la difesa interna la situazione non è migliore: nella passata stagione il lavoro perimetrale sosteneva anche i problemi di difesa del pitturato, con un’impostazione che concedeva tanti tiri al ferro, difesi male, e percentuali avversarie sempre alte da fuori, ma su bassa frequenza.

Opp. Rim freq%36.5%30°
Opp. Rim FG%64.4%
Opp. 3PT freq%33.6%
Opp. 3PT%37.2%27°
Chicago Bulls, 2021/22
30° freq. = la più alta; 2° freq. = seconda più bassa

In questa stagione, invece, le cose vanno male anche al ferro. Dato di riferimento è la 15esima posizione sia in frequenza che precisione avversaria al ferro, non il massimo da coadiuvare alla tragica difesa perimetrale sopracitata. Inoltre, non aiuta nemmeno la sedicesima posizione della squadra alla voce stoppate per partite, con il lungo titolare, Nikola Vucevic (arrivato in uno scambio con Orlando nella stagione 2020-2021) che viaggia a 0.9 stoppate per partita, bloccando solo l’1.4% dei tiri totali avversari, dimostrando di non essere una presenza ingombrante a protezione del ferro.

Vooch è sembrato particolarmente sottotono e poco energico in quasi tutti i campi, difensivi e offensivi, pur continuando a svolgere il proprio lavoro di connettore per l’attacco dei Chicago Bulls, assistendo il 13.6% dei canestri dei compagni (81esimo percentile fra i pari ruolo), numero di buon livello in relazione allo usage e con poche palle perse collaterali, solo il 12.2% dei propri possessi (73esimo percentile).

Per Synergy, Vucevic si posiziona al 78esimo %ile per punti-per-possesso creati dal post, passaggi inclusi
1.11 PPP, con solo il 9.7% di turnover%

Questo, però, non basta. La trade con cui è arrivato non è stata nominata a caso e, col senno di poi, l’ago della bilancia pende verso Orlando nello scambio per Wendell Carter Jr., il quale si sta facendo autore di un’ottima stagione con i Magic (nonostante i problemi fisici), e con un potenziale di crescita maggiore, vista la differenza di età con il montenegrino.

E chi scrive sta volutamente glissando sulla draft pick concessa alla squadra della Florida, che si è aggiudicata i talenti di Franz Wagner, futuro All-star, che alla sua seconda stagione viaggia a oltre 19 punti per partita.

Attacco anacronistico

L’assenza di Ball e i problemi generali in difesa stanno influendo anche sulla fase offensiva. Chicago è macchinosa, disattenta e la visione d’insieme sembra compromessa.

Partendo dalla mancanza di Zo che, pur non portando statistiche da all-star, è un vuoto importante: il suo stile di gioco altruista, di grande QI cestistico, e il suo “nuovo” ottimo tiro dalla distanza mancano a coach Donovan e ai suoi compagni.

Il pace, per quanto statisticamente quasi invariato (98.3 la scorsa stagione, 99.9 in questa), risulta più lento agli occhi e la percezione lascerebbe quasi pensare che gli isolamenti siano aumentati a causa dell’attacco statico e poco coinvolgente, sebbene i dati siano addirittura diminuiti.

La presenza del maggiore dei fratelli Ball invece dava un movimento alla squadra, contro la difesa schierata, molto più fluido e la sua pericolosità nel tiro da tre punti (quinto per percentuali da 3 la scorsa stagione, con .423) dava respiro ed equilibrio all’offensiva della windy-city.

Il punto però che più risente dell’assenza del playmaker californiano è la circolazione di palla: i Bulls sono ventiduesimi per percentuale di tiri assistiti a partita (solo il 57.5%), statistica numericamente non differente rispetto all’anno scorso ma che, ancora una volta, è in discordanza con la percezione, che ci mostra un atteggiamento in campo molto più individualista.

Ed è questo individualismo a condizionare la fluidità offensiva dei Bulls, che si riflette nelle statistiche e classifiche. Chicago è ultima in classifica per tiri da tre tentati a partita, con 28.8 e soprattutto l’ultima frequenza, con solo il 29.8% dei tiri provenienti da fuori.

Questo dato, un po’ anacronistico per il basket odierno, condiziona quasi da solo lo stile di gioco di tutta la squadra. Il tiro da tre è ormai fondamentale nell’evoluzione della pallacanestro, soprattutto come strumento di equilibrio fra i vari reparti offensivi, ed essere pericolosi da oltre l’arco dei 7.25 costringe le difese avversarie ad un’attenzione maggiore verso il perimetro e ad una difficoltà nell’aiuto su penetrazioni e gioco vicino al ferro.

Conseguenza naturale è una difficoltà per la squadra dell’Illinois di generare conclusioni di qualità al ferro, classificandosi ventesima per percentuale di punti nel pitturato, arrivando anche al ferro con una buona frequenza (11esimi) ma, per i motivi sopra elencati, chiudendo a bassa efficienza (18esimi).

Se, dunque, Chicago non tira da tre e non lavora bene al ferro, rimane solo il gioco mid-range.

I fan più nostalgici non possono che essere contenti di questa informazione, ma dobbiamo calarci nella realtà evolutiva del gioco odierno e capire quanto di fatto sia inadeguata una strategia incentrata sul jumper e gli isolamenti dalla media distanza nell’ anno domini 2023. Nell’economia del gioco, estremamente più veloce, ritmico a livelli forsennati e con la necessità di macinare punti dalla distanza, è chiaro quanto sia insostenibile e fuori equilibrio per una squadra, che aspira a dire la sua nella corsa al titolo, mantenere un gioco che, sebbene abbia storicamente fatto innamorare molti di noi, non è al passo con il DNA del campionato americano, così votato allo spettacolo e alla frenesia offensiva.

Lo spogliatoio

Al netto delle questioni tecniche che hanno portato la franchigia alla decima posizione nella Eastern Conference, sembrano esserci malumori e spaccature nello spogliatoio (di cui abbiamo parlato QUI).

Alcuni insider parlano di forti discussioni tra la stella Zach LaVine, fresco di un’estensione quinquennale da 215 milioni di dollari, e l’effettivo go-to-guy e veterano Demar Derozan. Non stupiscono, in una situazione sul campo precaria, alcune frizioni, con il giocatore franchigia eletto (LaVine) che sembra aver delle questioni anche con coaching staff e dirigenza, rea di non aver composto una squadra all’altezza (un approfondimento QUI).

Le soluzioni per i Chicago Bulls, in questo scenario così desolante, sembrano essere limitate: da un lato c’è chi spinge per un completo rebuild, nella speranza di appropriarsi di una buona scelta al prossimo draft; dall’altro chi chiede l’attesa del rientro di Ball, e il tentativo di riconfermare la fiducia in questo roster, nella speranza di un moto di orgoglio da parte dei giocatori. Ciò che è chiaro è che la situazione per la dirigenza della windy city richieda misure tempestive e che non esista una soluzione univoca né priva di rischi.

Ayo Dosunmu, la luce in fondo al tunnel

Rapida menzione d’onore per Ayo Dosunmu. Il local kid ha mostrato sprazzi di solidità ed efficienza, con una crescita costante che è sfociata alcune ottime prestazioni, tra cui i 19 punti e 5 rubate nel losing effort contro Cleveland il 31 dicembre scorso. Il ragazzo mostra potenziale e voglia di lavorare, e il suo rendimento in campo, al netto dei dati numerici, sembra giustificare i 27minuti di media per partita che coach Donovan gli concede.