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Questo contenuto è tratto da un articolo di John Volta per Bright Side of the Sun, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


Si sente aria di burrasca in Arizona, e non per ragioni climatiche. I Phoenix Suns hanno infatti perso le ultime due uscite stagionali di Regular Season – dopo averne vinte 5 su 6 in precedenza. Non è tanto il valore assoluto delle sconfitte, ma i problemi dai quali esse siano scaturite, ad aver suscitato malumore nell’ambiente. 


I Suns navigano nella parte bassa della classifica della Western Conference con un record attuale di 19 vinte e 18 perse, che li colloca al 9° posto. Ci sono varie ragioni dietro questo risultato, parziale ma tuttavia inatteso. Poiché le aspettative ad inizio stagione erano nettamente più alte, data la qualità in quintetto e la lunghezza del roster a disposizione di coach Frank Vogel. Sono state disputate meno di 40 partite stagionali e non è stato nemmeno raggiunto il giro di boa. Gli infortuni, e i problemi legati alla condizione fisica discontinua che da essi ne derivano, sono un dato di fatto. Il coaching staff e il roster si stanno pian piano adattando a trovare soluzioni funzionali. Ciò che ha influenzato maggiormente questo primo scorcio stagionale dei Suns è l’effettiva mancanza di una vera e propria identità di squadra. 

Quando Frank Vogel ha rilevato l’incarico di Head Coach dei Suns, la scorsa estate, alla sua prima dichiarazione ufficiale alla stampa ha espresso chiaramente i suoi intenti riguardo la mentalità della sua nuova squadra: essere altamente competitivi, combattivi su ogni pallone ed in ogni possesso, asfissianti. Ma ciò non è ancora del tutto avvenuto. I Suns non hanno ancora aumentato il loro ritmo difensivo, pressando maggiormente sia sul playmaker che nelle marcature. Danno l’impressione di difendere passivamente, più con spunti individuali che come un solido plotone, a tratti quasi intimoriti dalle offensive avversarie. Ma i timori sembrerebbero infondati. Kevin Durant e Devin Booker, All-Star e leader del roster, hanno fatto la voce grossa dentro e fuori dal parquet per incitare i propri compagni. Senza alzare troppo i toni, ma rimanendo comunque ben chiari – come riscontrabile nella clip sottostante (QUI e QUI avevamo parlato dell’andamento della squadra nella prima parte di stagione).

Piuttosto che giocare aggressivi e vogliosi di ottenere nuove chance strappando di mano il pallone agli avversari, alcuni giocatori sembrano timidi ed ansiosi: di fallire? Sbagliare o commettere degli errori? Qualunque sia il timore, non importa. Ciò rivela che i Suns debbano ancora costruire una vera e propria identità. La differenza tra una squadra solida, che conosce i propri mezzi e come poter raggiungere i propri obiettivi e la franchigia dell’Arizona è stata evidente dopo la sconfitta subita per mano dei Los Angeles Clippers. Ma la stagione è ancora lunga e non tutto è perduto.

Parlando ancora dei Clippers, subito dopo aver ottenuto James Harden dai Philadelphia 76ers hanno perso ben 7 partite consecutive. Anche per loro c’è voluto tempo prima che il roster trovasse la sua chimica e la sua identità. Non a caso KD, D-Book ed il neo-arrivato Bradley Beal hanno giocato soltanto 6 partite insieme, per un totale di 108 minuti – in cui hanno inciso con un +23.

Anche in questo caso è necessario che il tempo faccia il suo corso affinché i Big Three affinino le conoscenze reciproche, si abituino alle movenze l’uno degli altri due e viceversa. In una parola, sviluppino una vera e propria identità. È lecito chiedersi come e quando essa si svilupperà, ma soprattutto perché non sia in linea con quanto dichiarato a inizio anno da coach Vogel e riportato in precedenza (QUI e QUI avevamo già affrontato la tematica dei Big Three).

Uno dei problemi legati all’identità sportiva di una squadra è fondato sulla culture di quella franchigia. La storia della squadra. La mentalità generale e collettiva che va oltre giocatori, allenatori e dirigenti e anche al di fuori del rettangolo di gioco. Riguarda parecchie variabili e si sviluppa su altrettanti livelli, anche dietro le quinte. E forse questa è stata una delle carenze maggiori per i Suns, finora. Questi Phoenix Suns non hanno dato l’impressione di possedere una mentalità difensiva, né di saper esprimere appieno tutto il potenziale offensivo di cui dispone il roster. Potenzialmente hanno le risorse per essere un team incontenibile in transizione e attaccando il ferro, a prescindere dagli interpreti e dagli avversari. Al momento, invece, quanto espresso semplicemente non è abbastanza.