Questo contenuto è tratto da un articolo di Bob Bajek per Bball Writers, tradotto in italiano da Marco Cavalletti per Around the Game.


Quando iniziai a seguire la pallacanestro, nel lontano 1995, la stagione iniziò con la celebrazione del 50esimo anniversario della lega, e lo fece in grande stile. In quegli anni, i graphic designer stavano iniziando ad assumere un’importanza tutta nuova, creando uniformi visivamente accattivanti in tempo per i festeggiamenti della stagione dorata della Lega. Ebbene, fra le legioni di ragazzini divenuti ossessionati da quelle nuove divise NBA, c’ero anch’io.


Una bella divisa forniva un’identità tutta nuova e particolare alla tua squadra e ai tuoi giocatori preferiti; una bella divisa era un tesoro che un giovane tifoso poteva acquistare, custodire gelosamente e indossare sentendosi come il suo idolo, pronto a liberarsi in aria per una schiacciata spettacolare. E proprio in virtù di questo amore, in questo articolo, io, i miei amici e i miei colleghi abbiamo deciso di stilare una personalissima lista con quelle divise che – nell’era più sgargiante del gioco – hanno conquistato di più i nostri cuori.

Il doveroso omaggio ai classici degli Anni ‘80

Alcuni dei miei amici sono più navigati di me, ammiravano lo spettacolo dell’NBA già negli Anni ‘70 e ‘80, quando io non ero neppure un pensiero.

Il mio grande amico Kurt Crowley segue la lega con riverenza religiosa già dagli inizi degli anni ‘70, quando guardava le partite fra i New Orleans Jazz (e della loro star, Pete Maravich) e i Milwaukee Bucks grazie alle trasmissioni regionali della CBS. Questo ragazzino del Wisconsin si ricorda di aver assistito ad una partita dei Bucks il 14 marzo 1982, nella quale Adrian Dantley e i Jazz furono sconfitti da Sidney Moncrief e i Bucks per 129-100.

In quegli anni non venivano trasmesse molte partite”, mi ha raccontato Kurt. “Riuscii a mettere le mani su un biglietto per il quale in molti avrebbero ucciso; alla vecchia arena dei Bucks, da 11.052 posti, c’era sempre il tutto esaurito. Mi piaceva moltissimo la divisa da trasferta dei Jazz, rossa e verde, e ho apprezzato il fatto che il motivo della nota musicale sia sopravvissuto allo spostamento da New Orleans.”

Kurt si trasferì poi nella zona di San Diego, dove si mise alla ricerca di una nuova squadra da seguire dopo l’asettico trasferimento dei Clippers a Hollywood. Ancora una volta, il destino lo riportò ai suoi Jazz, quando la sua radio riuscì a captare le frequenze di Utah. Quegli anni videro la formazione della grande coppia Stockton-Malone nelle stupende uniformi classiche viola e gialle da trasferta. Uno schema cromatico simile, ma allo stesso tempo diverso, da quello dei Los Angeles Lakers.

I fan detestarono il trasferimento dei Clippers”, ha detto Kurt. “Io non sono famoso per scegliere le squadre più popolari. I Jazz si confermarono la mia seconda squadra preferita quando constrinsero i Lakers ad una Gara 7 nel 1988.”

Il mio amico Ari Kaufman, invece, tifoso dei Minnesota Timberwolves e probabilmente il maggior critico di Andrew Wiggins (ai tempi) sulla faccia della Terra, segue la Lega dagli Anni ‘80. Come Kurt, Ari ha un debole per gli underdog. Una delle sue squadre preferite, in particolare, sono i Denver Nuggets.Le divise di Denver hanno quel profilo delle montagne rocciose e un grande schema cromatico”, ha detto Ari. Quei Nuggets spingevano il contropiede proprio come i Lakers, valorizzando l’atletismo e le capacità realizzative di leggende NBA come Alex English e Fat Lever.

Ari, poi, adora la difesa dura degli Anni ‘80-’90, e spera in un ritorno del gioco a quelle sue radici. E uno dei giocatori che incarnavano al meglio quello stile di gioco, quella difesa soffocante, era Gary “The Glove” Payton.Era uno spettacolo vederlo giocare con la divisa casalinga dei Seattle SuperSonics di inizio Anni ‘90”.

Ed era uno spettacolo ancora migliore quando, con quel bianco e verde indosso, serviva i suoi lob a Shawn Kemp…

Ari è stato anche simpatizzante dei Cleveland Cavaliers di fine Anni ‘80 / inizio Anni ‘90, capitanati dalla point guard Mark Price. Gli è sempre piaciuta la combinazione di blu e arancione, con la V di Cavs a mo’ di canestro: una divisa bella da vedere e non senza un significato.

I classici degli Anni ‘90: la nuova linfa di cui c’era bisogno

Le divise più storiche trasudano pulizia e classicità. Nessuno metterà mai mano alle leggendarie maglie oro dei Los Angeles Lakers o a quelle verdi dei Boston Celtics, simboli per eccellenza di storiche franchigie vincenti e della Lega stessa. Ma, negli anni ‘90, altre squadre si misero alla ricerca di look più moderni.

Nel 1995, i Chicago Bulls crearono una divisa da trasferta alternativa per dare il bentornato a Michael Jordan e il benvenuto a Dennis Rodman in grande stile. Quelle maglie nere con le righine verticali rosse sono sempre state fra le mie preferite, e, dopo ogni partita lontani dallo United Center fra il 1995 e il 1997, non vedevo l’ora che i Bulls le sfoderassero di nuovo, ad accompagnare l’ennesima batosta da rifilare agli sventurati padroni di casa di turno. (Durante l’anno di The Last Dance, poi, la squadra apportò una leggera modifica, rimuovendo le righine.)

Le divise viola e bianche dei Jazz con il profilo della montagna continuano tutt’ora ad essere apprezzate e amate. Quei colori e motivi mi affascinavano molto da ragazzino, e pensavo che, tanto sul campo quanto sulla passerella, Utah potesse addirittura competere con i Bulls, forse…

Le squadre dell’espansione, i Toronto Raptors e i Vancouver Grizzlies, entrarono in scena con il botto, presentandosi con delle divise estremamente appariscenti e accattivanti, dalle quali semplicemente non riuscivo a distogliere lo sguardo.

Il decisamente sottovalutato Damon Stoudemire faceva la sua porca figura con indosso la maglia con il Raptor rosso, e, proprio come il predatore giurassico, andava a caccia di avversari dal primo all’ultimo minuto. I denti attorno ai nomi sulla schiena dei giocatori, poi, erano un valore aggiunto non indifferente.

I Grizzlies, invece, avevano la scritta in 3D sul petto, caratteri indigeni canadesi attorno alle maniche e al collo, e quel meraviglioso orso grizzly con la palla fra gli artigli a decorare i pantaloncini.

Il nostro editor in chief, Joel C. Cordes, è un altro grande fan delle divise degli anni ‘90, delle quali è anche avido collezionista. E, nella sua opinione professionale, concorda con me nel dire che quelle squadre avevano delle uniformi davvero fichissime. Negli anni, mise le mani sulla maglia nera e blu dei Cavs di Shawn Kemp, quella indaco di Grant Hill ai Detroit Pistons, quella blu dei Raptors di Vince “Air Canada” Carter, quella indaco di Bryant “Big Country” Reeves dei Grizzlies, quella nera di Dan Majerle ai Miami Heat e quella con il razzo in stile cartoon dei Rockets di Clyde Drexler – solo per fare alcuni esempi.

Entrambi adoravamo la divisa degli Atlanta Hawks che ritrae il falco con le ali spiegate e la palla stretta fra le grinfie. Mi piaceva particolarmente quella rossa e nera da trasferta. Era il simbolo perfetto per una squadra talentuosa come quella composta da Dikembe Mutombo, Steve Smith, Christian Laettner e Mookie Blaylock.

Andai vicino a comprare una maglia degli Hawks di Laettner da ragazzino (in vendita, per ironia della sorte, nel Minnesota), e poco tempo fa, in Vietnam, mi sono quasi fatto tentare da una di Mutombo (molto probabilmente falsa). Quella divisa è uno dei sacri Graal ancora mancanti nella mia collezione, ma adoro i design di quell’epoca, per quanto fossero quasi ridicoli nella loro appariscenza.”

Joel C. Cordes (Bball Writers, editor in chief)

Inizio Anni 2000

Alcune divise stupende come quelle di Pistons, Milwaukee Bucks (Fear the Deer) e Houston Rockets (razzo con la faccia cattiva) iniziarono a tornare alle loro origini più sobrie con l’avvento del nuovo millennio. Tuttavia, altre continuarono a distinguersi dalla massa.

In gran parte grazie ad Allen Iverson, quella dei Philadelphia 76ers divenne una delle maglie più desiderate di tutta la Lega. Dal 1997 al 2009, le uniformi casalinghe e da trasferta – in bianco, blu, e in quel fantastico nero – portarono sul petto la scritta Sixers con una stella e una palla da basket con una scia a strisce. Nella sua stagione da MVP del 2000/01, Iverson seminava il terrore fra gli avversari, grandi o piccoli che fossero… e lo faceva in grande stile.

Il mio collega Brandon Jefferson si ricorda di quando ammirava il suo giocatore preferito, Tracy McGrady, dominare la Lega in quanto “probabilmente il suo miglior giocatore” nella stagione 2002/03, con addosso quelle stellate uniformi bianche e blu degli Orlando Magic. “Era un’idea talmente accattivante e nuova, quella per cui le stelle non erano visibili a meno che tu non fossi abbastanza vicino da vederle. Io ne avevo una autentica, e la indossavo tutte le volte che potevo. Era così bella e diversa per quell’epoca.”

Le divise dei Washington Wizards del 1997 e del 2011 erano semplicemente stupende, specie quando ad indossarle erano Michael Jordan e Gilbert “Agent Zero” Arenas. Anche se la squadra è ormai tornata al design originale degli Washington Bullets, io non smetterò mai di amare quelle divise bianche e blu, con la scritta Wizards sul petto, quel bellissimo font e lo spicchio di luna.

Assolutamente no

Le divise NBA sono il mio grande amore, ma alcune di esse saranno per sempre relegate alla mia sezione “Assolutamente no”, e a ragion veduta.

I Golden State Warriors ci hanno regalato molti design puliti e interessanti nel corso degli anni (adoro quelli di The Town, The City e quello del capodanno cinese, ad esempio). Tuttavia, hanno commesso un crimine contro la moda con le divise con il fulmine, indossate dal 1997 al 2010. A mio parere, sia i colori che il font erano davvero spiacevoli da guardare, e sono stato felicissimo quando sono tornati al classico motivo di Bay Bridge. I fan più sfegatati non saranno d’accordo, guardando nostalgicamente ai Warriors del “We Believe”. Ne sono consapevole.

Un disastro stilistico ancora peggiore, però, è quello del recente tentativo da parte degli Indiana Pacers di riproporre le divise di Hickory degli anni ‘50. No. Proprio no. Calzoncini troppo brillanti e maglie davvero anonime.

E le vostre preferite?

Delle divise accattivanti e stilose danno al Gioco tutto un altro colore. Creano delle connessioni fra i tifosi (specialmente i più giovani) e le squadre, ma anche con i singoli giocatori. A prescindere dalla generazione di appartenenza, i fan guardano spesso ai colori che hanno caratterizzato il loro passato e li identificano come “il classico”, mentre riservano uno sguardo molto più inquisitorio ed esigente ai nuovi prodotti. (Il sottoscritto si dichiara colpevole!)

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Si tratta di una conversazione in costante evoluzione, con squadre che al giorno d’oggi contano sei o più divise all’attivo al fine di incrementare i numeri delle vendite. La varietà non è mai un male e di certo, oggi, abbiamo molto materiale fra cui scegliere quando si tratta di decidere quali sono le divise che ci piacciono e quali, invece, sono quelle di cui nella nostra collezione faremmo volentieri a meno.