Dalle spiagge dorate di Nassau al Grand Canyon State… tutto al frenetico ritmo dei tamburi bahamensi: la storia di Deandre Ayton.
Una volta l’anno, tutti gli abitanti di Nassau (Bahamas) si ritrovano all’alba di una giornata splendente armati di tamburi, campanacci e fischietti, travestiti con meravigliose maschere variopinte, per festeggiare lo Junkanoo; un momento speciale per festeggiare i grandi avvenimenti dell’anno. Una festa tradizionale che solitamente si svolge nel giorno di Santo Stefano, a Capodanno o in particolari ricorrenze durante l’anno.
Lo Junkanoo può essere anche festeggiato per il ritorno in patria di un eroe nazionale, qualcuno che abbia reso valore alle proprie radici caraibiche nel mondo, e quel qualcuno è proprio la scelta numero 1 del Draft 2018, l’attuale big man dei Phoenix Suns, Deandre Ayton.
Quando si tratta di basket, a Nassau si fa sul serio
Ci avreste mai scommesso che la pallacanestro è lo sport più popolare alle Bahamas?
Insomma, nessuno pensa che su un’isola caraibica immersa nel limpido e tumultuoso Oceano Atlantico si possa giocare a pallacanestro, ma l’aspetto ancor meno banale che questo agglomerato di isole sia anche la patria di pluricampioni NBA. Un nome? Mychal Thompson… sì, un due volte campione NBA con i Lakers di “Magic” Johnson, nonché padre di un quattro volte campione Klay Thompson. Per non parlare di vari Buddy Hield, Eric Gordon e Rick Fox (questi ultimi due hanno salde radici bahamensi).
La cosa ancora più assurda è che questi nomi non siano nemmeno i più famosi in patria. Uno in particolare supera di gran lunga tutti gli altri, nonostante non sia mai riuscito a calcare i parquet della NBA, ed è quello di Jeff Rodgers.
Perché parlare di un figura così sconosciuta, mai apparsa nei radar della Lega e di cui nessuno praticamente sa nulla?
Nulla è lasciato al caso in questa storia. Jeff Rodgers è un profondo credente ed è sempre stato attivo nell’organizzazione di eventi per i giovani nella capitale bahamense. Il connubio tra chiesa e giovani lo porta ormai trentaquattro anni fa, sotto richiesta della Chiesa Avventista del Settimo Giorno – di cui è un fedele – ad organizzare un camp di pallacanestro per tutti quei ragazzi e ragazze sfaccendati che nelle lunghe giornate d’estate, bighellonano per le strade senza scopo. Con la scuola finita e poco o nulla in cui spendere il proprio tempo.
“I giovani hanno la possibilità, tutt’altro che remota, di finire nei guai o in situazioni particolari. Io l’ho sempre vista come un’opportunità per me stesso, per vedere come potessi in qualche modo stimolarli e dar loro l’opportunità di credere in loro stessi, come ho sempre creduto in me stesso.”
– Jeff Rodgers
Così, un po’ dal nulla, nasce il primo camp di pallacanestro alle Bahamas, ma questo non basta. Non serve solo spargere la voce, serve qualcosa di ancora più forte. Tramite qualche strano contatto, Rodgers riesce a raggiungere e convincere a partecipare come “special guest” il più basso vincitore dello Slum Dunk Contest, nonché guardia degli Atlanta Hawks, Spud Webb.
Ad una sola condizione, che Spud porti con sé alcuni dei suoi compagni di squadra, e non uno a caso: “The Human Highlight Film”, il numero 21 degli Hawks, il nove volte All-Star e vincitore della Coppa dei Campioni col Panathinaikos nel 1996, Dominique Wilkins.
Come inizio non è davvero male. Avere due dei giocatori mediaticamente più presenti nella NBA degli anni ’80 come ospiti del proprio camp non è da poco. Il progetto decolla e anche il padre di Klay Thompson, Mychal, decide di farne parte come organizzatore. Insomma, a Nassau tutti gli anni un fantastico camp di basket, creato appositamente per i giovani, viene organizzato con tantissime stelle NBA, ed è proprio tramite questo camp che Deandre Ayton entra in contatto con la pallacanestro.
Ayton cresce accudito da sua madre e dal padre adottivo in quartiere molto difficile di Nassau. La violenza, la malavita e le droghe la fanno da padrona. La sua famiglia non era ricca. Il padre adottivo è un semplice idraulico.
“Non essere catturato dalle brutte amicizie, dai brutti giri è davvero difficile quando vivi tutti i giorni tra quelle vie. Che Deandre ne sia uscito illeso è stato un vero e proprio miracolo.”
– Jeff Rodgers
Deandre, che prima si limitava a qualche partitella di calcio con i suoi amici di quartiere, dimostra sin da subito due caratteristiche fondamentali per un futuro giocatore di basket professionista: l’altezza – già a dodici anni sfiora i due metri di altezza – e l’agilità dei piedi, dote tutt’altro che comune. Per questo motivo e per toglierlo dalla strada, il padre adottivo lo iscrive al camp di Rodgers, andando contro la volontà del ragazzo.
Sin da subito Deandre dimostra di essere un atleta eccellente, peccato che fino a quel momento, come tanti giocatori di cui è stata raccontata la storia (ad esempio Joel Embiid), non sapesse nemmeno cosa fosse un pallone da basket e quali fossero le regole di quello strano sport. Lo stesso Ayton racconta molto spesso un aneddoto molto divertente a riguardo.
In uno dei suoi primi allenamenti, gli organizzatori del torneo decidono di far giocare una piccola partitella, giusto per capire a che livello siano i giovani giocatori che dovranno formare nel corso del camp. Il big man Deandre entra in campo. Dopo un paio di campi da campionato minors con diversi “sdeng” e palle perse, finalmente riceve palla e accade l’inevitabile.
“Ad un certo punto mi ritrovo davanti ad un avversario. Non sapevo bene cosa fare, allora la mia mente ha viaggiato creando il film dell’azione. Salto, batto l’uomo, vado per segnare e…l’arbitro fischia. Avevo intuito di aver commesso qualche tipo di infrazione. Ho saltato senza tirare, avevo commesso passi. In realtà pensavo fosse una finta consentita.”
– Deandre Ayton
Il camp termina, il dispiacere è davvero enorme. Dopo tutto l’esperienza gli è piaciuta moltissimo. Bisogna purtroppo tornare alla vita di sempre, a tentar di sopravvivere per le violente strade di Nassau. L’unica speranza è quello di poter tornare l’anno dopo, soprattutto dopo aver imparato tutte le regole.
Il tempo passa, lento, ma passa, inesorabile. Finalmente arriva di nuovo l’estate.
“Ehi, Deandre, quest’anno non potrai andare al camp…non abbiamo i soldi per mandarti.”
La batosta è bella forte, ma ha imparato che tutte le difficoltà possono essere affrontate a testa alta e si trova sempre una qualche soluzione. “Papà, posso venire a lavorare con te? Almeno così posso fare qualcosa durante l’estate per tenermi occupato”
“Era più felice di quanto mi aspettassi nel venire al lavoro. Lo pagavo circa venti dollari alla settimana, una miseria, ma era quello che potevo permettermi. Dopo cinque settimane di intenso lavoro, mi si para davanti e mi dice ‘Papà, lunedì prossimo non vengo al lavoro ’ e gli chiedo ‘Come mai? ’. ‘Semplice papà, ho guadagnato i soldi necessari per tornare al camp.”
I genitori di Deandre intuiscono che ci sia qualcosa di speciale nel ragazzo. Non pensavano minimamente che il basket fosse diventato così importante, sebbene il suo livello non fosse poi così elevato.
Prendono una decisione rischiosa, ma definitiva: avrebbero iscritto Deandre ad una scuola privata. Dovevano allontanarlo dai bassifondi di Nassau, conoscendo anche il suo brutto carattere. Solamente l’anno prima, infatti, DeAndre era stato coinvolto in una rissa in un parco vicino casa, cavandosela solamente con un bell’occhio nero. Chi li assicurava che non si sarebbe mai più cacciato nei guai, magari anche più grossi?
“Ero solito bazzicare con cattive compagnie. L’unica cosa bella era il camp.”
Destinazione San Diego
Proprio al camp conosce una figura che cambierà definitivamente la sua vita. Uno degli assistenti dello staff tecnico è un allenatore professionista in Messico. Nota immediatamente il talento atletico di Ayton e decide di mettere in contatto la famiglia col suo capo, l’ex giocatore NBA Reggie Jordan. Jordan a sua volta segnala il talento ad un allenatore, in California, del circolo della AAU – Amateur Athletic Union, un’organizzazione con sedi sparse in tutti gli US per la formazione di giovani atleti in diverse discipline – di nome Shaun “Ice” Manning.
Manning invita la famiglia e Deandre a San Diego per una prima prova. Il ragazzo non ha alcuna base tecnica, non è nemmeno capace di tirare un tiro libero, ma ancora una volta le sue doti atletiche riescono a strabiliare, e il coach californiano decide di investire su di lui. Proprio nello stesso periodo, Manning, assieme ad un filantropo di nome Ryan Stone, crea una squadra giovanile alla Balboa City School, una piccola scuola privata di San Diego.
Mancano solo i termini legali. Manning parla con la madre di Deandre. I documenti sono firmati: la sua educazione e la sua carriera cestistica sono completamente in mano ad un semi-sconosciuto che promette di portarlo nella NBA.
“A quel tempo non pensavo assolutamente ad arrivare nella Lega, anzi. Pensavo solo che col basket avrei tolto dalla povertà la mia famiglia. Insomma, glielo dovevo dopo tutto quello che ha fatto per me.”
Iniziano gli allenamenti. Il ragazzo è acerbo, ma è molto sveglio e impara in fretta, molto in fretta. Con la sua abilità di piedi il gioco spalle e fronte a canestro per lui sono uno scherzo. Si costruisce un ottimo tiro dalla media e pian piano ne aumenta il range.
Per un due metri giocare a quel modo è semplicemente assurdo, ma non è ancora pronto. “Semplicemente pronto a tutto pur di sfondare”, dice Manning alla madre di Deandre. “Deve solo pazientare prima di essere pronto per competere con gli altri ragazzi della sua età”.
Due anni dopo, quando Ayton ha tredici anni, arriva l’occasione giusta. Coach “Ice” lo porta a Portland e Salt Lake City ad un torneo organizzato dalla AAU.
“Era semplicemente uno scherzo, assurdo. Dominava letteralmente il campo. Non c’è altro da dire. Riusciva in due azioni consecutive a schiacciare in testa all’avversario di piena forza e gestire un contropiede come un play-maker.”
– Coach Manning
Non arriva solo il successo sul campo, ma anche sul web. Il sito ballislife.com, famoso per chi è avvezzo alla scoperta di giovani talenti negli US, lo classifica come il miglior giocatore di tutti gli Stati Uniti. Il suo talento è ormai di dominio pubblico.
Avendo nella faretra una freccia come Ayton, la Balboa diventa un’attrazione troppo forte per tanti giovani che vogliono sfondare nel basket highschool. Per questo motivo coach Manning si rende conto di dover assumere qualcuno che abbia grande esperienza. Decide, assieme a Stone, di nominare Zack Jones direttore del progetto.
Jones non è affatto una figura da poco nel basket giovanile US, anzi: è stato il mentore di un ottimo giocatore NBA quale Jared Dudley. I due però non si trovano molto d’accordo sul futuro di Deandre, tanto da arrivare allo scontro verbale. Non si può continuare così. Stone decide di licenziare Manning e convince Ayton ad andare a vivere in una famiglia del luogo, così da poter continuare il suo percorso di crescita.
Molti avrebbero preso questo sballottamento come un pretesto per mollare, per abbattersi, ma DeAndre non è tipo da gettare la spugna. Il suo scopo è solo uno e la possibilità di sfondare nel mondo cestistico è estremamente concreta.
La sua ultima stagione in Middle School è paurosa. Il titolo di migliore del paese lo tiene stretto con le unghie e con i denti.
Il suo percorso con Balboa continua anche durante l’highschool senza particolari intoppi. È evidente che sia un “big man” dominante in entrambe le parti del campo, ma sorgono alcuni problemi. Poiché la Balboa è nel circolo AAU, non è mai entrata nel circolo ufficiale dei campionati della California; questa non è un’ottima mossa per la visibilità del giocatore. Per questo motivo Balboa e Ayton sono costretti a giocare partite di cartello in giro per gli US, dove comunque il suo talento inevitabilmente spicca.
La sua popolarità è alle stelle. I college di tutto il paese fanno a gara, anche se i dubbi su una società che non ha mai partecipato alla Divison I Highschool rimangono, e sono molto forti. La popolarità, però, non ha solamente effetti positivi. Quando qualcuno raggiunge la fama, tante persone attorno ad essa tentano di beneficiarne in modo indiretto, ed è proprio nell’anno precedente alla scelta del college che il padre biologico di DeAndre si rifà vivo, “volendo riallacciare i rapporti col figlio”.
“Io volevo solo certe persone nella mia cerchia, anche se continuamente qualcuno cercava di entrarvi. Una di queste era mio padre naturale. Per me era solo uno sconosciuto. Non volevo saperne proprio nulla.”
– Deandre Ayton
Attenzione Arizona: uragano Ayton in arrivo!
La scelta viene finalmente presa: Deandre Ayton è un nuovo giocatore degli Arizona Wildcats. Nello stesso anno in cui sceglie Arizona, dai Wildcats esce una settima scelta assoluta: Lauri Markannen.
Arizona ha una storia cestistica di tutto rispetto. Sono tanti i giocatori passati nel corso del tempo in quel college, basti pensare a Mike Bibby (seconda scelta assoluta nel ’98), “Agent zero” Gilbert Arena, Aaron Gordon (quarta scelta assoluta nel 2014) o Andre Iguodala (nona scelta assoluta nel 2004).
Non è tutto oro ciò che luccica.
La stagione NCAA di Ayton parte alla grande. Le prestazioni sono in linea con le aspettative, domina senza problemi da tutte e due le parti del campo e il ragazzo è felice di poter giocare in un College così prestigioso. Lo scandalo però è dietro l’angolo.
È il 23 Febbraio 2018. ESPN dà una notizia bomba: l’FBI ha intercettato un file audio in cui il suo allenatore di Arizona, coach Sean Miller, ammette di aver pagato centomila dollari per ingaggiare un agente che convincesse Ayton ad andare nella sua squadra. DeAndre è incredulo. Si vocifera anche di un coinvolgimento della famiglia, che però viene immediatamente smentito. Il colpo è durissimo per la popolarità del “big man from Nassau”.
“Ero con i miei amici. Poco tempo prima di entrare al college, mi avevano costretto a creare un profilo Twitter. Il mio telefono è impazzito, come quelli di tutta la squadra. Non ci potevo credere. Non era l’esposizione mediatica che volevo.”
Il giorno dopo è tempo di scendere in campo. La partita va in scena in Oregon, contro i Ducks. Tutti nello spogliatoio di Arizona si aspettavano qualcosa, ma non di certo una cosa del genere.
“Stavo per uscire per il riscaldamento e vedo questo ragazzino col suo bel microfono sugli spalti. Io ero pronto nel tunnel e sento ‘Eccolo che arriva! ‘. Tutta la palestra mi gridava contro. Al mio ingresso l’intero palazzetto inizia ad urlare ‘Hun-dred thou-sand! Da-da-da-da-da. Hun-dred thous-and’. Semplicemente assurdo. Arriva il momento dell’inno nazionale. All’inizio non ci volevo credere ma, guardando meglio tra gli spalti, noto alcuni studenti vestiti come gli agenti della FBI. Solo un giorno dopo la notizia?”
Ayton sa di non avere nulla da nascondere e, anzi, quell’atmosfera completamente avversa provoca due sensazioni in lui: la prima è di estremo attaccamento ai compagni, che con quella storia non hanno nulla a che vedere, e la seconda è di riscatto. Quella partita la chiude con un tabellino mostruoso: 28 punti, 18 rimbalzi e 4 stoppate giocando 44 minuti su 45 di partita, costantemente subissato dai cori avversari “Cen-to-mi-la! Cen-to-mi-la”. Purtroppo però Arizona perde all’overtime.
“Non sono stato mai così impressionato da un giocatore di quell’età. Avere il suo nome tirato in ballo in qualcosa di losco lo aveva demoralizzato. Ma i numeri parlano chiaro…”
– Coach Romar (assistente di coach Miller)
Dopo quella partita, i Wildcats riescono ad arrivare nei primi dodici del torneo NCAA, per poi essere eliminati al primo turno, ma per Ayton rimane comunque un’ottima stagione collegiale. Chiude con 20.1 punti e 11.6 rimbalzi (ottima doppia-doppia di media). Ora sì che il ragazzo è pronto per una chiamata NBA.
La stagione è finita. Il Fanta-Draft si fa caldo. I nomi in ballo sono tanti.
Si parla molto di un ragazzo europeo: Luka Doncic.
Michael Porter dichiara: “Sono nettamente più forte di Ayton. Sono il migliore del Draft”.
Tutti hanno gli occhi pieni delle triple à la Steph Curry di Trae Young.
Siamo alla sera del 21 Giugno 2018, è tempo di Draft. A Nassau sono tutti col televisore acceso. Sanno che un loro concittadino è eleggibile e anche il primo ministro Hubert Minnis sta guardando la serata. I Phoenix Suns stanno per chiamare la prima scelta assoluta. Il silenzio cala in casa Ayton. Non vola una mosca per tutta Nassau, tutti con le mani a coprirsi gli occhi e le orecchie tese per ascoltare quelle parole magiche. “With the first pick in 2018 NBA Draft the Phoenix Suns select…DeAndre Ayton from Arizona”.
Tutti in piedi! Prima scelta assoluta!
L’evento è epocale: è dal 1978 che le Bahamas stanno aspettando una nuova prima scelta, quando Mychal Thompson precedette un certo Larry Bird. Ora da Nassau ne è giunta un’altra. La capitale è pronta a festeggiare.
Appena un mese dopo la serata del Draft, Deandre ritorna in madre patria. L’evento è talmente tanto sentito che, in accordo col governo, si organizza uno Junkanoo speciale proprio per lui.
“Ero contentissimo. Uno Junkanoo solo per me non me lo sarei mai aspettato. Penso di essere andato molto oltre agli obiettivi che mi ero posto. Nessuno avrebbe mai pensato di vedermi un giorno prima scelta assoluta a Draft, probabilmente nemmeno io.”
Chissà, magari un giorno ci sarà un altro Junkanoo, per il ritorno in patria di un campione NBA…