Un intenso viaggio, ricco di cambi di rotta, gioie immense ma anche grandi dolori: riviviamo la storia di Pau Gasol.

Leggendo il titolo di questa storia, vi potrebbe sembrare di scorrere il volantino di un’agenzia di viaggi o di consultare le offerte di una biglietteria aerea. In effetti è proprio di un viaggio che vogliamo parlarvi, un percorso che parte dalla capitale della Catalogna, per farvi ritorno dopo una straordinaria avventura. Questo incredibile cammino ha inizio il 06/07/1980 al Hospital de la Santa Cruz y San Pablo di Barcelona, dove la signora Marisa Saez da’ alla luce il primo dei suoi futuri tre figli, che prende il nome di Pau. Il giovane inizia molto presto a coltivare la grande passione famigliare, vale a dire… la medicina. Il padre, Augusti Gasol è assistente sanitario, mentre la madre è un medico internista. Pau desidera seguire le orme della signora Marisa e diventare un dottore, ma allo stesso tempo inizia ad alimentare una seconda passione, sempre seguendo le orme di casa Gasol. Entrambi i genitori sono giocatori di basket e l’intera progenie Gasol (dopo Pau sono nati Marc nel 1985 e Adria nel 1993) inizia a innamorarsi della palla a spicchi vedendo giocare il padre. Muove i primi passi sul campo della propria scuola, il collegio Fundaciò Llor, per poi proseguire al CB Cornellà. Nella squadra della provincia catalana il ragazzo impara a dare del tu alla palla, sviluppando notevolmente le proprie abilità tecniche. A 16 anni è pelle e ossa e alto solo 185 centimetri e niente lascia presagire che raggiungerà la definitiva altezza di 2 metri e 16. Il talento tuttavia è cristallino e il Barcelona decide di accaparrarselo facendolo entrare nella cantera. Scelta più che mai azzeccata, perché la statura continua ad aumentare e la squadra vince il campionato spagnolo junior. Arrivano anche le prime convocazioni con la nazionale giovanile, dove porta a casa il titolo europeo nel 1998. Nello stesso anno le giovani Furie rosse conquistano anche il prestigioso torneo Albert Schweitzer: un trofeo internazionale disputato ogni due anni a Mannheim, Germania. Al trofeo partecipano nazionali Under 18 e, data l’assenza di un torneo FIBA per la categoria, potremmo classificarlo come una sorta di campionato mondiale. Sempre nel 1998 inizia a frequentare la Facoltà di Medicina, non avendo mai abbandonato il sogno di diventare dottore. Si rende subito conto che gli studi e la carriera cestistica viaggiano su due rette parallele ed è costretto a seguire solo una delle due passioni, optando per la palla a spicchi. Nonostante il livello di Gasol stia crescendo costantemente, il Barcelona non si aspetta certo di avere una futura star in casa. Esordisce in prima squadra blaugrana il 17/01/1999, durante la partita di Liga ACB contro il Caceres. Gioca solo due partite con quel gruppo, poiché la maggior parte del tempo lo passa aggregato alla seconda squadra della Liga EBA.

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Nella stagione 1999/2000 però è un componente fisso del first team, dove riesce a ricavarsi 14.8 minuti in campo senza tuttavia lasciare particolarmente il segno. Sotto canestro il Barca schiera già Roberto Duenas e Francisco Elson e la dirigenza non ripone ancora grande fiducia in Pau mettendo sotto contratto durante l’estate l’ex NBA Rony Seikaly. La storia dà completamente torto agli executive blaugrana poiché Seikaly gioca solo una manciata di partite in stagione, mentre Pau esplode raggiungendo la doppia cifra di media, con addirittura 18.5 punti in Eurolega. Incontenibile nella finale della Liga e in Copa del Rey 2001, dove il Barca porta a casa entrambi i titoli, mentre il numero 16 mette in bacheca due trofei di MVP. 21 anni, grande statura ma piedi agili da ballerina, trattamento di palla da esterno e alto QI cestistico. Un curriculum da fare invidia a chiunque, e infatti il nome di Pau finisce su numerosi taccuini di scout NBA. Il ragazzo decide di dichiararsi eleggibile per il Draft 2001. Piccolo problema: il contratto col Barca prevede un cospicuo buyout nettamente superiore ai 350.000 Dollari che le franchigie possono versare per rescindere gli accordi FIBA. L’unica soluzione è una scelta alta per ottenere un contratto garantito che permetterebbe al giocatore di pagare la differenza ai blaugrana. Il suo agente Herb Rudoy intavola una discussione col GM dei Memphis Grizzlies, Billy Knight, fortemente interessato al giovane catalano. I Grizzlies quindi spediscono ad Atlanta il proprio uomo franchigia, Shareef Abdur-Rahim, in cambio della pick numero 2 e Gasol si accasa quindi in Tennessee. Prima di attraversare l’oceano ottiene la prima di molte soddisfazioni con la nazionale, vincendo il bronzo agli Europei 2001 in Turchia. Si tuffa quindi a capofitto nella sua prima stagione NBA e le aspettative riposte in lui vengono da subito onorate. Si presenta con 27 punti nella opening night, proseguendo poi con ottime performance per il resto della stagione, che gli valgono il meritato titolo di Rookie of the Year. Insieme all’altra matricola di Memphis, Shane Battier, viene ovviamente inserito nel primo quintetto rookies 2002. I Grizzlies non sono esattamente una corazzata, ma a partire dalla stagione 2002-03 prende il possesso della stanza dei bottoni della squadra un signore che è stato un fantastico giocatore e anche uno scopritore di talenti niente male: Jerry West. Il nuovo GM cerca subito di mettere la propria impronta sulla franchigia: parte dalla base buona del roster, che si fonda appunto sul catalano e su Battier. L’area è protetta da due tremendi verticalisti come Lorenzen Wright e Stromile Swift, la regia è affidata al folle talento creativo di Jason Williams, mentre il perimetro è ben assortito con Wesley Person, Gordan Giricek e Mike Miller. L’inizio è traumatico, con un perentorio 0-8 che segna la fine di coach Lowe in panchina. Al suo posto West a sorpresa chiama il vecchio Hubie Brown, che non prendeva le redini di un team NBA addirittura dal 1987. Le cose non migliorano da un punto di vista del record (Memphis chiude con un 28 – 54), ma Pau continua a migliorare, chiudendo con 19.0 punti e oltre il 50% dal campo. La difesa non è la specialità della casa, ma le sue lunghe leve gli permettono comunque 1.8 stoppate a sera.

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La Regular Season 2003-04 regala una splendida sorpresa ai tifosi del Tennessee. Sul perimetro arrivano importanti tasselli come l’irrequieto talento di Bonzi Wells e la difesa di James Posey. Sotto coach Brown la squadra è più produttiva in attacco e maggiormente organizzata in difesa. Gasol è ancora il leader offensivo e i Grizzlies chiudono con un insperato record di franchigia (50 – 32) e la qualificazione ai Playoffs 2004. Tutto troppo bello e il destino gioca un brutto scherzo. A quattro gare dalla fine della stagione regolare, l’ex Barcelona si infortuna al piede destro. Resta fuori fino alla post-season ma al primo turno Memphis è chiamata ad affrontare San Antonio, campione in carica. Gasol rientra per la serie, ma è ben lontano dal 100% e il suo avversario diretto, Tim Duncan, non gli semplifica la vita. Spurs avanti in quattro gare e fine dei giochi. Nell’estate del 2004 partecipa alla sua prima Olimpiade, volando ad Atene con la nazionale spagnola. Sul campo le Furie rosse ottengono un modesto settimo posto ma i giorni di gloria non tarderanno ad arrivare. Tornato in USA, firma coi Grizzlies il rinnovo contrattuale al massimo salariale (86 milioni di Dollari per sei anni). La stagione vede il forfait di coach Brown dopo solo 12 partite per problemi di salute. Al suo posto, dopo la mini parentesi di Lionel Hollins, viene nominato un altro head coach di esperienza, Mike Fratello. Il neo allenatore è un convinto sostenitore del gioco controllato, impostazione che non si sposa perfettamente con l’agilità di Gasol, ma nonostante questo l’elevato QI cestistico del numero 16 gli permette di rendere bene anche con la nuova impostazione. Coach Fratello cerca di spiegare a Pau l’importanza di diventare un leader, oltre che un gran giocatore, e il ragazzo dimostra di apprendere velocemente la lezione, dominando in campo. Mentre la stagione sembra rimettersi in piedi arriva un duro colpo per il morale.


Alla fine di gennaio il catalano è costretto alla sosta ai box per una fascite plantare. Salta venti partite e quando rientra vengono alla luce incrinature nella chimica di squadra, dopo che Wells e Williams mal digeriscono l’idea di riconsegnare al numero 16 lo scettro di leader. Tali difficoltà si ampliano nei Playoffs 2005 dove arriva un nuovo 4-0, questa volta per opera dei Phoenix Suns. Pronta reazione di West, che spedisce verso altri lidi i ribelli Wells e Williams e importa veterani che possano contribuire con esperienza e leadership: Eddie Jones, Bobby Jackson, Damon Stoudamire e Chucky Atkins. Gasol passa l’estate a curarsi dalla fascite plantare e si presenta tirato a lucido per la Regular Season 2005-06. È più determinato che mai, rapido e forte, pericoloso sia spalle che fronte a canestro e riesce perfino a staccarsi di dosso la fastidiosa etichetta di soft, attribuitagli nelle prime stagioni nella Lega. Anche i fischi arbitrali iniziano ad assomigliare a quelli dei top NBA. La conseguenza è la sua prima convocazione per l’All-Star Game, a Houston. Memphis chiude la stagione ancora positivamente (49-33) prima in tutta la Lega per punti concessi (88.5). I Playoffs continuano a rimanere indigesti, poiché arriva il terzo sweep consecutivo, questa volta coi Dallas Mavericks nel ruolo di carnefici di turno.

L’ennesima debacle nella post-season rompe qualcosa nel processo di crescita dei Grizzlies. La stagione successiva è tragica, chiusa con un pauroso passo indietro (22-60), col licenziamento di coach Fratello e con l’avvio dello smantellamento del roster (inizia Battier, spedito a Houston). Pau continua a dettare legge sul parquet, ma inizia a rendersi conto che la propria crescita sia in termini tecnici che di risultati collettivi debba procedere lontano dal Tennessee. La svolta arriva il primo febbraio 2008. I Los Angeles Lakers hanno da poco perso per infortunio il loro centro Andrew Bynum e sono alla disperata ricerca di una star da affiancare a Kobe Bryant. La scelta ricade sul numero 16, che vola in California in cambio di Kwame Brown, Javaris Crittenton, Aaron McKie, i diritti sul fratello Marc e due scelte. La trade genera non poche critiche nel panorama NBA, poiché in cambio di poco Los Angeles ha portato in casa un giocatore che l’ha resa una contender.

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Gasol è perfetto per i Lakers. Dotato dell’intelligenza cestistica necessaria per entrare subito in sintonia con la Triple Post Offense di coach Jackson, capace di fornire al team il gioco interno tanto agognato, ma anche di liberare l’area per non pestare i piedi a Kobe. Inoltre non presenta una personalità contrastante col grande ego di Kobe Bryant.

Il risultato è che tra i due nasce subito un’alchimia e i giallo-viola volano (27-9 dalla trade). Nei Playoffs 2008 eliminano nell’ordine Nuggets, Jazz e Spurs e affrontano i Celtics nelle Finals, in una serie che odora tanto di anni ’80.

Pau è molto aggressivo ma non ha vita facile contro Kevin Garnett. I Celtics sono un’autentica corazzata che va ben oltre i Big Three e portano a casa il titolo per 4-2. La consolazione in casa Lakers tuttavia arriva da un roster pronto per fare grandi cose.

Il 2008 è anche l’anno olimpico e Gasol partecipa ovviamente ai Giochi con la propria nazionale, forte anche del titolo iridato conquistato due anni prima in Giappone. La Spagna è una vera corazzata e vola in finale della rassegna olimpica per sfidare il “Redeem Team”, la nazionale USA volata in Cina col solo scopo di tornare in patria con l’oro al collo.

È una partita splendida. La portano a casa gli americani, ma necessitano del loro intero talento e di un super Dwyane Wade e Kobe. Pau produce 21 punti e 6 rimbalzi.

Si torna in California e la stagione 2008-09 vede i Lakers come assoluti protagonisti. Il ragazzo partito da Barcelona sa dove il proprio viaggio debba giungere per toccare l’apice, cioè il Titolo NBA. Gioca perfettamente come secondo violino dietro Bryant, ma nel mese di febbraio si supera, venendo votato come miglior giocatore della Western Conference.

I Lakers tornano in Finale, ma questa volta ad attenderli ci sono gli Orlando Magic. A dimostrazione che la durezza di Pau è cresciuta da quando è nella Lega, coach Jackson decide di alternarlo con Bynum in marcatura su Dwight Howard. Il tonnellaggio del n. 12 dei Magic è notevolmente superiore a quello di Gasol, ma il figlio della Catalogna non arretra di un centimetro e ben figura in difesa.

In attacco poi è sempre un’enciclopedia di tecnica e l’intesa con Bryant raggiunge livelli celestiali. I due si sono sempre capiti anche a livello idiomatico, dato che il numero 24 conosce bene anche lo spagnolo e si diverte spesso a parlarlo col compagno. In campo poi conversano con un unico linguaggio tecnico:

Troppo forti i giallo-viola, troppo in sintonia la coppia, Lakers dominatori della serie per 4-1 e titolo che torna a L.A. dopo sette anni.

Fa quasi clamore che la franchigia decida di operare una importante mossa di mercato alla vigilia della stagione 2009-10, liberandosi di Trevor Ariza e portando in casa Metta World Peace. Tecnicamente viene messo nel motore un mastino difensivo con punti nelle mani. In realtà parliamo di un giocatore dal carattere che definire bizzarro o controverso è altamente limitativo.

Nonostante alcuni timori di chimica di squadra, i campioni in carica continuano a dominare a ovest. Gasol, che viene da un nuovo trionfo con la maglia della nazionale (oro europeo), accusa alcuni problemi muscolari che lo costringono a saltare 17 gare, ma si presenta comunque pronto per i Playoffs 2010.

Arriva il terzo biglietto consecutivo per le Finals e questa volta va in scena il rematch contro i Celtics. È una battaglia serrata, ma stavolta Gasol non ha intenzione di farsi mettere sotto da Garnett e compagni. La serie è in equilibrio ma Boston passa in vantaggio 3-2 col match point sulla racchetta.

Pau è fantastico in Gara 6, coadiuvando la vena realizzativa di Bryant, cattura 13 rimbalzi e distribuisce 9 assist. Massacro giallo-viola e Gara 7 in calendario.

È ovviamente una partita nervosa. Il numero 16 prende il proscenio segnando 19 punti e dominando sotto le plance con 18 rimbalzi. Back-to-back e secondo Titolo personale per il figlio di Augusti. La domanda che la Lega si pone adesso è chi possa fermare i Lakers nella rincorsa a un nuovo Three-peat.

La prospettiva in effetti sembra rispettare le previsioni. Los Angeles chiude seconda a ovest, Kobe e Gasol trascinano la squadra (col catalano che viene convocato per la quarta volta all’All-Star Game) e primo turno dei Playoffs vincente contro New Orleans. Arriva a sorpresa una clamorosa eliminazione per 4-0 da parte dei futuri campioni Dallas Mavericks.

Da questa sconfitta parte un lento e inesorabile declino della squadra che porta alla fine del ciclo del roster. Saluta coach Jackson, sostituito da Mike Brown, vengono ceduti Odom e successivamente Derek Fisher, ma senza risultato. Nella stagione 2012-13 vengono anche messi sotto contratto Dwight Howard e Steve Nash, con l’idea di creare un mini Dream Team con Pau e Kobe.

Il progetto si rivela un fiasco totale a causa degli atteggiamenti di Howard e dello stato fisico ormai in declino del canadese. Al termine della stagione 2013-14, il numero 16 diventa free agent e capisce che il suo viaggio debba proseguire lontano dalla California.

FOTO: NBA.com

Se in NBA Gasol non riesce più a vincere, nonostante le ottime performance sciorinate sul parquet, con la maglia delle Furie Rosse ottiene soddisfazioni, come l’oro europeo del 2009 e 2011 o l’argento olimpico di Londra 2012, dove va in scena un’altra finale mozzafiato tra USA e Spagna (il ragazzo inoltre riceve l’onore di essere il portabandiera della spedizione iberica).

Fuori dal rettangolo di gioco, il nativo di Barcelona mostra il proprio animo nobile e generoso. Dopo vari riconoscimenti da parte di alcune organizzazioni umanitarie, tra cui l’UNICEF, nel 2013 fonda, di concerto col fratello Marc, la Gasol Fundation. Una fondazione che promuove la salute della comunità, combattendo varie problematiche, in particolar modo l’obesità infantile.

Tornando al basket giocato, firma un triennale coi Chicago Bulls, dove rimane però solo due stagioni disputando anche la sua quinta partita delle stelle (dove salta una più che storica palla a due contro il fratello Marc), fornendo ottime prestazioni sul terreno di gioco, ma mostrando tuttavia una naturale flessione dovuta al chilometraggio elevato – sono 35 le primavere nel suo ultimo anno coi Bulls.

Rinunciando all’ultimo anno di contratto con Chicago, si accasa a San Antonio nel tentativo di portare a casa un ulteriore anello. Non riesce nel proprio intento e dopo solo due stagioni rescinde con gli Spurs per firmare coi Bucks. Perfino il tentativo con Milwaukee non produce un nuovo Titolo NBA, anche perché il catalano si infortuna al piede dopo solo tre partite e finisce sotto i ferri e anzitempo la propria stagione.

Prova a giocare la ultima fiche sulla roulette di Portland, con un annuale. Viene tuttavia tagliato prima ancora di scendere sul parquet coi Blazers per il protrarsi dell’infortunio al piede. Rimane in Oregon per curarsi, non si sente ancora un ex giocatore, non pensa che la propria corsa sia giunto al capolinea.

Nel gennaio del 2020 arriva la notizia che sconvolge il mondo cestistico e non solo: Kobe Bryant e sua figlia Gianna sono deceduti in un disastro aereo dove perdono la vita altre sette persone. Il suo compagno di mille avventure, il suo amico, il giocatore USA con ci aveva legato di più. Pau è sconvolto, ma resta vicino alla famiglia Bryant, andando spesso a trovarla a Los Angeles. Il 13 settembre 2020 Catherine, la moglie di Pau, dà alla luce una bambina che prende il nome di Elisabet Gianna, in onore della figlia dell’amico.

FOTO: EuroLeague.net

Il bello di ogni viaggio è che, per quanto ci si possa allontanare e percorrere centinaia e centinaia di chilometri, alla fine si torna sempre a casa. Ed è proprio quello che decide di fare Gasol.

Il 23 febbraio 2021 firma un contratto col Barcelona tornando a vestire i tanto amati colori blaugrana. Si deve rimettere in forma, ma esordisce il 09/04/2021 in EuroLeague, dove segna 9 punti in 13 minuti. L’accordo è fino al termine della stagione e Pau lo rispetta, aiutando la squadra a vincere il campionato e raggiungere le finali di EuroLeague, perse contro l’Anadolu Efes. La sua quinta partecipazione ai Giochi Olimpici si conclude invece contro gli Stati Uniti ai quarti di Finale di Tokyo, ennesima tappa del suo percorso.

Lo scrittore John Steinbeck diceva “Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”. E, osservando il viaggio di Pau Gasol, si può facilmente intuire che persona sia diventata.