FOTO: Entrevue

Non è sempre facile valutare se uno scambio sia positivo fin da subito. La teoria non sempre corrisponde alla pratica, le incognite sono infinite e la variabile umana finisce necessariamente con l’influenzare il risultato finale. Le brutte figure, insomma, sono dietro l’angolo. Ma, in questo caso, non sembrano esserci troppi dubbi: la trade per De’Aaron Fox da parte dei San Antonio Spurs è quasi perfetta. In primis, perché gli asset ceduti rendono l’operazione a bassissimo rischio: Zach Collins e Sidy Cissoko fuori dalle rotazioni e probabilmente dal progetto a lungo termine; Tre Jones, il migliore fra quelli coinvolti, con un potenziale da point guard di riserva; quattro first-round pick di scarsissimo valore, a meno che nell’Alamo la stagione 2026/27 non sia una tragedia e che i Timberwolves nel 2031 non si trovino in rebuilding post-Anthony Edwards (probabile, a dire il vero). Senza sacrificare ulteriori asset, è arrivato un All-Star caliber player, nonché All-NBA nel 2023, mantenendo intatto il nucleo sin qui assemblato attorno a Victor Wembanyama, offrendo quindi continuità al progetto e conservando allo stessp tempo molte first-round pick di valore. Adesso però, appurato che l’operazione è stata positiva, la domanda sorge spontanea: dove possono arrivare i San Antonio Spurs già da questa stagione? Con un record negativo di 21 successi e 26 sconfitte, il 10° posto – o, se preferite, la zona Play-In – è a 3 vittorie piene di distanza, con 35 partite rimaste da giocare. Cerchiamo di farci un’idea realistica di quelle che possono essere le ambizioni fin da subito di questo nucleo, per fare in modo di non rimanerci male qualora la nuova macchina faticasse a ingranare, non soddisfacendo le altissime aspettative, o viceversa.

Il fit

I benefici dell’arrivo di Fox sono molteplici. Partendo dalla metà campo offensiva, la prima cosa che viene in mente è che in un sistema con un lungo atipico come Wembanyama, capace di muoversi e soprattutto incutere tanta pressione alle difese sul perimetro, aggiungere una delle migliori guardie della Lega nell’attaccare il ferro dovrebbe rivelarsi un bug.

Fox fa infatti parte dell’élite fra i pari ruolo nell’attaccare il pitturato, con 16.0 drive di media (le incursioni al ferro dal palleggio), 7° in NBA – per intenderci, nella categoria di Ja Morant, Trae Young e Zion Williamson. Le cifre di conversione recitano 69% nell’ultimo metro (75esimo percentile) e il 51% nella zona dello short mid-range (floater range, diciamo), 85esimo percentile, mettendo piede nel pitturato con una frequenza elevata (più della metà dei suoi tiri arriva in queste due zone), e tutto questo non potrà che aumentare con un lungo capace di aprire ancora di più il campo – e di passarla sui tagli – come Wembanyama.

FOTO: le “zone calde” nella mappa di tiro di De’Aaron Fox in stagione

Inoltre, non dimentichiamo che già a Sacramento il sistema fosse costruito sui giochi a due fra lui e Domantas Sabonis come “hub” offensivo, soprattutto sotto coach Mike Brown. La coppia ha dato vita a moltissime collaborazioni nei primi secondi dell’azione e a veri e propri set “pistol”, oppure a semplici “dai-e-vai” fra lungo e tagliante con tre tiratori spaziati.

La connessione fra Fox e Domas era fra le più solide della NBA offensivamente: 10.3 passaggi dal primo al secondo e soprattutto 15.4 dal secondo al primo. Il gioco più pericoloso fra i due è sempre stato il consegnato, dal palleggio e non, da parte del lungo, utile a innescare dinamicamente le incursioni al ferro di Swipa, tanto che le difese hanno spesso provato a negare la ricezione della point guard, anticipandola e finendo così per lasciare spazio al taglio backdoor:

Come si può notare, Fox non è un monotono shot creator che ha bisogno di “masturbare” il pallone giocando solo pick&roll o isolamenti, ma si mette a disposizione dell’azione e conosce i tempi di taglio. Non è un tiratore da fuori assertivo (18esimo percentile per frequenza di triple tentate) e le sue percentuali sono insufficienti, con il 32% quando riceve per il piazzato in catch&shoot e nemmeno il 34% sul palleggio-arresto-tiro, ma sa giocare negli spazi in modo da fare pagare alla difesa i cali di concentrazione o la decisione di battezzarlo. Quando Sabonis riceveva in post, che fosse basso o alto, raramente Fox rimaneva a girarsi i pollici sul perimetro con l’area sguarnita. E sapete quale fosse l’aspetto davvero positivo? A creare la ricezione del lituano non era sempre necessariamente Swipa, anzi, quest’ultimo spesso si muoveva come “terzo” dal lato debole:

Oro che cola per un sistema con le spaziature offerte da Wembanyama, sia che si decida di partire con un’impostazione di base “5-out” (tutti e cinque i giocatori fuori dal perimetro) o “4 fuori-uno dentro”, quest’ultima più incentrata sul post – usiamo questa denominazione per essere il più chiari possibile, ma non si tratta di categorie rigide. Il lungo francese ha tutte le doti da passatore richieste per fittare alla perfezione con la rapidità e le letture degli spazi di Fox, essendo anche avvantaggiato da un’altezza spropositata che gli consente di scannerizzare il campo come nessun altro – e di passarla da altezze proibitive in maniera pulita. Non è un caso che gli Spurs siano già fra le prime 10 squadre della Lega per frequenza di attacchi al ferro, una cifra che con De’Aaron Fox non potrà che aumentare:

Dal punto di vista difensivo, invece, arriva un giocatore capace di incrementare la pressione sulla palla. Chris Paul, per menzionare uno che probabilmente retrocederà a sesto uomo, è molto abile sulle linee di passaggio e ancora, ogni tanto, dice la sua sporcando i palloni in palleggio ai diretti avversari, ma non è più in una fase della carriera nella quale può fungere da PoA. Fox è un atleta orizzontale di altissimo livello, rapido di piedi e longilineo, con una struttura ideale per passare sui blocchi: magari non sarà il primo in quintetto a stare sulla maggior minaccia avversaria dal palleggio, essendoci altri difensori di livello con meno carico offensivo come Stephon Castle o, al bisogno, Devin Vassell, ma offre questa opportunità. Una stella scalabile, al servizio della squadra e facilmente adattabile a qualunque sistema, indipendentemente dalla metà campo.

Di seguito, alcune categorie da un sito di tracking avanzato chiamato Basketball-Index. Fox è un “navigator” decente sui blocchi (55esimo percentile), un buon difensore in isolamento e un discreto playmaker difensivo – queste ultime due categorie con una ranking oltre il 74esimo percentile. Da notare, inoltre, come Paul sia superiore a Fox nello “scippare palloni” (pickpocket), ma come entrambi siano elitari sotto questo aspetto, nei pressi dell’80esimo percentile, o superiore.

In assoluto, la sola grossa incognita riguarda la pericolosità e soprattutto la scarsa frequenza nel tiro da fuori da parte dell’ex Kings. Gli Spurs sono 8° in NBA per frequenza di triple tentate ma 22° per percentuali di conversione, con il solo Harrison Barnes che supera il 40% su un volume accettabile. Fox non è quel tipo di tiratore e questo non è l’aspetto principale del suo gioco, perciò probabilmente il problema non si risolverà. Scriviamo “probabilmente” perché l’ex Kings compensa benissimo con la pressione al ferro che spinge la difesa a collassare, aprendo linee di passaggio per gli scarichi sul perimetro e aumentando notevolmente le chance di costruire tiri migliori per i compagni. Oltre a Wemby, a beneficiare della sua presenza potrebbero essere giocatori come Champagnie, Barnes e soprattutto Devin Vassell, che sta faticando a trovare ritmo in stagione, la peggiore dal suo rookie year in termini di efficienza.

Inoltre, non va dato per scontato, Fox è soprattutto uno “shot creator” (che si crea tiri dal palleggio) di alto livello, e questo è possibile perché – nonostante sia molto limitato da fuori – ha un discreto tiro dalla media distanza (anche long-two) e soprattutto un eccellente tocco nell’area del pitturato/floater. Le sue statistiche realizzative – il cosiddetto shot making, la dura e pura conversione indipendente dalla qualità del tiro – sono infatti da 80esimo percentile NBA, nonostante una dieta di tiro che piace poco alla pallacanestro “analitica” – per esempio, 90esimo percentile nella frequenza di tiro dal “long mid-range”, abbastanza inusuale per una point guard contemporanea. La sua true shooting% è di poco sotto il League Average, e si tratta di un mezzo miracolo considerano il 32% sulle 6 triple scagliate a partita.

Per concludere, dato che di Chris Paul si è parlato, l’impatto di Fox si avrà anche sulle rotazioni. Poter avere sempre un gestore di palla elitario in campo, ipotizzando che i minuti dei due saranno quasi sempre “staggerati”, è un vantaggio di squadra non indifferente. Permette di alternare Wembanyama con ciascuno dei due, di lasciare respiro al francese senza il timore che – magari lasciando Fox in campo in quei minuti – l’attacco a metà campo si inceppi o non ci sia alcuna minaccia offensiva, oppure di cavalcarlo o meno a seconda del momentum della gara. De’Aaron Fox, in quest’ottica, non rappresenta solo un innesto elitario dal punto di vista individuale, ma in un certo senso permette di allungare ed equilibrare anche le rotazioni.

La stagione

“Sì sì, bello, ma come abbiamo fatto a finire dodicesimi nella Western Conference?”, potrebbe essere la frase tipo a fine anno. E questo è un altro aspetto da chiarire. L’innesto di Fox non serve a vincere adesso, nel giro di due mesi, pena lo smantellamento e il rebuilding. Il giocatore è stato preso nell’ottica di una permanenza a lungo termine, che possa offrire tanto a Wembanyama, quanto al nucleo attorno, il tempo di svilupparsi, ma in un contesto competitivo, assaggiando i Playoffs e non mettendo su numeri nel nulla di una regular season mediocre. Considerando il record attuale e la difficoltà del calendario rimasto da giocare, 11° più complesso della Lega, non è nemmeno sicuro che in questa stagione si riuscirà ad annusare la post-season:

Per non parlare del fatto che servirà un minimo di rodaggio per far funzionare le cose. Le partite rimaste sono solo 35, meno di metà stagione, e solitamente per trovare la piena sinergia quando arriva un giocatore così polarizzante serve un periodo di tempo non troppo ben determinato, ma senza dubbio più lungo di un paio di partite. La buona notizia è che altre squadre sopra come Suns, Kings e Clippers avranno un calendario difficile, ma per restare al passo – con 3 vittorie in meno – serve non perdere un colpo fin da subito, e non è così scontato che San Antonio ci riesca.

Quali sono, quindi, le ambizioni degli Spurs con Fox?

In primis, per rispondere, serve pazienza. L’ex Kings è un ottimo giocatore, ma non è il Nikola Jokic del caso, non ti trasforma una squadra mediocre in una forza top-4 con attacco elitario. Si tratta di un giocatore di sistema, capace di garantire un rendimento individuale da All-Star anche da secondo violino, migliorando la squadra attorno sulle due metà campo e senza snaturare i principi di coaching applicati finora. Detto in parole povere, è perfetto per lo sviluppo di un ambiente sano e competitivo, ma per vincere il contesto circostante deve comunque essere di altissimo livello. Per fortuna, i San Antonio Spurs hanno conservato tutti i propri asset di maggior valore, come le scelte di Atlanta, oltre al contratto di Keldon Johnson, che occupa il 13.5% del salary cap di squadra, offrendo margine per includerlo in un altro eventuale scambio – come fatto con Zach Collins – indorando la pillola con qualche pick per arrivare a qualcosa di meglio. Magari addirittura entro la trade deadline del 6 febbraio.

Quanto al futuro, se si vedranno progressi fin da subito, magari già dalla prossima estate si potrà provare a muovere qualcosa di grosso. Devin Vassell è un ottimo giocatore, pure in Jeremy Sochan sembra esserci fiducia, il contratto di Harrison Barnes ha valore, ma non sono necessariamente degli “intoccabili” (sebbene i primi due siano ancora giovani): se si presenterà la finestra per arrivare a un’altra stella scontenta, perché no? Anche in free agency ci sarà spazio, trovandosi San Antonio al di sotto della luxury tax line di oltre $11 milioni e con flessibilità salariale – i $10.5 milioni di Chris Paul non ci saranno più l’estate prossima.

I margini di miglioramento esistono, semplicemente bisogna accoglierli con pazienza e raziocinio. Con De’Aaron Fox, realisticamente, i San Antonio Spurs possono già puntare al Play-In e, dunque, a un posto ai Playoffs, ma a poco più. Quanto al futuro, servono mosse giuste, ma “sky’s the limit”. Anzi, nemmeno, visto che dall’Area 51 sembra siano evasi un paio di extraterrestri in cerca dalla navicella, correndo in contropiede fino all’Alamo camuffati da giocatori di pallacanestro.