Il punto sulle prestazioni dei sophomore

Questo contenuto è tratto da un articolo di Henry Brown per The Lead, tradotto in italiano da Emil Cambiganu per Around the Game.
Il Draft NBA 2023 è stato pubblicizzato come uno dei migliori degli ultimi anni, paragonabile al periodo prolifico tra il 2016 e il 2018.
La classe è stata guidata da Victor Wembanyama, un prospetto generazionale che ha eliminato ogni dubbio su chi avrebbe occupato la prima posizione nei mock draft. Tuttavia, il 2023 non si è limitato a un unico talento: ha offerto numerosi giocatori che, secondo molti esperti, avrebbero potuto essere considerati i migliori in una classe senza Wemby.
Wembanyama ha confermato le aspettative nei suoi primi 90 incontri con i San Antonio Spurs. Dopo aver vinto il premio di Rookie dell’Anno e sfiorato il titolo di Difensore dell’Anno, si è già costruito una reputazione basata su una difesa spaventosa e un arsenale offensivo praticamente illimitato.
Dopo un inizio incerto, caratterizzato da tiri dalla distanza poco precisi, Wembanyama ha iniziato a sfruttare al meglio il suo fisico di 2,24 m, operando efficacemente in post alto e nei giochi a due grazie anche all’arrivo di Chris Paul. Il suo punteggio medio è salito da 21,4 a 25,6 punti per partita, è destinato a guidare la lega per il secondo anno consecutivo per stoppate a partita (3,9) e sembra pronto a conquistare una convocazione per l’All-Star Game.
Chi dopo Wemby?
Il grande dibattito di questa classe riguardava la scelta dei Charlotte Hornets, divisi tra Scoot Henderson e Brandon Miller come opzioni per la seconda scelta.
Henderson si era affermato come il favorito ad alto potenziale grazie al suo atletismo alla Russell Westbrook dimostrato nella G League Ignite. Miller, invece, si presentava come un’ala versatile, capace di segnare a più livelli. Gli Hornets hanno puntato su Miller, e la loro scelta sembra essersi rivelata azzeccata. Con una media di 17,3 punti a partita e un’ottima percentuale da tre (37,3%), Miller ha guadagnato un posto nel First Team All-Rookie accanto a Wembanyama.
Dopo un inizio difficile, Miller ha ritrovato efficienza e volume, segnando 25,3 punti di media con il 36,5% da tre nelle ultime 13 partite, incluse quattro prestazioni da oltre 32 punti.
Henderson, al contrario, è rimasto sopraffatto dalla rapidità del gioco NBA, subendo il confronto fisico con difensori più grandi nel pitturato, dove non è riuscito a brillare come finalizzatore. Ha registrato lievi miglioramenti come penetratore e tiratore dalla media distanza, ma a scapito del suo tiro da tre punti, portando la sua Effective Field Goal Percentage sotto il 50%.
Il suo ruolo offensivo è diminuito sensibilmente: ha iniziato solo tre partite su 25 disputate. Nonostante un inizio promettente con 22 punti nella gara inaugurale dei Trail Blazers, Henderson non è più riuscito a superare i 20 punti. La sua mancanza di costanza in attacco, unita a una difesa poco incisiva per un giocatore di soli 188 centimetri, ha lasciato poco a cui aggrapparsi per i sostenitori di Scoot, soprattutto dopo un quarto di stagione già alle spalle che conferma molte delle preoccupazioni iniziali.
Tuttavia, il suo canestro decisivo contro gli Utah Jazz il 26 dicembre merita di essere segnalato.
Rivelazioni
Tra le scoperte più interessanti c’è Amen Thompson, scelto immediatamente dopo Henderson. Questo giocatore rappresenta l’essenza dei Rockets, essendo un difensore eccezionale. In coppia con Tari Eason, i “Gemelli del Terrore” sono la base di una delle difese più efficaci della Western Conference, concedendo solo 101,4 punti ogni 100 possessi quando condividono il campo.
Gradey Dick, scelto dai Toronto Raptors, è un’altra sorpresa. Nonostante i risultati mediocri della squadra, Dick si è affermato come guardia titolare, migliorando le sue medie da 8,5 a 17,6 punti per partita grazie ad un efficace sviluppo offensivo facilitato da blocchi e handoff disegnati per lui.
Anche il secondo giro ha sfornato alcuni talenti, come Andre Jackson Jr., che con la sua difesa perimetrale ha contribuito al recupero dei Milwaukee Bucks dopo l’inizio difficile, e Jalen Wilson, una solida ala 3-and-D che attende di affinare le sue capacità di finishing.
Delusioni
Nella scorsa stagione, i Golden State Warriors erano stati elogiati per il loro eccellente lavoro al draft, assicurandosi Brandin Podziemski a metà del primo giro e Trayce Jackson-Davis con una delle ultime scelte della serata. Inserire una guardia tuttofare e un lungo mobile accanto a Stephen Curry, Klay Thompson, Draymond Green e Chris Paul sembrava la mossa perfetta per rafforzare il sistema basato sul movimento di Steve Kerr. I due rookie si erano guadagnati meritatamente un posto nelle rotazioni man mano che la stagione progrediva, confermando la lungimiranza del front office.
Tuttavia, l’inizio della stagione 2024-25 non è stato clemente con i giovani Dubs. I tifosi dei Warriors si sono particolarmente accaniti su Podziemski, che l’anno scorso si era distinto come tiratore senza palla, difensore perimetrale e rimbalzista, incarnando quel tipo di “vecchia anima” che di solito conquista Kerr. Quest’anno, però, Podziemski non è riuscito a reggere il carico ereditato in assenza di Thompson e Paul.
Il tiro da tre punti, fondamentale del suo gioco sia al college con Santa Clara che da rookie, è peggiorato, così come le sue percentuali al tiro nei pressi del canestro. Nonostante sia un buon distributore di palla, non è ancora al livello necessario per guidare l’attacco quando Curry è in panchina, il che ha portato Golden State a scambiare per Dennis Schroder.
Jackson-Davis ha vissuto difficoltà simili in fase di realizzazione, sebbene in un ruolo completamente diverso. Alternandosi con Kevon Looney come centro undersized, si occupa di marcare i lunghi avversari, prendere rimbalzi e concludere le azioni nella restricted area. Nella scorsa stagione, Jackson-Davis non aveva problemi come rim-runner, ma la sua percentuale di tiro da due punti è calata a picco in questi mesi.
Negli ultimi incontri ha mostrato qualche segnale di ripresa, ma i risultati altalenanti dei Warriors possono essere in parte attribuiti alle rotazioni poco costanti di Kerr, complicate ulteriormente dalla pioggia di sconfitte arrivata nelle ultime due settimane.
Jaime Jaquez Jr, invece, è stato il Dalton Knecht del Draft 2023: una stella collegiale con uno stile di gioco da scorer che si è adattato quasi immediatamente in NBA. Sebbene non avesse il tiro da fuori di Knecht, offriva un gioco di grande astuzia dal palleggio nella media distanza, il migliore tra i suoi coetanei. Intelligente nella scelta dei tiri e abbastanza abile da convertire occasionalmente anche dall’arco, Jaquez aveva concluso quarto nella corsa al premio di Rookie dell’Anno.
La sua media di true shooting del 57,4%, nella media della lega, era alimentata da un 50% di successo nei tiri tra i 3 e i 10 piedi, una distanza che rappresentava il 33,7% del suo repertorio nel 2023. Tuttavia, quella percentuale efficiente è precipitata al 40%, nonostante lo stesso range rappresenti ora, coincidenza curiosa, il 40% delle sue conclusioni. Aggiungiamo il calo anche al tiro da fuori ed ecco spiegate le sue recenti difficoltà offensive rispetto a quanto mostrato un anno fa.