Arrivato da qualche mese ai New Orleans Pelicans, CJ McCollum si è immerso in questa sua nuova avventura. Dal ricordo di Portland al futuro in Louisiana, ecco le sue parole.

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FOTO: NBA.com

Questo contenuto è tratto da un articolo di Marc J. Spears per Andscape, tradotto in italiano da Alessandro Di Marzo per Around the Game.


Da Chris Paul a Anthony Davis, passando per Jrue Holiday e addirittura attraverso i rumors che parlavano di Zion Williamson: tutti questi talenti, nel corso della loro carriera, hanno lasciato – più o meno forzatamente – la città di New Orleans per andare a giocare altrove.


Con CJ McCollum, però, la storia è diversa: dopo due mesi e mezzo di permanenza in Louisiana, la guardia sembra enormemente legata alla città e agli obiettivi dei New Orleans Pelicans.

Non andrò più da nessuna parte, perché dovrei?” – ha detto CJ a Andscape. “Voglio ritirarmi qui, ho 30 anni, sono sposato e con un figlio piccolo, e qui stiamo bene. Cresceremo con la squadra, nel frattempo conoscerò meglio la città.”

A prescindere dall’eliminazione, i Pelicans si possono considerare la grande sorpresa di questi Playoffs, raggiunti dopo due grandi partite di Play-In. I Phoenix Suns, squadra col miglior record stagionale, sono avversari molto duri, ma dopo l’infortunio di Devin Booker in Gara 2 la serie è stata equilibrata.

CJ McCollum ha parlato con Andscape riguardo i suoi 8 anni e mezzo ai Portland Trail Blazers, il suo rapporto con Damian Lillard e col suo nuovo coach Willie Green, per poi ricalcare i suoi sogni dentro e fuori dal campo.


Volevi andare a giocare a New Orleans?

A questo punto della mia carriera voglio raggiungere degli obiettivi di squadra. Questa città è innamorata della franchigia e di chi ricambia l’amore, per questo sono venuto qui. Chris Paul ha parlato bene dell’ambiente, così come JJ Redick. Ho anche parlato con David Griffin e Trajan Langdon [vice president of basketball operations e GM della franchigia], e ho compreso il background di quest’ultimo come giocatore. Poi ci sono Brandon Ingram, Jonas Valaciunas, Zion, Herb Jones, Trey Murphy, Jaxson Hayes… una grande quantità di giovani talenti, che cresceranno ancora di più. Credo che mi vedessero come il pezzo mancante in questo roster.

Cosa pensi riguardo al tempo passato con Damian Lillard?

Che grande epoca, è un mio grande amico e ho imparato molto da lui. Saremo sempre amici, abbiamo lavorato al meglio delle nostre potenzialità nel tempo passato insieme. Non tutti potranno dire di aver giocato con qualcuno così, dentro e anche fuori dal campo.

Perché sentivi che era arrivata l’ora di lasciare i Blazers?

Il perché non ha importanza, in questo momento sono solo felice di aver dato la svolta giusta.

I tuoi amici e colleghi hanno mai espresso dubbi su questa scelta?

La città di New Orleans è sempre stata vista male, con giocatori e allenatori delusi e vogliosi di andar via che ne hanno parlato male. Quando si viene qui in trasferta, onestamente, non si fa molto: non si va in girò per la città, e nessuno comprende davvero la sua cultura. 

In ogni caso non mi importa delle opinioni altrui, qui ci devo vivere io, con la mia famiglia. Se mia moglie non fosse stata d’accordo non avrei spinto per venire qui. 

Hai conosciuto qualcosa in più di New Orleans in questo breve periodo di soggiorno? 

Il cibo mi ha sorpreso, c’è molta varietà gastronomica, e ho anche trovato un ristorante italiano. Ma ciò che ho gradito di più è l’amore della gente, i “tutto esaurito” al palazzo, l’atmosfera incredibile. È diverso dal solito, non lo si può capre finché non lo si prova direttamente.

A Portland i fan erano fantastici, ma qui è davvero diverso. È bello vedere come la città si è evoluta: nel football i Saints sono i Saints, hanno fatto la storia qui. Ma il basket sta crescendo a livello di popolarità, stiamo andando nel verso giusto.

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FOTO: NBA.com

Com’è essere allenato da Willie Green?

È consapevole delle sue scelte, è all’intento del mondo NBA da molto tempo. È molto amico con Monty Williams. Credo che sia uno dei migliori della Lega, riesce a tirare fuori il meglio dai suoi giocatori, il tutto con rispetto e fede in Dio. Fa la differenza, è un allenatore che ti sfida, ti fa migliorare, non ha bisogno di accanirsi, sa come approcciare le situazioni e sa comunicare con tutti. Tira fuori il meglio da noi.

Ti comporti come veterano in spogliatoio? Se sì, è difficile farlo?

Sono qui per fare il mio lavoro, non mi rivedo in determinate etichette. Cerco di essere un leader in vari modi, con la voce, osservando in silenzio o comportandomi da esempio. Mostro tutto ciò che posso come professionista, al netto dei miei 9 anni di carriera con altrettante partecipazioni ai Playoffs. Dalle cose positive a quelle negative, sono passato attraverso tutto.

Purtroppo ho anche perso tanto, contro tanti campioni, come Spurs o Warriors. Serve solo agire nel modo giusto, sempre con rispetto, dal mettere in ordine lo spogliatoio al farsi sentire in campo.

Di recente hai affittato due camion di cibo da regalare agli impiegati di Pelicans e Saints.

Ho sempre cercato di dare molto. Chi è dietro le quinte non si prende i meriti di cui ha bisogno, nonostante lavori molto. E poi, adoro mangiare in compagnia e dimostrare che i giocatori rispettano tutto lo staff. Mi sono impegnato per loro anche in Oregon, non lo faccio sotto i riflettori, né perché qualcuno scriva articoli su di me. Detesto l’idea di farlo apposta per questi scopi, questa è semplicemente una parte di me.

Cosa stai cercando di insegnare a Zion Williamson?

Cerco di aiutarlo quando me lo chiede, niente di forzato. Da compagno di squadra voglio solo raggiungere i nostri obiettivi e rispondere alle domande che ragazzi come lui potrebbero farmi. Lavora molto ed è un ragazzo intelligente, fa molte domande e ha voglia di imparare. Sarà facile, abbiamo già un buon rapporto.

Cosa pensi dell’impatto che tu e Green avete avuto su questa squadra?

Willie ha attraversato buoni e cattivi momenti, io sono arrivato più o meno al punto di svolta. Combattere con il Covid e con altri ostacoli è stato duro, ma lui ha guidato tutti verso la direzione giusta. Lui è la voce fuori dal campo, io quella dentro. Lui mi conosce bene, e sa che da allenatore può fare tanto. Ogni notte andiamo in guerra con lui e i ragazzi ne comprendono l’importanza.

Cosa ti ha sorpreso di più della città? 

Le persone sono simpatiche e gentili con me, dicono spesso che sono contenti del mio arrivo e di ciò che penso della città. Anche io sono genuino come loro, dico senza giri di parole ciò che non mi piace, sono sincero. New Orleans è stata una benedizione per la mia famiglia.

Sono felice anche perché siamo nella terra del football. Voglio andare a vedere una partita di LSU, e so quanto Drew Brees abbia impattato positivamente sulla comunità con i Saints. Anche io voglio lasciare una mia eredità qui.

Hai già pensato a un prolungamento del contratto [McCollum può firmare un triennale a partire dal 9 agosto]?

Non posso ancora dire nulla a riguardo, non abbiamo ancora parlato. Ma so che è qui che voglio terminare la mia carriera, l’ho detto a mia moglie e al mio agente.