30. Quelle scarpe

Febbraio 1989: Le Air Jordan non erano semplicemente le scarpe da avere. Erano anche la pubblicità da guardare e amare, ancora e ancora. Spike Lee trasformò il personaggio Mars Blackman del suo film Lola Darling (She’s gotta have it) in un tifoso in missione. E alla fine, sembrava quasi che fossero le scarpe a rendere Jordan un fuoriclasse.

29. Il “vecchio” continua a segnare

29 dicembre 2001: A meno di due mesi dal suo 39esimo compleanno, Jordan riportò indietro le lancette dell’orologio e diventò il giocatore più anziano a realizzare 50 punti in una partita. Segnò 24 punti nel primo quarto e finì con 51, segnando 21 tiri su 38, e aggiungendo 8 rimbalzi, 4 assist e 3 palle rubate. E certo, gli Wizards quella sera batterono gli Hornets.

28. L’infortunio al piede

29 ottobre 1985: Jordan si ruppe un osso del piede sinistro contro gli Warriors durante la terza partita della sua seconda stagione in NBA. A suo avviso lo staff tecnico e la proprietà lo tennero fuori dal campo più del necessario e, una volta ritornato, limitarono i suoi minuti per cercare di avere una buona scelta dalla Draft Lottery. Dopo una lunga a attesa, tornò in campo il 15 marzo 1986. “Non sarei più stato in grado di guardarmi allo specchio allo stesso modo, se Michael avesse aggravato l’infortunio anticipando il ritorno in campo”, disse Jerry Krause al Chicago Tribune nel 2012. “Quell’infortunio incrinò definitivamente il nostro rapporto”.

27. Povera Cleveland

17 maggio 1993: Questa volta il game-winner arrivò nel secondo turno di Playoffs e sancì una vittoria per 103-101 che pose fine alla stagione di Cleveland, invece che portare la serie sul 2-2 (al meglio delle cinque). Per i Cavaliers, un altro buzzer beater di Michael testimoniato da vittime…

26. Dove tutto ebbe inizio

26 ottobre 1984: La storia (e il boxscore) dice che 13.913 persone arrivarono allo Chicago Stadium per vedere Jordan fare il suo debutto in NBA. Fece il suo primo canestro appena fuori dall’area dei tre secondi al minuto 7:27 del primo quarto; alla fine, segnò 16 punti, tirando 5/16 dal campo, con 6 rimbalzi, 7 assist, 2 palle rubate, 5 stoppate e 5 palle perse. “Non ero nervoso”, disse poi al Tribune. “Più che altro, ero molto teso. Volevo fare bene per la squadra e per me stesso, quindi magari ho forzato un po’ le cose in qualche occasione”.

25. La stagione dei premi

1987/88: Jordan nel 1988 vinse il primo dei suoi cinque MVP della Regular Season, diventando anche l’unico giocatore a ottenere il titolo di miglior realizzatore e a essere nominato Defensive Player of the Year nella stessa annata. I numeri della straordinaria stagione di Jordan: 35 punti a partita, 5.9 assist, 3.2 palle rubate, tirando con il 53.5% dal campo.

24. Più che uno scorer

25 marzo 1989: Jordan diede la stoccata finale (4-0) a una serie contro i Seattle SuperSonics con una prestazione da vero “all-around”. Chiuse quella gara con 21 punti, 12 rimbalzi e 12 assist, rispondendo a chi lo criticava quell’anno dicendo che era solo un ottimo realizzatore, e che alla fine fosse meglio Magic Johnson. Jordan realizzò 11 triple-doppie in 14 partite, con una media di 32.6 punti, 10.3 rimbalzi e 11.9 assist nel corso della serie contro Seattle.

23. Niente da fare, Knicks

Giugno 1993: I Knicks guidavano le East Finals 2-0, con due vittorie ottenute sul campo di casa, e sembrava che avessero tutto per impedire la realizzazione del primo threepeat. Jordan, però, cambiò la direzione della serie con 54 punti in Gara 4 e poi una tripla-doppia (contro la miglior difesa dell’NBA) da 29 punti, 14 assist e 10 rimbalzi nella partita successiva. Per vincere quella partita, i Bulls stopparono Charles Smith per quattro volte (una di Jordan) nei secondi finali. Chicago chiuse poi la serie in Gara 6.

22. Killer instinct

1 giugno 1997: Jordan e i momenti decisivi andavano talmente d’accordo che potrebbe essere facile dimenticarne alcuni, durante una passeggiata sul viale dei ricordi. Ma non si può dimenticare il buzzer beater che decise Gara 1 delle NBA Finals 1997 contro i Jazz, dopo lo 0/2 in lunetta di Malone a 10″ dalla sirena. Memorabile.

21. Il Draft 1984

19 giugno 1984: Se non giochi a Chicago, non puoi portare i Bulls a vincere sei titoli. Rod Thorn, General Manager dei Bulls, scelse Jordan grazie a Clyde Drexler: la sua presenza a Portland spinse i Blazers a scegliere Sam Bowie, giocatore di stazza da Kentucky, dopo che i Rockets avevano preso Hakeem Olajuwon con la prima scelta. “Era evidente da subito che sarebbe diventato un giocatore speciale”, dichiarò Thorn al Tribune. “Ma non avrei mai pensato che sarebbe diventato così forte. Nessuno lo pensava”.

20. L’uomo dei sogni

1994: Inseguendo il sogno del compianto padre, che amava l’idea che suo figlio giocasse a baseball nella Major League, Jordan nel 1994 provò a intraprendere questa strada. Realizzò una media in battuta di 0,202 con tre fuoricampo, 51 RBI e 30 basi rubate in 127 partite nella Double-A Birmingham.

19. Discorso di introduzione nella Hall of Fame

11 settembre 2009: Jordan, a inizio giornata umile e riflessivo,  offrì uno squarcio sulla sua leggendaria competitività quando fece terra bruciata con il suo discorso quella sera a Springfield, Massachusetts. Un Jordan ironico e caustico non risparmiò nessuno, e gettò benzina sul fuoco andando ad elencare ogni affronto subito nella sua carriera, reale o meno che fosse. “Grazie per avermi dato quella motivazione di cui avevo disperatamente bisogno”, disse Jordan. “Ho sempre fatto tutto quello che dovevo per vincere”.

18. La svolta

27 maggio 1991: Le sconfitte nei Playoffs contro i Pistons nel 1988, 1989 e 1990; le “Jordan rules”; lo status della città di Chicago. Tutte queste cose finirono in secondo piano, quando Jordan realizzò 29 punti per concludere una serie di quattro partite in cui Chicago spazzò via Isiah Thomas e compagni nelle finali della Eastern Conference. I Detroit Pistons, campioni in carica per due volte di fila, uscirono dal campo senza stringere la mano ai giocatori di Chicago. Erano in arrivo le prime Finals e il primo titolo nella storia dei Bulls.

17. La dedica al padre

16 giugno 1996: In occasione della Festa del Papà, i Bulls batterono i Seattle SuperSonics in Gara 6 delle Finals 1996 e vinsero il loro quarto titolo, nonchè il primo dal ritorno di Jordan dal baseball. Sopraffatto dall’emozione per la ricorrenza legata al padre, Jordan al termine della partita crollò a terra, singhiozzando, sul campo dello United Center.

16. “Be Like Mike”

8 agosto 1991: Jordan, uno dei più influenti promotori e pionieri del marketing sportivo, fu il protagonista di molti spot memorabili. Questo però, che promuove Gatorade e ha uno dei jingle più orecchiabili di sempre, ha contribuito a rendere immortale la popolarità di His Airness, ai tempi reduce dal primo titolo con i Bulls.

15. Dream Team

Estate 1992: La migliore squadra di basket mai assemblata portò Jordan a conquistare la sua seconda medaglia d’oro olimpica a Barcellona, nel ’92. Tra un autografo e l’altro, segnò 22 punti (team-high) nella vittoria che consegnò a Team USA il primo gradino del podio, battendo la Croazia.

14. Vittoria storica

16 aprile 1996: Jordan non era abituato a concludere le stagioni con una sconfitta, cosa che accadde quando i Magic eliminarono i Bulls dai Playoffs del 1995, dopo il suo ritorno dall’esperimento con il baseball. Nella stagione successiva, i Bulls tornarono più affamati che mai e persero solo 10 volte, guadagnandosi l’allora record di vittorie (72-10) nella storia della lega. Il record è stato imbattuto fino al 2016, quando venne superato dai Golden State Warriors.

13. Double Nickel

28 marzo 1995: Appena alla sua quinta partita dopo il suo primo ritorno, Jordan realizzò 55 punti e l’assist a Bill Wennington che valse la vittoria contro i Knicks. Il pubblico incredulo del Madison Square Garden regalò a Michael una meritata standing ovation.

12. “I’m back”

18 marzo 1995: Il fax arrivò con giusto due parole: “I’m back”. E così terminò il primo ritiro di Jordan, insieme al suo sogno di giocare a baseball con i White Sox. Il giorno successivo, in maglia #45, Jordan segnò 19 punti in una partita persa ai supplementari. Ma per i tifosi di Chicago contava solo una cosa: Michael era tornato.

11. L’All-Star Game di Chicago

6-7 febbraio 1988: Jordan concluse uno dei più memorabili Slam Dunk Contest della storia, staccando dalla linea del tiro libero del Chicago Stadium per la schiacciata che gli permise di superare Dominique Wilkins. Il giorno successivo, Jordan si aggiudicò l’All-Star MVP segnando 40 punti, di cui 16 negli ultimi 6 minuti, e conducendo l’Est alla vittoria. Si sentiva in dovere di fare gli onori di casa, pare.