FOTO: NBA.com

Questo contenuto è tratto da un articolo di K.C. Johnson per Chicago Tribune, tradotto in italiano da Erika Annarumma per Around the Game.


Un’unica premessa per questa top-50: grazie per i ricordi, Michael.

50. Il numero “sbagliato”

14 febbraio 1990: Qualcuno rubò la maglia #23 di Jordan poco prima di una partita in trasferta contro i Magic. Il responsabile delle attrezzature John Ligmanowski ne fornì una senza nome sul retro, con il #12, che serviva per le emergenze e per i firmatari dei contratti di 10 giorni. Jordan segnò 49 punti in una partita persa ai minuti supplementari che passò alla storia per questa curiosità.

49. In onore dei vecchi tempi

8 marzo 1998: Per la sua ultima partita con i Bulls nel suo amato Madison Square Garden, Jordan indossò per la prima volta il modello originale delle Air Jordan, le famose scarpe in rosso sgargiante, bianco e nero del 1984. In quella partita segnò anche 42 punti, aggiungendo 8 rimbalzi, 6 assist e 3 palle rubate contro i Knicks nella vittoria dei Bulls.

48. “Lui è alto abbastanza?”

2 dicembre 1987: Jordan fece una schiacciata mentre era marcato da una guardia dei Jazz durante una partita a Salt Lake City. Il proprietario di Utah, Larry Miller, che sedeva a bordo campo, disse qualcosa a Jordan sulla stazza del suo avversario. Ops. Durante il possesso successivo, Jordan schiacciò su Mel Turpin, alto 2.11 metri, e chiese a Miller mentre gli correva davanti: “Lui è alto abbastanza?”.

47. Atlantic City

Maggio 1993: Jordan e le sue abitudini di gioco d’azzardo finirono sotto i riflettori per la seconda volta in un anno dopo che il New York Times riportò il fatto che si trovasse nel casinò di Atlantic City durante le prime ore del mattino nel giorno di Gara 2 delle Eastern Conference Finals contro i Knicks. Michael, che era stato ripreso dalla lega l’anno prima per avere contratto debiti a causa di partite a poker e golf con un pregiudicato, ammise di essere andato al casinò ma negò, con molta rabbia, di esserci rimasto fino a tardi. I Bulls persero quella partita, ma vinsero la serie 4-2.

46. La vendetta con coach Herring

Autunno 1978: Secondo una storia che si è rivelata falsa col tempo, Jordan non riuscì ad entrare nella squadra della sua scuola superiore durante il suo secondo anno, ma non venne tagliato; Clifton Herring, allenatore della squadra scolastica della Laney High School, aveva una politica per cui non accettava studenti del secondo anno (rinunciò a questa sua regola solo per un giocatore, per aggiungere stazza alla squadra). Memore di questo, Jordan volle sottolineare l’errore commesso dall’allenatore e lo invitò persino al suo discorso di accettazione per il suo ingresso nella Hall of Fame.

45. È (ri)tornato

25 settembre 2001: Venti mesi dopo essere diventato co-proprietario e President of Basketball Operations dei Wizards, Jordan annunciò che sarebbe tornato di nuovo a giocare. Per la seconda volta. In una stagione penalizzata da un infortunio, realizzò una media di 22.9 punti, 5.7 rimbalzi, 5.2 assist e 1.4 palle rubate in 60 partite: non così male per un giocatore reduce da due ritiri dal basket.

44. Il secondo ritiro

13 gennaio 1999: Rendendo ufficiale ciò che alcune persone già sapevano da mesi, Jordan si ritirò dai Bulls per la seconda volta. Con la fine del lockout e la partenza di coach Phil Jackson, Jerry Krause e Jerry Reinsdorf cominciarono a ricostruire la società nominando Tim Floyd allenatore. Jordan mantenne la sua promessa per cui non avrebbe giocato per nessun altro allenatore dei Bulls che non fosse Jackson.

43. La schiacciata su Ewing

30 aprile 1991: Jordan mise la sua firma sul primo turno di Playoffs 1991, in cui i Knicks vennero spazzati via, uscendo da un raddoppio e schiacciando su Patrick Ewing davanti al pubblico del Madison Square Garden. Jordan finì con 33 punti, 7 assist, 6 palle rubate e un highlight passato alla storia.

42. “No, no, no”

13 maggio 1997: A Dikembe Mutombo, big man degli Hawks, piaceva concludere le sue migliori azioni difensive con un “No, no, no” con il dito, per sottolineare le sue stoppate. Durante Gara 5 delle Conference Semifinals, Jordan tagliò verso la linea di fondo, ricevette il passaggio di Luc Longley e schiacciò sopra Mutombo. Quella volta, niente “No, no, no”. Anzi, alla fine dell’azione aggiunse il cenno con il dito lo fece proprio Michael, facendo sorridere anche Phil Jackson.

41. “Chi è libero?”

12 giugno 1991: In un timeout durante l’ultimo quarto di Gara 5 delle prime NBA Finals dei Bulls contro i Lakers, coach Phil Jackson sfidò Jordan. “Dovetti chiedere a Michael chi era l’uomo libero”, ricordò Jackson nel maggio del 2013. “Mi rispose: Paxson è libero”. Dopo quel momento Jordan passò spesso la palla a Paxson, il quale segnò cinque canestri nell’ultimo quarto e diede un contributo decisivo per raggiungere quella vittoria e il primo titolo. Si creò quel giorno per davvero il rapporto di fiducia tecnico tra Jordan e i compagni di squadra, il suo “supporting cast”.

40. Space Jam

15 novembre 1996: Jordan portò il suo talento sul grande schermo, recitando al fianco di Bugs Bunny in una commedia animata e in live-action che sfruttò la sua fama internazionale. Anche Bill Murray, attore locale e fan dei Bulls, recitò nel film. E, sì, Jordan portò la Tune Squad alla vittoria sui Monstars.

39. Home sweet home

9 settembre 1994: Jordan segnò 52 punti durante la partita di beneficenza “All-Star Classic” organizzata da Scottie Pippen a Chicago. Alla fine dell’incontro, si inginocchiò e baciò il logo dei Bulls al centro del campo.

38. È umano

2 giugno 1991: Jordan non riuscì a segnare tutti i tiri decisivi della sua carriera. Al Chicago Stadium, sbagliò un jumper dalla media dopo che la tripla di Sam Perkins aveva portato avanti i Lakers in Gara 1 delle prime NBA Finals dei Bulls. Jordan concluse la partita con 36 punti, 12 assist, 8 rimbalzi e 3 palle rubate, e con quell’errore che avrà ampiamente modo di riscattare nelle partite successive.

37. Mai una serata di riposo

30 novembre 1995: Con il nuovo arrivato Dennis Rodman che montava l’entusiasmo nell’aria, si pensava che la stagione dei Bulls potesse essere storica. Se avessero perso contro un “expansion team” al debutto, quindi, avrebbero fatto una brutta figura, dato che erano una  franchigia che puntava alle 70 vittorie. Così Jordan segnò 19 punti nei 6 minuti finali che portarono la squadra a battere i Grizzlies a Vancouver, in una prestazione spettacolare di cui gli ex compagni di squadra parlano ancora. In spogliatoio, dopo la partita, cantarono “Be Like Mike”.

36. Una tripla-doppia da Top 50

9 febbraio 1997: Glen Rice venne nominato MVP quella sera, ma Jordan realizzò la prima tripla-doppia nella storia dell’All-Star Game con 14 punti, 11 rimbalzi e 11 assist, contribuendo alla vittoria dell’Est a Cleveland. Durante la partita indossò sul braccio sinistro la fascia “Pip”, un omaggio a Scottie Pippen. Nell’intervallo, poi, vennero premiati i 50 più grandi giocatori della storia dell’NBA, tra cui ovviamente Jordan. Fu una serata densa di emozioni per Michael.

35. 30mila punti

4 gennaio 2002: Jordan diventò il quarto giocatore nella storia dell’NBA a segnare 30’000 punti in carriera, una cerchia ristretta che ora conta 7 giocatori. Jordan raggiunse questo traguardo con un tiro libero durante il secondo quarto di una partita che il caso voleva fosse proprio contro i Chicago Bulls.

34. Il primo oro olimpico

10 agosto 1984: Otto anni prima che il Dream Team incantasse il pubblico di tutto il mondo, Jordan si unì ai suoi futuri membri, ovvero Patrick Ewing, Chris Mullin, Sam Perkins e Steve Alford, per aggiudicarsi la medaglia d’oro alle Olimpiadi estive di Los Angeles. In finale, gli USA batterono per 96-65 la Spagna.

33. “Fatti trovare pronto”

13 giugno 1997: Tutti allo United Center si stavano preparando perché Jordan prendesse quell’ultimo tiro. In fin dei conti, aveva iniziato le Finals contro i Jazz con un game-winner in Gara 1. Invece, Jordan disse a Steve Kerr durante il timeout di farsi trovare pronto. Come previsto, venne raddoppiato dalla difesa dei Jazz e passò la palla a Kerr, che realizzò il jumper dalla lunetta che assicurò vittoria e titolo ai Bulls. Jordan chiuse con 39 punti, 11 rimbalzi e 4 assist, conquistando il quinto dei sei titoli di Finals MVP. Come era successo con Paxson, alla fine era stata la fiducia nei compagni a portarlo alla vittoria.

32. A te l’MVP, a me l’anello

16 giugno 1993: Jordan realizzò il suo massimo storico nelle NBA Finals con 55 punti in Gara 4 contro i Suns, aiutando i Bulls a riprendersi da una dolorosa sconfitta in casa dopo tre tempi supplementari in Gara 3. In quella memorabile battaglia con Charles Barkley, Jordan totalizzò una media di 41 punti, 8.5 rimbalzi e 6.3 assist nella serie. Sì, sentiva di avere un conto in sospeso.

31. Statuario

1 novembre 1994: Non succede spesso che la maglia di un giocatore venga ritirata e che gli venga fatta una statua… prima che la sua carriera sia giunta al termine. Ma Jordan non era un giocatore come gli altri. Era passato un anno dal suo primo ritiro e mancava ancora qualche mese al suo primo ritorno, quando la statua – nota come The Spirit – venisse costruita e installata di fronte allo United Center.