La decisione di Paolo Banchero riguardo a quale nazionale sposare è tornata a tenere banco negli scorsi giorni. Le parole di Gianni Petrucci riguardo il presunto, e certamente non confermato, desiderio del nativo di Seattle di “unirsi al Dream Team americano” hanno riaperto numerose discussioni sul tema. Discussioni che, se ci limitassimo solamente alle parole del diretto interessato, non avrebbero senso di esistere.

Non solo perché Banchero ha già posato con la maglietta della nazionale italiana in passato, ma anche per le ripetute parole d’amore che Paolo continua a riversare verso il nostro Paese. Le ultime qualche giorno fa, durante una puntata del podcast del compagno RJ Hampton: “Voglio giocare per l’Italia, ma non so ancora quando lo farò. Non sono ancora mai stato lì, ma la quantità d’amore che sto ricevendo è pazzesca. Incredibile. Non vedo l’ora di andare in Italia.”

Tralasciando l’aspetto puramente sportivo, che ha i suoi pro e contro (certezza di convocazione e ruolo di star, ma probabile assenza di risultati di squadra) e meriterebbe un suo spazio, vorrei soffermarmi su cosa convenga, da un punto di vista economico, al giocatore di Seattle.


Per affrontare questo discorso è pero necessario parlare anche di chi è e sarà Paolo a livello cestistico (a proposito, di questo abbiamo parlato in un accurato articolo apposito QUI), e partiamo da cosa è ora.

Banchero è la prima scelta assoluta e il candidato principale per il premio di Rookie of the Year, oltre che un ragazzo che già al liceo riceveva parecchie attenzioni mediatiche dai siti specializzati. Insomma, un profilo certamente interessante da un punto di vista commerciale, ma ovviamente non paragonabile a quello di altri giocatori già affermati. Allego a proposito il confronto di ricerche su Google con Jayson Tatum (non LeBron) per far capire quello che intendo. Banchero è quello azzurro.

È chiaro che per ottenere una consistente fama a livello mondiale essere uno dei migliori prospetti della lega non basta. A cosa può ambire, dunque, Paolo Banchero?

La scelta di Tatum non è a caso. Tatum è un top 10-15 della lega (a stare larghi), un All-NBA, e ha recentemente partecipato alle Olimpiadi di Tokyo. Questo è quello a cui può ambire, a mio avviso, Banchero. Un giocatore di assoluto livello, ma non un candidato per essere il miglior giocatore della lega. E questo è un punto fondamentale della discussione.

Non c’è dubbio che Tatum dai suoi sponsor – Jordan, Gatorade, Subway e 2K Games tra gli altri – porti a casa dei buoni soldi. Tra i 5 e i 10 milioni di dollari annui, secondo le stime attuali. Così come non c’è dubbio, però, sul fatto che questa sia una frazione di quanto percepiscono annualmente dalle sponsorizzazioni superstar mondiali come LeBron James (75 milioni), Kevin Durant (48) o Stephen Curry (45).

Il punto è che Tatum, a livello commerciale nazionale, è uno dei tanti nomi. E questo perché essere un nazionale statunitense non è il fattore che porta ad un cambiamento di status, specialmente se in nazionale non sei la punta di diamante.

Il mercato delle sponsorizzazioni è un mercato winner-take-all, dove la differenza tra i primi quattro e tutti gli altri è notevole:

  1. LeBron James – $75M
  2. Kevin Durant – $48M
  3. Stephen Curry – $45M
  4. Giannis Antetokounmpo – $44M
  5. Russell Westbrook – $25M
  6. Klay Thompson – $21M
  7. James Harden – $19M
  8. Damian Lillard – $17M
  9. Kyrie Irving – $11M
  10. Luka Doncic – $9M

Ricavarsi una nicchia, uno spazio in cui “dominare” commercialmente, risulta dunque fondamentale se non si rientra tra i suddetti quattro. Ecco, ricavarsi una nicchia è quello che Banchero riuscirebbe a fare se scegliesse invece la nazionale azzurra. Gli US sono pieni di multinazionali italiane che hanno ottenuto un significativo successo. Penso a brand nel settore del cibo come Barilla, o ai molteplici nomi della moda: Banchero potrebbe diventarne immediatamente un punto di riferimento. Un ragazzo di notevole successo Oltreoceano (ben più di altri italiani in NBA), che però è a tutti gli effetti italiano: un ottimo modo per promuovere l’italianità del brand.

Insomma, una serie di opportunità commerciali a cui probabilmente non avrebbe accesso, se scegliesse la nazionale statunitense. Per non parlare di tutte quelle aziende americane che promuovono prodotti italiani – mi viene in mente la già citata Subway, la quale usa come testimonial del suo ultimo panino “italiano” il quarterback dei San Francisco 49ers, Jimmy Garoppolo, che ha solamente lontanissime origini – o che addirittura operano nel nostro Paese, per cui vale lo stesso discorso di cui prima. Il tutto, ovviamente, senza rinunciare ai soliti sponsor, quelli citati per Tatum.

Più opportunità commerciali e in più Paesi, dunque. Siamo così sicuri che a Banchero convenga scegliere Team USA?