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Dopo il passaggio del testimone da Robert Sarver al nuovo owner Mat Ishbia, sono stati due mesi decisamente movimentati per i Phoenix Suns. La franchigia è stata l’indiscussa protagonista della trade deadline, a ridosso della quale hanno acquisito la stella dei Nets, Kevin Durant.

Dopo una tale partenza col botto, Ishbia ha rilasciato a Sports Illustrated una lunga intervista nei giorni scorsi, in cui ha ripercorso i suoi passi di avvicinamento all’acquisizione di una franchigia NBA, e quelli dei Suns che hanno preceduto lo scambio con Brooklyn per KD.


Di seguito ecco qualche estratto delle sue parole, partendo dal “sogno di diventare owner di una franchigia NBA”:

“Possedere una franchigia NBA è sempre stato un mio sogno, dal giorno uno in cui ho realizzato che non avrei mai giocato nella lega. Ma non è stato un obiettivo serio fino al 2015 o al 2016, quando ho pensato: ehi, stiamo facendo parecchi soldi qui, e io sono il CEO, magari un giorno… Ai tempi però avevo 35 anni, e non avrei mai immaginato sarebbe accaduto così presto, a 43 anni.”

“Il primo tentativo l’ho fatto con Detroit, la squadra della mia città natale. Quando nel 2011 la franchigia è passata a Tom Gores, speravo di poterci entrare come part-owner, non quindi come main owner o governor. Col passare del tempo, peró, imparando a conoscere questo mondo e vedendo che gli introiti continuavano a crescere, ho realizzato che forse avrei potuto comprare un team. E così ho iniziato a pensare: se non nella mia città natale, dove? Phoenix è stata un’opportunità pazzesca. I Suns sono tra le migliori organizzazioni, non pensavo che sarebbero diventati disponibili fino a poco tempo fa.”

La franchigia cambierà approccio sotto la sua guida?

“Come ho detto nella conferenza stampa di presentazione, faró sempre tutto il necessario per vincere. Voglio vincere ora, ma questo non significa che voglia sacrificare il futuro. Faremo tutte le cose giuste per avere una chance di vincere ora e per continuare nel tempo ad essere competitivi.”

E la prima di “tutte le cose giuste” si chiama KD:

“Kevin Durant è stata un’opportunità. Sapevo che avevamo delle chances e che James Jones stava lavorando da tempo per questo. In ogni caso, sapevamo di avere un’ottima squadra anche se non avessimo fatto questa trade.”

Di fronte a questa occasione, James Jones non ha dovuto “convincere” il nuovo owner:

“Non so cosa sia successo l’estate scorsa tra Nets e Suns, ma so come sono andate le conversazioni tra me e Joe Tsai, e tra James Jones e Sean Marks. Non sono serviti mesi, ma qualche giorno per chiudere l’accordo. Essendo cambiata la proprietà, poteva cambiare anche il nostro approccio, e infatti ho dovuto capire la luxury tax e come funziona; ma questo ha occupato una parte minima della conversazione, perchè la nostra volontà di procedere non era in discussione. Volevamo solo fare il necessario per poter essere una squadra ancora migliore.

Ishbia ha poi raccontato gli step che precedono una trade di queste dimensioni:

“La parte economica, come detto, non rappresentava un ostacoloe. La prima domanda che ci siamo posti è stata: Kevin ci puó rendere una squadra migliore? Ci può aiutare a competere per il titolo? Poi, abbiamo discusso della sua situazione contrattuale, non essendo un giocatore che prendi per 25 partite, ma per tre anni e mezzo. E ancora: abbiamo immaginato come potrebbe stare in campo al fianco di Paul, Booker, Ayton e tutti gli altri; ed eventualmente come avremmo potuto migliorare ulteriormente la squadra sul buyout market. Infine, abbiamo fatto una serie di valutazioni sulle scelte al Draft che stavamo cedendo. Abbiamo discusso di tutto questo per ore, ore e ore in una stanza, ascoltando il punto di vista di ognuno. Ovviamente, James Jones è stato un punto di riferimento in questo processo, conosce questa lega meglio di quanto potrò mai conoscerla io. Per questo, mi sono fidato di lui. La mia parte, quella economica, non rappresentava un problema.”

Poi, il proprietario ha parlato della sua ambiziosissima vision per il futuro dell’organizzazione:

“È stata una decisione presa all’unanimità, condivisa dalla proprietà, dallo staff e dai giocatori. Non è stata una scelta difficile, anche se non avremmo voluto sacrificare alcuni giocatori. Erano ragazzi che amavamo, con una grande etica del lavoro. Ma alla fine, la domanda era: come possiamo massimizzare le nostre chances di titolo nei prossimi tre/quattro anni? Questa è la nostra visione. Non tanto ‘dobbiamo vincere un titolo’, che ovviamente è il nostro primo obiettivo, ma piuttosto: vogliamo essere la miglior franchigia dell’NBA, cosa dobbiamo fare? Non si tratta solo di vincere il titolo quest’anno, ma anche di costruire una cultura vincente all’interno della squadra, un solido legame con i tifosi e con la comunità. Vogliamo fare grandi cose, vincere oggi e ancora nel 2027, nel 2029, nel 2031… vogliamo provare a vincere più volte. Non è semplice, anzi, ma è il nostro obiettivo.”

Infine, qualcosa che piacerà sentire ai tifosi:

Nel business, sono convinto che i soldi seguano il successo, non viceversa. Per questo, non sono preoccupato per ogni dollaro che spendiamo. Sono investimenti che torneranno, ne sono sicuro.”