I Nets ormai vantano una lunga storia di turbolenze interne, ben prima di Kyrie Irving e della giostra degli allenatori di cui sentiamo parlare in questi giorni.

Questo contenuto è tratto da un articolo di William C. Rhoden per Andscape, tradotto in italiano da Andrea Borgonovo per Around the Game.


Lo scorso aprile i Brooklyn Nets di Steve Nash sono stati eliminati al primo turno dei Playoffs dai Celtics, guidati da Ime Udoka, alla prima esperienza come capo allenatore. Sette mesi dopo, in un vortice di eventi che fanno girare la testa, Nash è stato sollevato dall’incarico di head coach e, cosa ancor più incredibile, secondo diverse fonti sarà proprio Udoka a sostituirlo. Ciò che fa girare la testa è che soltanto due mesi dopo aver condotto i Celtics alle NBA Finals, Udoka è stato improvvisamente e senza tanti complimenti sospeso a causa di una relazione inappropriata con un membro dello staff dell’organizzazione, ma questa è un’altra storia.


Il fatto che siano proprio i Nets a prendere in considerazione la candidatura di Udoka lascia sensazioni strane sulla gestione dei Nets. Viene da chiedersi perché una franchigia, già sotto l’occhio del ciclone, dovrebbe assumere un allenatore che è appena stato sospeso per una condotta del genere.

Se ciò non bastasse, poi, nell’ultima settimana a dare spettacolo a Brooklyn ci ha pensato Kyrie Irving, con un tweet a sostegno di un documentario di stampo antisemita e a favore di una teoria cospirativa guidata dal “Nuovo Ordine Mondiale”, assecondando così le idee del conduttore di “Infowars”, Alex Jones.

Jones non è nuovo alle cronache americane. Lo scorso agosto, infatti, una giuria texana ha assegnato 49 milioni di dollari ai genitori di una vittima della sparatoria di Sandy Hook, che hanno citato Jones per diffamazione. Jones ha sostenuto che la sparatoria che nel 2012 ha ucciso 20 bambini di prima elementare e sei educatori facesse parte di un complotto guidato dal governo per confiscare le armi da fuoco degli americani. Il 12 ottobre, poi, una giuria del Connecticut ha ordinato a Jones e alla sua società, la Free Speech Systems, di pagare 965 milioni di dollari di danni compensativi alle famiglie di otto vittime di Sandy Hook e a un agente dell’FBI che hanno subìto molestie e minacce a causa delle bugie di Jones sulla sparatoria nella scuola. Questa, in sintesi, una presentazione del personaggio che Irving ha scelto di sostenere.

Mercoledì scorso, Brooklyn e Kyrie hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui si diceva che il giocatore e l’organizzazione avrebbero donato 500.000 dollari ciascuno “a favore di cause e organizzazioni che lavoreranno per sradicare l’odio e l’intolleranza nelle nostre comunità“. Nello specifico, alla Anti-Defamation League A quanto pare, però, la donazione di Irving non è stata sufficiente, perché giovedì sera i Nets hanno annunciato la sua sospensione per almeno cinque partite senza stipendio, etichettando il suo “mancato disconoscimento dell’antisemitismo quando gli è stata data una chiara opportunità di farlo” come condotta dannosa per la squadra.

L’ad della Anti-Defamation League, Jonathan Greenblatt, ha twittato proprio giovedì sera che l’ADL non avrebbe potuto accettare la donazione di Irving. “Eravamo ottimisti, ma dopo aver assistito allo sfacelo della conferenza stampa, è chiaro che Kyrie non si sente responsabile delle sue azioni”, ha scritto Greenblatt. Quest’ultimo ha poi lodato i Nets per la loro azione, affermando come la sospensione di Irving sia stata più che meritata.

A questo punto, però, i Nets devono chiedersi se valga la pena di puntare davvero su Irving, considerando che questo è soltanto uno dei tanti suoi comportamenti fuori dagli schemi degli ultimi anni. La scorsa stagione Kyrie ha saltato quasi la metà delle partite perché non vaccinato contro il coronavirus, mentre in passato ha sostenuto pubblicamente teorie e personaggi controversi. Ora, sembra che potrebbe essere arrivato il momento, per i Nets, di prendere in considerazione una sorta di “esilio permanente”.

Le criticità legate a Kyrie sono soltanto la punta dell’iceberg di una franchigia che da decenni cerca di trovare il proprio equilibrio, senza esserci mai riuscita. Fondati come New Jersey Americans nel 1967, solo un anno dopo si trasferirono a Long Island, dove divennero i New York Nets e vinsero due titoli ABA. Poi, nel 1975, sono diventati universalmente riconosciuti grazie a Julius Erving, alias “Dr. J”. Nel 1976, i Nets e altre tre squadre dell’ABA furono introdotte nella NBA nell’ambito di una fusione. Il problema era che i Nets dovevano pagare una tassa di 4.8 milioni di dollari ai Knicks e trovarono quei soldi proprio cedendo Dr. J a Philadelphia. Da qui, l’inizio di quella che viene chiamata la “maledizione di Dr. J”.

La franchigia è stata tormentata da un passo falso dopo l’altro, separata soltanto da una parentesi in cui hanno raggiunto due volte le NBA Finals come New Jersey Nets. Nel 2013 poi, nello scambio che ha portato Kevin Garnett e Paul Pierce, i Nets si sono privati di molte scelte, che proprio i Celtics avrebbero poi sfruttato per arrivare a Jaylen Brown e Jayson Tatum.

Più recentemente, nel gennaio 2021, in un’enorme operazione a quattro squadre i Nets hanno acquisito James Harden, ma la permanenza del Barba nella Grande Mela è durata molto poco, fino alla sua fuga a Philadelpia alla scorsa trade deadline. A posteriori, di questa trade si può dire che i Nets abbiano scambiato un malcontento Harden con enorme un punto di domanda, Ben Simmons, che la scorsa stagione non ha mai giocato in maglia Nets.

Nonostante tutti questi problemi, i Nets hanno poi raggiunto la post-season, ma si sono schiantati in quattro gare contro i Celtics. Mai e poi mai Udoka avrebbe potuto pensare che soltanto cinque mesi dopo sarebbe rimasto senza lavoro e sarebbe stato vicino a sostituire Nash come allenatore dei Nets. Certo è, però, che per come si sono messe le cose, per Udoka i Nets potrebbero rappresentare un’ancora di salvezza in un certo senso, in una carriera che sembrava prendere una brutta piega.

Il primo a poterne essere felice potrebbe essere la stella dei Nets, Kevin Durant, che proprio la scorsa estate aveva chiesto di licenziare Nash e il general manager Sean Marks. Il suo desiderio ora è stato esaudito a metà.

Udoka a Brooklyn troverebbe non solo Durant, ma anche i casi spinosi di Simmons, in difficoltà a trovare un proprio posto in questa squadra, e Irving, un giocatore tanto talentuoso quanto problematico da gestire fuori dal campo. Di certo non si annoierà Ime da quelle parti.