Questo contenuto è tratto da un articolo di Gautam Varier per FadeawayWorld, tradotto in italiano da Marco Barone per Around the Game.


La carriera NBA di Glen Davis, che probabilmente ricorderete come “Big Baby”, è iniziata alla grande, vincendo il titolo con i Boston Celtics nel 2008 nella sua rookie season. Quella squadra era carica di talento e personalità forti, ma un giocatore (e uomo) si distingueva nel gruppo: Kevin Garnett.


KG era la forza trainante del collettivo, intimidatorio con gli avversari sul campo quanto lo era con i compagni dentro allo spogliatoio. Garnett tendeva a non alzare le mani, ma è stato uno dei massimi interpreti (di sempre) del trash talking. Sul campo, e non solo. Qualcosa che Davis ha sperimentato, suo malgrado, al primissimo incontro tra i due:

Nella mia prima partita 5-contro-5 in allenamento, marcavo KG e lui non smetteva di parlarmi. Poi, ho preso il mio primo tiro e l’ho segnato. Era il mio primo giorno, e mi sono detto, tra me e me: “Vai così”. Parlavo con me stesso, ma lui mi ha guardato e mi ha detto: “Brutto stronzo, con chi stai parlando?!”. Ho pensato che dovevo rispondere qualcosa, gli ho detto una cosa del tipo “Sto solo cercando di fare una buona impressione!”, con educazione. Lui mi guarda e mi dice: “Fottiti, tu e la tua buona impressione!”; io a quel punto non sapevo come, ma dovevo rispondere qualcosa. Ripeto: “Fottiti, tu e la tua buona impressione”, e lui si gira ancora verso di me e mi dice “Ok, va bene.”

Poi pensavo: dannazione, ho davvero risposto così a Kevin Garnett. Al mio primo giorno. Spero che lasci perdere la cosa, che non la tiri fuori al prossimo allenamento. Allora, ho provato a incontrarlo alla waffle station, che mi sembrava il posto più facile per parlarci. Quando mi ha visto, mentre stava preparando il suo waffle, mi ha guardato e non ha detto niente. E anche il giorno successivo non mi ha rivolto parola, ed era spaventoso, quindi ho pensato che dovessimo parlare. “Mi dispiace, ho esagerato ieri”, gli ho detto, scusandomi. E lui mi ha risposto: “Sai che c’è ragazzo? Mi piaci, sei bravo. Va tutto bene fratello.”

Da quel giorno, Glen Davis ha imparato che il problema con Garnett non era – e non sarebbe mai stato – l’eccesso di agonismo, il trash talking, le provocazioni. Semmai, il contrario