Le recenti vittorie manageriali mirano ad aprire un nuovo ciclo nella Baia.

FOTO: San Francisco Chronicle

I Golden State Warriors sono, ancora una volta, alle NBA Finals.

Se questi anni di assoluto dominio, quantomeno quando la squadra si sia trovata al completo, sembrerebbero aver raggiunto un grado di continuità difficilmente replicabile, a San Francisco si guarda già avanti. Il desiderio diffuso fra i membri della dirigenza sembra quello di voler estendere una legacy già entrata di diritto nell’Olimpo della storia NBA, con la sesta apparizione alle Finals dal 2014/15 e già 3 titoli raccolti.

Guardando alla costruzione attuale del roster, però, per estendere il periodo di permanenza ad alti livelli nella Lega sembra necessario un rinnovamento. I padri fondatori di questa legacy, quali Stephen Curry, Draymond Green e Klay Thompson, hanno tutti superato i 30 anni e, nonostante l’ancora innegabile valore del loro ruolo in campo, nei prossimi anni le loro carriere si avvieranno sul viale del tramonto.

Certo, si parla di un periodo che potrebbe richiedere ancora qualche stagione ma, visto il libro paga di Golden State, che vedrà per due anni consecutivi distribuire oltre $110 milioni fra tre giocatori potenzialmente in fase calante, non avere un piano B risulterebbe una mossa da sprovveduti in casa Warriors.

CurryKlayGreen
2022/23 $48.0M $40.6M $25.8M
2023/24 $51.9M $43.2M *$27.6M
2024/25 $55.8M //
2025/26 $59.6M //
*player option

A tal proposito, gli interrogativi sulla situazione di Andrew Wiggins, per citare un nome, sono stati già tanti e approfonditi accuratamente QUI, con la dirigenza degli Warriors che ha fatto intendere che non tutti i pezzi di questo roster verranno confermati.

Ecco che, andando a delineare il profilo salariale di Golden State, ponendo che Wiggins, rimanendo, non venga rinnovato a fine 2023 e che Draymond Green, ragionando per assurdo, declini la player option o non estenda dopo averla accettata, si può ben capire come questo ciclo affronterà un periodo di transizione importante fra 2023 e 2024, quando anche Klay sarà in scadenza.

La transizione potrebbe chiudersi in due modi:

  • con la totale fine del ciclo e la ricostruzione, smantellando “il vecchio mondo” e dedicandosi totalmente al rinnovamento
  • con un processo di ibridazione, che vedrà riconfermare (a cifre differenti) i tre vecchi Big integrandoli in un contesto più giovane e talentuoso

Questa seconda opzione garantirebbe senza dubbio maggiore stabilità, ma necessita di talento nel ricambio generazionale, questione a cui il CEO Joe Lacob e il General Manager Bob Myers si sono dedicati ampiamente negli scorsi anni.

Il nucleo di ricostruzione si baserà su Jordan Poole, Jonathan Kuminga e Moses Moody, tutte e tre scelte in sede di Draft, tutti e tre made in Warriors. Se sembra ancora presto per stabilire dove un nucleo con queste fondamenta possa arrivare, la certezza è che nella dirigenza si siano fatti bene i conti, mantenendo ben salda in mente la big picture a cui si desideri ambire.

Nella testa di Joe Lacob, l’idea è sempre stata – come lui stesso ha dichiarato Mercury News – quella di emulare il periodo d’oro dei Lakers di Jerry Buss, con 16 NBA Finals disputate in 33 anni. Per fare questo, scambiare Draft asset o giocatori futuribili per una stella non sarebbe stata la scelta giusta, dal momento che ne sarebbe stato esaltato solo il presente per breve tempo, non senza interrogativi, e si sarebbero sacrificati anni preziosi per una potenziale ricostruzione.

Così non è andata, ed ecco come sono arrivati alcuni membri del nuovo ciclo:

  • Jordan Poole: scelta numero 28, Draft 2019. Dopo un primo anno poco scintillante nel bel mezzo del nulla, senza Klay, Steph e in parte senza Green, Poole si è mosso nei primi due anni fra NBA e G League, dove ha giocato 14 partite totali. Nella seconda metà del 2020/21 ha iniziato ad emergere con continuità, fino a diventare fondamentale nella gare di Play-In e riconfermarsi in questa stagione.
  • James Wiseman: scelta numero 2, Draft 2020. Visto davvero poco (anche pre-NBA) per una serie di problemi fisici, sarà la vera incognita dei Golden State Warriors nei prossimi anni, data l’altezza a cui è stato scelto. I flash, soprattutto offensivi, sono interessanti, e si sono potuti intravedere anche al rientro in G League, ma la continuità a livello fisico sarà un fattore molto importante e delicato per il suo sviluppo.
  • Jonathan Kuminga: scelta numero 7, Draft 2021 (via Timberwolves). Forse il vero capolavoro (misto a fortuna) della gestione Myers, dato che questa scelta è stata acquisita dalla trade di D’Angelo Russell per Andrew Wiggins e, andando ancora più a ritroso, è un effetto collaterale dello scambio che ha portato Kevin Durant ai Brooklyn Nets. Col senno di poi, valutando il potenziale dimostrato da Kuminga e le complicazioni avute con KD, questa potrebbe rivelarsi un’ottima svolta per il futuro di Golden State – che ha beneficiato della fortuna in sede di lottery e della crescita dal 2020 dei T-Wolves, essendo la scelta, protetta top-3, caduta più in basso.
  • Moses Moody: scelta numero 14, Draft 2021. Per Moody, non tanto spazio quest’anno, ma molto interessante quello che si è visto, soprattutto in G League. L’impressione è che, già dalla prossima stagione, si possa compiere un ulteriore step in rotazione, completando uno sviluppo che possa portarlo ad essere un titolare di buon livello.

Detto ciò, l’importanza di questo ricambio sta nei tempi. Come detto, l’ibridazione che dovrebbe compiersi per aprire il nuovo ciclo dei Golden State Warriors è prevista fra 2023 e 2024. Se Poole dovesse venire esteso, come si prevede, questa estate, il suo nuovo contratto avrebbe una trigger date nel 2023, quando ci sarà l’ultimo anno di team option previsto dal contratto di James Wiseman e le opzioni di Kuminga e Moody. Per tutti e tre, il primo anno delle eventuali estensioni andrebbe a cadere all’altezza del 2024, se non dopo, quando la dirigenza avrà avuto già modo di negoziare al meglio i contratti in scadenza di Green e Thompson.

Se si riuscissero a conservare i veterani, stimando un rendimento nella media in base agli standard ed escludendo eventuali infortuni, a cifre più contenute, quello che ne potrebbe venire fuori sarebbe, ancora una volta, un contesto pur sempre nei pressi della luxury tax, ma ancora molto competitivo e, soprattutto, futuribile.

La legacy dei Golden State Warriors si è già consolidata ma, con le giuste mosse, potrebbe estendersi ancora a lungo.