Questo contenuto è tratto da un articolo di Mike Cortez per The Knicks Wall, tradotto in italiano da Francesco Paladino per Around the Game.
L’NBA è una lega in cui o ci si adatta, o si muore, e i New York Knicks negli anni sono morti più spesso di quanto si siano adattati. Quando tutti sono andati “small”, i Knicks sono andati lunghi; quando la lega è diventata veloce, i Knicks sono andati lenti; quando sono andati all-in su un free agent, spesso non avevano un vero piano di riserva.
Oggi, la squadra è ancora una volta a un bivio. Dopo l’offseason 2021 in cui sono stati rifirmati i pezzi principali del roster della scorsa stagione, in primis con l’estensione di Julius Randle, le aspettative erano piuttosto alte per New York. Una conferma tra le prime della Conference era ambizioso, per non dire altro, ma anche le più modeste aspettative di arrivare ai Playoff sono state deluse.
Randle non ha ripetuto la magia della scorsa stagione, non avvicinandosi più ai livelli da All-Star della scorsa stagione. Metteteci anche l’attrito con i tifosi, il coaching staff, il front office e i compagni… ed ecco che il futuro che Leon Rose e soci avevano immaginato la scorsa stagione non è più così tanto allettante.
Quel futuro vedeva Randle al centro della squadra, con Barrett al suo fianco e un core guidato da Rose alle sue spalle. Ora, onestamente, sarebbe difficile soltanto sopportare altre 82 partite con questo Randle in campo.
In tutto questo, però, c’è un aspetto positivo: Rowan Barrett Jr. La terza scelta assoluta del 2019 sta realizzando le speranze che la squadra e i tifosi avevano immaginato per lui.
Le prestazioni di Barrett negli ultimi mesi hanno catturato l’attenzione di tutta l’NBA (e messo in pausa per qualche settimana le battute sui Knicks). A soli 21 anni, RJ è maturato nel giocatore più importante della squadra, apparendo a suo agio nel sostenere la responsabilità di essere l’uomo-franchigia dei Knicks. I canti di “MVP” per Randle che echeggiavano così forte nel Madison Square Garden la scorsa stagione sono svaniti, al suo posto ci sono stati fragorosi cori “RJ Barrett! RJ Barett!”.
L’ascesa di Barrett potrebbe causare un effetto a catena sulle scelte dei prossimi mesi del front office. Il periodo in cui competere, infatti, non è così vicino come il front office può aver pensato quando ha offerto quel contratto ad Evan Fournier e firmato Kemba Walker. Non deve essere questa la priorità, adesso.
Qualunque mossa venga fatta quest’estate dovrebbe focalizzarsi sul tirare fuori il meglio da Barrett.
L’ambizione di Barrett di entrare tra i grandi era stata ben documentata quando il ragazzo è uscito da Duke. Fin dalla tenera età, Barrett e suo padre hanno stilato una lista di obiettivi che avrebbe dovuto raggiungere per diventare un giocatore di basket professionista (di alto livello), e il suo elenco à la Arya Stark ora ha molte spunte.
Avere Steve Nash come padrino è stata una buona base su cui costruire. Barrett, infatti, ha sperimentato il peso delle aspettative ben prima di indossare la maglia dei Knicks, diventando da giovanissimo il volto del Canada Basketball, di cui il padre di RJ tra l’altro è il general manager.
Da quando è arrivato a New York, l’etica del lavoro di Barrett è stata confermata dai suoi progressi in campo. Ogni anno, il suo output di punti a partita è aumentato da 14.3 come rookie, a 17.6 nel suo secondo anno, scollinando quest’anno quota 20,0.
Nel 2022, in particolare, Barrett ha avuto un periodo stellare, con un sample abbastanza grande da credere che la sua produzione come uomo-franchigia sia sostenibile. In 36 partite nel 2022, RJ è salito in cattedra come prima opzione offensiva, prendendo 19.8 tentativi a partita, producendo 24.0 punti con 41/36/72 come percentuali al tiro. Aveva avuto una sola partita da 30+ punti nella sua carriera, entrando in questa stagione; quest’anno ne ha messe a referto 11, di cui 9 nel 2022.
Ma il più grande miglioramento di Barrett quest’anno è stata la sua leadership in campo.
“Non mi piace il modo in cui ho iniziato la stagione”, ha detto Barrett a Clyde Frazier e Mike Breen dopo una prestazione impressionante contro i Bulls. “Non ero me stesso. Poi, parlando con la squadra e conoscendo i miei nuovi compagni, abbiamo cominciato a giocare meglio. É stato divertente e importante per me.”
Il resto della squadra si è unito intorno a lui lungo questa span di partite, adottando la sua mentalità e la sua etica del lavoro, in particolare gli altri giovani Knicks. E anche se le cose non sono andate bene per la maggior parte della stagione, con la squadra che ha fatto un passo indietro rispetto all’anno scorso, un motivo di soddisfazione c’è: i giovani dei Knicks si sono fatti notare.
Barrett, infatti, non è l’unico giovane Knick che ha mostrato una crescita interessante nella seconda metà della stagione.
Immanuel Quickley si è ripreso dal suo sophomore slump. Nelle sue ultime 17 partite, IQ ha (ri)guadagnato la fiducia di coach Thibodeau, tenendo una media 26.3 minuti a partita e mettendo su 15.3 punti con 45/40/88 al tiro. La prestazione, e in particolare il quarto periodo (20 punti e un’ottima difesa, guidando la squadra nella rimonta), di Quickley contro Miami è stata la prova inconfutabile che è pronto per una promozione.
Quickley non è l’unico degno di una promozione: i progressi di Obi Toppin sono stati altrettanto interessanti. Nonostante Obi abbia dovuto aspettare un po’ più a lungo rispetto alla maggior parte dei giocatori, ha sfruttato al meglio il suo aumento di minutaggio e si è messo in mostra durante le ultime settimane di Regular Season.
Toppin sta dimostrando di essere più di un clamoroso atleta. La sua difesa è migliorata, e il suo lavoro per migliorare nel tiro dal perimetro ha dato qualche frutto nelle sue ultime sei partite, in cui ha tirato con il 40.0% da tre su 2.9 tentativi a partita. Sostituendo Randle nel quintetto titolare contro gli Hornets, Toppin ha messo in mostra il potenziale che la squadra si augurava di vedere in lui quando lo ha selezionato al Draft, segnando 18 punti, con 11 rimbalzi e un career-high di 6 assist, e stando in campo quasi 40 minuti.
Anche i rookies Jericho Sims e Miles McBride hanno dato segnali interessanti. Sims si è trovato dentro la rotazione a causa dell’infortunio di Noel, e ha fatto vedere buone cose sotto ai tabelloni. Dovrebbe essere il backup center per la prossima stagione.
“Deuce” McBride è ancora in regime di spot-minutes, ma nel tempo limitato lui e IQ hanno costituito il miglior backcourt difensivo che i Knicks abbiano avuto in stagione. Le capacità difensive che McBride ha mostrato durante l’estate sono ancora lì. Se Thibodeau continuerà a fidarsi di lui, potebbe tranquillamente guadagnare più minuti.
Poi, naturalmente, c’è il giovane che forse ha sorpreso più di tutti: Quentin Grimes. Un ginocchio lussato ha rallentato il suo momentum, tuttavia Grimes dovrebbe avere più minuti nella rotazione della prossima stagione.
Grimes è un 3&D ideale da affiancare a Barrett. Non ha bisogno della palla in mano per essere efficace, con un rilascio veloce e senza alcuna carenza di fiducia nel suo jumper. E ciò che Grimes fa decisamente meglio di Fournier è la fase difensiva.
E di Randle, in tutto questo, che ne sarà? Resterà o se ne andrà?
Oltre ad aver deluso sul campo, il problema più grande di Randle è il suo atteggiamento. Ha avuto otto partite quest’anno in cui ha segnato in single digit, dopo che era successo solo una volta la scorsa stagione; il suo tiro da tre punti è crollato, scendendo al 30.8%, più in linea con la sua percentuale in carriera (prima del suo career-best 41.1% dalla scorsa stagione); in generale, il suo impatto è calato vistosamente. Il peccato più grande per i tifosi, però, non è stato il regresso delle statistiche, ma la distanza dall’ambiente e dai compagni di squadra.
Ci sono stati fin troppi casi in cui l’effort di Randle, soprattutto in fase difensiva, è stato giustamente messo in discussione; e altrettanti episodi di tensioni con altri membri (giocatori e non) dei Knicks. Il caso del finale di partita contro i Bulls, il pollice verso al pubblico, la lite con l’assistente di Thibodeau, quella con Fournier… Situazioni emblematiche dell’attuale rapporto di Randle con l’ambiente che lo circonda.
A prescindere da quale sia il motivo del malumore di Randle, non ci dovrebbe essere fretta di muoverlo. Se si presenta l’occasione dei sogni (cioè una trade per Donovan Mitchell o Zion Williamson), è un discorso; altrimenti, e se a Randle va bene essere il numero 2 di Barrett, ci potrebbe essere una seconda possibilità.
Nell’estate dei Knicks, la prima decisione da prenderà sarà sulla ri-firma di Mitchell Robinson. La chimica di Robinson con Barrett e il suo apporto in difesa dovrebbero essere abbastanza convincenti per il front office dei Knicks, anche se le incognite con Mitch riguardano principalmente la sua preoccupante storia di infortuni. Sarà Robinson, dunque, a spezzare la maledizione di Charlie Ward?
Un centro che non dovrebbe rimanere in squadra è Nerlens Noel. La firma di Noel è stato il più grande errore della scorsa estate, alla luce della sua stagione. Il centro è in scadenza la prossima stagione e New York in questa offseason dovrebbe semplicemente farlo partire, dare a Sims i suoi minuti e dimenticare che tutto questo sia mai successo.
I Knicks dovrebbero ripartire anche senza Alec Burks, il cui posto nelle rotazioni dovrebbe essere preso dai giovani di cui si è detto in precedenza e da Cam Reddish, che stava finalmente trovando spazio e ritmo prima che la sua stagione si interrompesse causa infortunio. La presenza di un giocatore come Burks, infatti, non è altro che d’intralcio per il minutaggio di Reddish, Grimes, Quickley e McBride, dato che la squadra non punta a competere nell’immediato e che, quindi, i minuti di un Burks 31enne sono tristemente inutili nel grande schema.
Una grande trade potrebbe ancora essere sul radar della squadra, ma l’obiettivo non sarebbe più accoppiare un grande nome con Randle come l’estate scorsa o cercare di scambiare le scelte al Draft per un giocatore; muoversi verso l’alto nel Draft 2022 può risultare più sensato per questi Knicks.
Infine, la squadra dovrà dare a Barrett i suoi meritati soldi. E metterlo al centro del progetto, facendo di questa stagione un punto di partenza e non un fallimento.