Nonostante le poche partite disputate, i Toronto Raptors sembrano pronti a scappare dal limbo che separa le squadre da Playoffs da quelle di bassa classifica

Siakam e Barnes alla guida dei Toronto Raptors
FOTO: LIBERTY BALLERS

L’Era di Darko Rajakovic sulla panchina dei Toronto Raptors è cominciata quest’estate con grandi aspettative, forse anche troppe per un allenatore alla prima esperienza chiamato a ribaltare completamente le sorti di una squadra che solo pochi anni fa era sul tetto della lega più seguita al mondo. Se c’è una cosa che Masai Ujiri non ha mai nascosto è il suo desiderio di tenere i Raptors sempre in linea con le grandi della NBA e la firma di Rajakovic doveva essere il primo segnale di rinascita.

Ecco, nonostante una preseason immacolata (4-0 secco sulle dirette avversarie) l’inizio di stagione dei canadesi non è troppo lontano da quanto visto nelle stagioni precedenti con Nick Nurse: ruolino di marcia che recita 2-3, con due delle tre sconfitte totalmente evitabili (contro Portland in particolare) e un’identità di gioco ancora tutta in divenire.

Ovviamente ci vorrà del tempo perché i giocatori abbraccino appieno la filosofia di gioco del nuovo coach, cosa che sembrano assolutamente ben disposti a fare, ma le mosse del front office dei Raptors sembrano ancora voler dare obiettivi che la squadra non sembra ancora pronta a rispettare. Al momento, almeno.


Come giocano i Toronto Raptors

Potrebbe essere più una domanda che un titolo e la risposta più precisa l’ha data Jakob Poeltl a Michael Grange di Sportsnet:

Proviamo ad applicare alla partita tutto quello che facciamo in allenamento. Tutti gli schemi, i tagli, i pick-and-roll. Ma volte entriamo in una modalità in cui – non credo che lo facciamo di proposito – sembra che tutti cerchino di far accadere qualcosa in modo quasi casuale. Non siamo sulla stessa lunghezza d’onda e poi ci limitiamo a dribblare in mezzo agli avversari, diamo palla fuori e anche il ricevitore successivo parte a palleggiare in isolamento. Non ne traiamo alcun vantaggio.

Una sintesi spietata e forse anche un po’ ingenerosa di quello che è l’attacco di Toronto al momento ma tutto sommato non lontana dalla verità. Numeri alla mano, i Raptors sono ventiquattresimi per punti realizzati, 105.6, ventunesimi per offensive rating, 106.3 e appena sopra la soglia di sopravvivenza per net rating. Troppo spesso in situazioni di difficoltà si sono visti i leader della squadra tentare di trovare la soluzione individuale invece di attenersi al piano partita con esiti inevitabilmente negativi.

Pascal Siakam in particolar modo sembra ancora dover trovare la sua dimensione all’interno del sistema. I suoi tentativi a partita sono scesi da 18.5 a 14.8 con il 44% di FG%: insomma, al momento tira meno e tira peggio. Discorso diametralmente opposto per Scottie Barnes che al momento è a tutti gli effetti il perno della squadra: 20.8 punti, 10 rimbalzi e 5.4 assist a partita con il 51% dal campo e il 42% dall’arco, tutti career high.

Va detto però che, nonostante le difficoltà nel trovare la quadra iniziale, se i Toronto Raptors giocano di squadra applicando effettivamente quanto predicato da Poeltl e dal coach i risultati si vedono eccome. Esempio lampante è la vittoria tutt’altro che casuale contro i Milwaukee Bucks.

La “0.5 Offence” come l’ha definita lo stesso Rajakovic richiede decisioni veloci, movimenti rapidi e costanti e tanti, tanti passaggi. L’extra pass è sempre stato un problema per i vecchi Raptors ma quest’anno sembra invece essere la chiave di volta su cui costruire l’attacco (quando funziona).

Il gioco in post, troppo spesso usato per gli isolamenti di Siakam o Anunoby lo scorso anno, sta diventando sempre più un modo per aprire spazi per tutti e creare così triple libere o penetrazioni più facili per giocatori come Schröder, Barnes o il neo arrivato Gradey Dick. Quest’ultimo in particolare sembra essere effettivamente il balsamo per uno dei principali problemi che hanno caratterizzato i Raptors nelle ultime stagioni, la mancanza di tiratori: dopo le prime partite in cui è stato tenuto in panchina per quasi tutto il tempo di gioco, Dick si sta ritagliando sempre più spazio fornendo a Rajakovic soluzioni dal perimetro (ne tenta almeno quattro a partita).

La precisione è ancora un fattore su cui lavorare ma il prodotto dei Kansas Jayhawks ha dimostrato di essere perfettamente in grado di muoversi negli spazi anche senza palla per mettersi nelle condizioni di creare il tiro migliore, cosa non da poco alla prima stagione in NBA e in un sistema ancora in costruzione come quello dei Raptors. E, cosa non da poco, “Ha il fegato di prendersi quei tiri“, come ha sottolineato il suo allenatore.

In tutto questo non si può non parlare dell’inserimento di Dennis Schröder: l’MVP della World Cup è arrivato in estate per sostituire Fred Vanvleet, compito non affatto facile ma che al momento sembra riuscirgli abbastanza bene. Al di là delle statistiche, comunque incoraggianti, il playmaker tedesco sembra aver portato una ventata di aria fresca all’attacco dei Raptors.

I suoi 16.2 punti e 9.2 assist sono abbastanza in linea con la stat line della point guard ora in forza ai Rockets ma le percentuali, la distribuzione della palla e la scelta di tiro non potrebbero essere più diverse: con il 44% dal campo e un solidissimo 50% da tre, The Menace si sta al momento dimostrando un tiratore migliore e più efficiente visto anche che questi risultati arrivano tirando tre volte in meno a partita rispetto a FVV.

Il fatto di non monopolizzare la palla ad ogni possesso cercando soluzioni troppo complicate ha messo Schröder nelle grazie dell’allenatore e dei compagni, mostrando non solo le sue qualità da realizzatore evidenziate in nazionale ma anche quelle di giocatore a tutto tondo, perfetto per i giochi in pick-and-roll con Poeltl.

I punti di forza

Se l’attacco richiede ancora una messa a punto, la difesa sembra essere quella abbastanza rodata di sempre. Toronto è settima per Defensive Rating (105.1 punti concessi a partita), seconda per oppFG% (avversari tenuti al 41% al tiro), primi per oppFGM (le squadre che arrivano alla Scotiabank Arena tirano “solo” 37.4 volte a partita). Lo scorso anno erano tra le ultime squadre in quasi tutte le categorie difensive.

OG Anunoby è fresco di nomina nell All-Defensive Team ed è stato leader nelle palle rubate la scorsa stagione, Scottie Barnes è in grado di difendere su praticamente ogni ruolo e anche i nuovi innesti sembrano aver fatto proprie le idee del nuovo coach, basate su scelte semplici ma giudiziose.

Va detto che al momento non sono ancora state affrontate esattamente squadre temibili, eccezion fatta per i Sixers e i Bucks nonostante le evidenti difficoltà di quest’ultimi, e sarà interessante vedere l’evoluzione di questi principi difensivi anche contro squadre più blasonate e talentuose.

Un altro punto di forza, non del tutto indifferente, è il morale della squadra: nonostante un inizio stentato non c’è nessuno all’interno della squadra, da Ujiri all’ultimo dei magazzinieri, che non sia ottimista verso il futuro. L’arrivo di Rajakovic ha dato nuova linfa e fiducia a tanti giocatori che con Nick Nurse l’avevano persa e nonostante l’inesperienza il neo allenatore è stato in grado di portare subito dalla sua i veterani e le stelle della squadra.

Vero che Siakam tira meno ma è sempre molto coinvolto nel movimento palla e Barnes sembra aver abbracciato il ruolo di point forward con molto più entusiasmo di quanto non ne sia trasparso l’anno scorso. La situazione sembra quindi positiva per i canadesi che non devono però cadere nel tranello della superbia degli altri anni: i Playoffs non sono un diritto come sono stati quasi portati a credere negli anni passati ma sono un processo di conquista di ottantadue partite.

C’è ancora tanto da lavorare in attacco per radicare i concetti ma complessivamente, nonostante qualche difficoltà, i Toronto Raptors non sembrano lo stesso modello visto in precedenza. Forse la tanto sperata fuga dal limbo per Masai Ujiri sta finalmente arrivando. Con buona pace e tanta pazienza, s’intende.