Chet Holmgrem è stato scelto solamente un anno fa con la seconda scelta assoluta nel Draft del 2022, dagli Oklahoma City Thunder. Un grave infortunio nella pre-season lo ha costretto ai box per tutto l’anno, rimandando così il suo esordio in NBA, se non per un breve (troppo breve) cameo durante la Summer League del 2022. Ora sembra però arrivato il momento di ritornare, anzi di debuttare per davvero. Infatti Sam Presti, GM dei Thunder, rispondendo a una domanda in un’intervista dopo il Draft 2023 ha recentemente dichiarato:
“È la nostra speranza e la nostra aspettativa che Chet possa giocare. Sta andando alla grande, ha avuto un’ottima offseason. Sembra stare davvero bene, siamo contenti per lui. Ma non credo che ci sia nessuno più eccitato di lui.”
La conferma è arrivata poi dai profili ufficiali dei Thunder: Holmgren è pronto a tornare in campo, dopo l’inserimento nel roster ufficiale della Summer League che prende avvio questa notte a Utah. Questo articolo si propone quindi di rinfrescarvi la memoria sulle vicende di Chet, caduto un po’ nel dimenticatoio durante il suo percorso riabilitativo, provando a fare una previsione su quello che potrebbe aggiungere ad Oklahoma City e alla lega in generale. Insomma, di mostrare il giocatore e il talento unico che è – e che, pensandoci bene, per certi versi ricorda un altro giovane in rampa di lancio, ma che in questo momento è invece sulla bocca di tutti. Naturalmente, ‘if you don’t live under a rock’, potete ben immaginare che si stia parlando di Victor Wembanyama, di cui mi auguro abbiate già sentito parlare (eventualmente, fatevi un giro QUI).
The elefant in the room: infortunio e dubbi fisici
Partiamo con ordine: dopo una sontuosa stagione a Gonzaga, Chet si guadagna la scelta numero 2, i cui diritti spettano ad Oklahoma City. L’interessante prospetto viene accolto nell’entusiasmo generale dei tifosi, per unirsi a un core di giovani promettenti già ampio, ma decisamente scarno nel reparto lunghi. Le belle speranze sono confermate nella Summer League del 2022, in cui il ragazzo americano mostra i primi lampi ed assaggi del suo talento. Gioca 5 partite in totale, facendo registrare 14 punti di media, 8.4 rimbalzi, 2.8 assist ma soprattutto 2 rubate e quasi 3 stoppate per gara. Tuttavia il suo percorso estivo non si ferma qui: con il via libera della franchigia decide di partecipare alla ‘Crawsover Pro-AM League’. Come si può intuire dal gioco di parole nel nome, questa lega è un evento organizzato dall’ex-6th Man Of The Year Jamal Crawford, che prevede partite di esibizione in cui hanno partecipato giocatori professionisti e atleti NBA. Tra questi hanno figurato anche Isaiah Thomas, Dejounte Murray, Paolo Banchero, fresco di prima scelta, ma il vero special guest non poteva che essere il ‘Re’, LeBron James. Proprio nella partita contro la superstar dei Lakers è avvenuto il patatatrack, lo sfortunato infortunio di Holmgren. Nel tentativo di difendere un layup di LeBron il giovane ha compiuto un movimento innaturale, che ha avuto come esito la frattura del piede con interesse dei legamenti.
Un incidente serio e definito dai medici particolare e assolutamente situazionale, che ha però aperto tutta una serie di speculazioni e critiche sull’impianto fisico del ragazzo. Basta dare un’occhiata a Chet, 216 cm per soli 88 kg, per comprendere i principali dubbi sulla tenuta di un corpo e una figura esile contro i più pronti e pesanti atleti NBA. L’infortunio non ha fatto altro che acuire queste domande, preoccupando tifosi e appassionati, ma soprattutto permettendo ai più scettici e ai principali media americani un pessimismo a mio avviso ingiustificato. La tenuta fisica e atletica è stata in realtà uno dei punti di forza della sua carriera collegiale, saltando pochissime partite e mostrando di essere quasi sempre ‘available’: il precedente e solo infortunio serio risale all’età di 11 anni, rottura del polso sinistro.
Certo è che non si può, d’altro canto, non definirlo quantomeno ‘skinny’, il frame è minuto ma a mio modo di vedere non è una una condanna. Dovrà sicuramente lavorare per aumentare il suo tono muscolare – ricordate Giannis o KD al proprio ingresso nella lega? Intanto sono arrivate buone notizie in questo senso: OKC ha fatto sapere che, in questo anno di inattività, Chet è passato da un peso di 195 pounds a 208, con un incremento di circa 6 kg (da 88 a 94 kg). Per coloro che sono più ardui da convincere, allego alcuni fatti ed esempi a sostegno della tesi. Nella scorsa estate, Holmgren ha partecipato a Los Angeles ad alcuni ‘pickup games’ con alcune tra le migliori stelle NBA senza di certo sfigurare. Lo abbiamo visto andare ‘bucket for bucket’ proprio con KD, difendere su Tatum, convertire i lob di Trae Young, ma soprattutto difendere e attaccare fisicamente l’attuale MVP, Joel Embiid. Partite estive, con intensità quasi nulla controbatteranno, ma eccoli serviti. Se avete anche solo un minimo famigliarità con la scorsa stagione del rookie dei Pistons, Jalen Duren, imponente fisicamente e a tratti infermabile sotto i tabelloni NBA, osservatelo in questa clip faticare contro Chet al college.
Il percorso riabilitativo
“I just wanted to hoop.” Così spiega e intitola questo video, nel quale Chet Holmgren ripercorre la sua estate, dalla gioia del Draft alla precisa descrizione del fortuito infortunio. 11 minuti che consiglio di ascoltare, per entrare un po’ nella mentalità e nei pensieri di un ragazzo che ama il suo sport e voleva cogliere l’occasione di confrontarsi con star come LBJ. Ne emerge un ritratto pacato, lucido e maturo di un giovane che non rimugina sugli errori e riporta il focus sul basket: noi seguiamo le sue parole, ‘You know, go to work’.
Ed è ciò che è accaduto durante questa stagione, in cui Holmgren ha compiuto il suo percorso con un costante e silenzioso lavoro. Solo qualche sporadico video di aggiornamento, in piscina o una routine in palestra, ma per lo più lontano dai riflettori. La riabilitazione è proceduta in maniera spedita e senza intoppi, tanto che già verso marzo di quest’anno sono comparsi i primi video di workout in palestra con il pallone, allenando un po’ di tiro, corsa e movimenti. Sono state inevitabili le ipotesi speculative sopra un suo sorprendente e precoce ritorno in campo, dopo che a inizio anno era stato dichiarato ‘out for the season’. La voce si è sparsa, alimentando la speranza dei tifosi, vista anche l’inaspettata competitività del roster in corsa per il Play-In e in lotta per un posto ai Playoffs. Non c’è stata nessuna sorpresa, la franchigia dei Thunder ha mantenuto la sua linea guida in maniera molto saggia (a mio avviso): estrema cautela e nessuna fretta, per permettere al giocatore un recupero completo e anche prepararlo al meglio in vista di questa stagione.
D’altronde, non mancano gli esempi di rookie che hanno avuto destini simili, l’infortunio di Chet non è un unicum. Blake Griffin ha vinto il premio di ‘Rookie Of The Year’ nel 2010/11 dopo aver saltato l’integrità della stagione 2009 per un problema al ginocchio. Fioccano le somiglianze pure nel Process targato Philadelphia: Ben Simmons, Joel Embiid e Markelle Fultz hanno avuto problemi fisici all’inizio della loro carriera per cui sono rimasti lontano dal parquet per stagioni complete, ma che non hanno impedito loro di avere contributi positivi una volta debuttato. Si potrebbe obiettare che questi 4 giocatori siano stati tormentati in maniera diversa dai precedenti infortuni, ma rimangono atleti di livello molto alto. Ci sono casi anche completamente positivi: Udonis Haslem ha sofferto lo stesso infortunio di Chet al primo anno (Lisfranc Injury) ma, nonostante ciò, ha completato quest’anno una lunga e florida carriera durata più di 20 stagioni. Con la speranza che l’incidente rimanga isolato, visto che non si tratta di un problema patologico o pregresso, concentriamoci ora sull’impatto che potrebbe avere Chet Holmgrem ad OKC e nella lega fin dalla sua prima allacciata di scarpe.
The player: la scheda tecnica
Chi è Chet Holmgren giocatore, cosa aspettarsi da lui a livello di impatto nella NBA? Innanzitutto stiamo parlando di una seconda scelta assoluta, in un Draft in cui la chiamata numero uno è stata in bilico fino a poche ore dall’inizio dell’evento, che ha poi visto Paolo Banchero diventare un membro degli Orlando Magic. Lo sviluppo dei prospetti non è chiaramente una scienza esatta, ma se avete in mente la produzione dell’italo-americano, miglior rookie della stagione, capite bene l’hype per il ritorno dell’ex giocatore dei Gonzaga Bulldogs. È utile perciò fare una breve descrizione delle sue caratteristiche tecniche sui due lati del campo, provando ad immaginare come il suo skillset e la sua personalità possa contribuire ai nuovi Oklahoma City Thunder. Prima che cominci ad annoiarvi, rifatevi gli occhi.
- Difesa
Innanzitutto deve essere chiaro che stiamo parlando di uno dei migliori prospetti difensivi nella storia entrando nel Draft dello scorso anno. Questo è stato il suo più grande punto di forza, motivo principale che gli è valso una scelta molto alta. Il valore difensivo, tra l’altro, è una delle caratteristiche che si trasla meglio nel passaggio dal college alla NBA: se domini in NCAA probabilmente lo farai anche tra ‘i grandi’, citofonare ad Anthony Davis e all’attuale DPOY Jaren Jackson Jr (a cui Chet è stato paragonato su questo lato del campo). I mezzi fisici sono spaventosi, alto 2,16 cm ma soprattutto ha una wingspan (apertura di braccia) di quasi 2,30 m. Insomma è tanto lungo che sembra non finisca mai e questo aiuta, auguri a segnare quando c’è lui a contestare.
A questo aggiunge un’ottima velocità di movimento e fluidità inspiegabili per la sua stazza, che gli permettono di essere un difensore assolutamente versatile e switchabile, spesso in grado di tener testa lateralmente anche a guardie più rapide. Tuttavia ciò che lo ha separato da tanti altri giovani atleti fenomenali è la maturità eccezionale con cui si approccia in questo fondamentale. Pochissimi prospetti nella storia hanno la sua capacità di comprendere gli attacchi, di anticipare set, scelte e azioni e di conseguenza reagire col tempismo perfetto per eseguire la giocata giusta o decisiva. Non è un caso abbia girato a quasi 4 stoppate e una rubata di media a Gonzaga, mentre abbiamo già ricordato le cifre della Summer League. Numeri di per sé impressionanti, ma è un impatto che non può essere soltanto quantificato, è un deterrente con cui l’attacco deve fare i conti, costretto a soluzioni complicate e poco confortevoli, solitamente avendo la peggio. Può giocare tanti tipi di coverage sul pick&roll, adattandosi a tanti tipi di difesa diversi. L’unico aspetto da monitorare è la tenuta contro centri molto più piazzati e pesanti di lui.
- Attacco
L’apporto offensivo è ciò che gli ha permesso a tutti gli effetti di venir definito ‘un unicorno’. Per prima cosa ha una capacità di convertire al ferro incredibile, grazie a una combinazione unica di lunghezza e tocco; al college ha chiuso con uno storico 80% (80/100) nei set a metà campo. Ciò lo rende un rollante di élite, con buona agilità, footwork e mani morbide per ricevere come target e lob threat. Altro aspetto fondamentale del suo gioco è il tiro da tre punti, sia in pull-up che catch&shoot: quasi il 40% con i Bulldogs, poi confermato in Summer League, che lo proietterebbe in compagnia dei migliori lunghi tiratori della lega come Towns e Porzingis.
Il lato intrigante è che il suo skillset offensivo è ampissimo, ma ancora con tanto upside e possibilità di sviluppo. Palleggia divinamente per uno di oltre 7 piedi, può portare su il pallone da fondo campo, o andare in coast-to-coast in transizione con la consueta fluidità di cui si parlava prima. A Gonzaga è stato un po’ limitato come creatore per sé e per gli altri, ma ha comunque mostrato flash interessantissimi da passatore e decisore, riesplosi poi in Summer League. In un contesto atipico come quello dei Thunder, questi aspetti possono essere sfruttati e fatti emergere: lì risiede gran parte del potenziale offensivo inesplorato, servendosene in veste di hub offensivo, cioè portatore di palla e bloccante ibrido, in maniera simile a lunghi moderni come Jokic, Sabonis o Sengun (con le debite e ovvie proporzioni).
- Impatto totale: a projection
Lo skillset di Chet è il fit perfetto, il 5 ideale, il ‘match made in heaven’ di tutto quello che serve ai Thunder. Porta shooting, size e versatilità: le prime due erano grandi lacune del roster dell’anno scorso, mentre la terza è il requisito di base su cui coach Daigneault ha costruito il suo sistema. Confermando le sue percentuali sarebbe già in top 3 tiratori della squadra, nell’NBA moderna il solo Isaiah Joe non può bastare come sniper per aprire il campo. Il quintetto titolare più utilizzato da OKC lo scorso anno prevedeva 4 guardie (Shai, Giddey, Dort, JDub) di grossa taglia per il ruolo, ma pur sempre guardie, più un centro undersized, Jayilin Williams. L’effort e l’atletismo non sempre sono bastati, spesso i Thunder han pagato i mismatch sotto il ferro. Holmgren aggiunge rim protection e rim pressure, oltre che presenza a rimbalzo. Infine si inserisce perfettamente negli schemi difensivi che prevedono aggressività, numerosi cambi e continui scramble, allo stesso tempo risultando l’ennesimo giocatore ibrido e versatile tuttofare offensivo.
Proprio dal punto di vista culturale e dei principi della franchigia dell’Oklahoma sarà di certo un altro pilastro su cui costruire presente e futuro, un probabile beniamino dei tifosi. Viene descritto come un lavoratore assiduo e silenzioso, un altro giovane in rampa di lancio, un agonista fiero e tough, che non si tira indietro di fronte alle sfide. Compagni e staff non vedono l’ora di riabbracciarlo e stanotte è giunto il momento, col debutto in Summer League 2023 a Utah. L’uomo franchigia, Shai Gilgeous-Alexander, ha detto di lui:
“Il ragazzo vuole diventare davvero forte. È la cosa più importante, vuole mostrare al mondo chi è, il fuoco che ha dentro e lo spinge è impressionante per uno della sua età. Credo che per questo diventerà un grande giocatore.”
Infine volevo riportare le parole di Patrick Beverley nel suo podcast personale, che sono utili a introdurci al nostro ultimo argomento. In un discorso ipotetico, per decidere intorno a chi avrebbe preferito costruire la sua franchigia tra Chet e Victor Wembanyama, il veterano NBA ha così argomentato:
“Ho chiesto a un po’ di persone nella lega di Chet e la loro risposta è stata questa: ‘Hey Pat, il ragazzo sarà molto forte’. Non per la sua altezza o le sue abilità, ma per la sua mentalità e l’atteggiamento. Hanno detto che non si tira mai indietro, non ha paura di nulla, è mentalmente duro e pronto e questo ti fa rimanere in NBA, non basta il talento.”
I due unicorni
Breve disclaimer: a differenza di Beverley, non mi interessa fare un confronto o un paragone tra Chet e Wemby, ipotizzare chi sarà più forte, chi lo è ora, chi vincerà di più o chi è più alto tra i due (Victor, comunque). Penso sia un esercizio poco interessante, a mio avviso anche poco produttivo. Mi limiterò ad accostarli tenendo ben presente quanto siano due giocatori incredibilmente peculiari, assimilabili per certe caratteristiche, molto diversi a tratti. Di certo le circostanze li hanno portati a debuttare in NBA contemporaneamente, destinati a portare una ventata di novità nel campionato.
Di Chet si è già ampiamente discusso, mentre credo che Victor Wembanyama non abbia bisogno di troppe presentazioni. Se avete seguito il basket americano da appassionati, saprete che negli ultimi mesi non si è parlato d’altro. Il giovane prodigio francese è stato meritatamente scelto dai San Antonio Spurs con la scelta numero uno del Draft 2023. Alcuni esperti lo hanno definito addirittura ‘il miglior prospetto di sempre’, etichetta di certo non leggera pensando all’hype che ha accompagnato ai tempi l’ingresso nella lega di un certo LeBron James. Interessante che Jonathan Givony, esperto di draft per ESPN, solo un anno fa scriveva che l’aggettivo ‘unico’ sia spesso abusato in sede Draft, ma che non si era mai visto un giovane simile a Chet Holmgren. A un solo anno di distanza ci ritroviamo a fare lo stesso identico discorso per Victor in maniera molto più amplificata e forse esagerata.
Lo spunto della riflessione è partito da un tweet di Sam Vecenie, altro esperto di Draft per The Atlethic, che ha paragonato i due giovani come fenomeni dal punto di vista difensivo, pronti a cambiare le narrative e impressionare su quel lato del campo, uno con la sua innata maturità e l’altro con leve mai viste proprio da un punto di vista meccanico/geometrico.
Due giocatori incredibilmente agili per l’altezza, con quelle braccia e gambe pressocché infinite, che sembrano poter arrivare dappertutto. Un palleggio, delle ‘handles’ che sono poco comprensibili per i fisici di cui sono dotati, che certe ali o guardie invidierebbero. Un potenziale offensivo da far rabbrividire gli avversari, a cui è un bel grattacapo porre un limite onesto. Tuttavia quello che più conta, a mio avviso, sembra essere la testa di questi due ragazzi. L’amore per la pallacanestro li accomuna, il lavoro costante e la continua ricerca del miglioramento li proietta tra i professionisti. Della mentalità di Chet ho già accennato, per capire come Victor sia guidato dallo stesso fuoco, dalla stessa voglia di emergere e di competere, consiglio vivamente di ascoltare la sua intervista nel podcast con JJ Redick (The Old Man and The Three): ne emerge un ritratto di un giovane semplice e deciso, con una consapevolezza quasi disarmante (la trovate QUI).
Per concludere, siamo di fronte a due veri predestinati, con ambizioni di grandezza, non può che essere altrimenti. Sono due giovani che il filo del destino ha legato inconsciamente, con lo sfortunato infortunio di Chet. Quegl’infortuni che poi, in fondo, sembrano essere la sola zona d’ombra, l’unico ostacolo e dubbio che si frappone tra quei due corpi tanto particolari e il successo. Il loro talento li ha portati a questo appuntamento con due parabole e percorsi antitetici: Victor Wembanyama con tutta l’anticipazione, la curiosità e anche la pressione del mondo; Chet Holmgren invece in punta di piedi, un po’ dimenticato ma determinato a reclamare le stesse attenzioni. Si è creata quasi una dicotomia in modo naturale, due storie da scrivere intrecciandosi, a partire da due individualità di innovatori. I due si sono già incontrati in una partita delle nazionali giovanili tra USA e Francia, in cui hanno mostrato tutto il loro arsenale potenziale e sono finiti entrambi nel miglior quintetto della competizione (Coppa del Mondo U19, Latvia 2021). Ora sono di nuovo pronti a competere, questa volta su un parquet NBA.
Non mi è difficile immaginare una corsa a due per il premio di ‘Rookie of the year’ nella prossima stagione, e i bookmakers in linea di massima sembrano essere d’accordo con me. Senza dimenticarsi della mina vagante Scoot Hederson, ma l’addio probabile di Lillard da Portland lo penalizza in questo senso. Wemby parte favorito, ma occhio che è difficile prospettare una stagione vincente per degli Spurs che sono ancora un po’ incompleti. Se Chet dovesse effettivamente essere l’ultimo tassello che, col suo apporto individuale, spingerebbe i giovani Thunder a tornare ai Playoffs, si potrebbe quantomeno aprire una discussione. Le vittorie sono un criterio importante nella narrativa intorno ai premi individuali in NBA. Non possiamo che augurarci che sia Chet Holmgren che Victor Wembanyama possano collezionarne tante di queste vittorie: le loro carriere, storie e i loro profili possono dare tanto a noi appassionati. A iniziare da adesso, sono motivo di intrigo ed interesse per la prossima stagione e per la Summer League che inizia in questi giorni. E onestamente non vedo l’ora.