FOTO: Sports Illustrated

Questo contenuto è tratto da un articolo di John Voita per Bright Side Of The Sun, tradotto in italiano da Mattia Tiezzi per Around the Game.


Il ritmo della batteria inizia, costante e ipnotico, come un battito cardiaco che dà il tono. Segue una linea di basso profonda e risonante, che si muove nell’aria con un’attrazione magnetica. Poi, il delicato pizzicare delle corde della chitarra si unisce al mix, tessendo una melodia che sembra un invito sussurrato a un incontro segreto. La musica si gonfia e alla fine le voci entrano in scena, morbide e soavi, come una brezza che porta con sé una storia che solo lei conosce.


Hello, there. The angel from my nightmare / The shadow in the background of the morgue / The unsuspecting victim of darkness in the Valley

The Valley, hai detto? Perché è lì che giocano i Phoenix Suns.

We can live like Jack and Sally if we want / Where you can always find me / And we’ll have Halloween on Christmas / And in the night, we’ll wish this never ends / We’ll wish this never ends

I miss you, I miss you…

Il messaggio cantato da Mark Hoppus dei Blink-182 nel 2003 è stato recepito dai Suns 2024 e dalla loro nostalgia per Kevin Durant. Manca, c’è bisogno di lui. C’è un’oscurità nella Valley in questo momento, mentre la squadra sembra completamente persa in sua assenza. Fermo per uno stiramento al polpaccio, Durant ha già saltato sette partite in questa stagione, eguagliando il totale di quelle che ha perso in tutto l’anno scorso. Senza di lui, i Suns si sentono senza timone, alla deriva in un mare aperto senza un chiaro percorso da seguire. Quel senso, quello scopo non tornerà finché non lo farà lui. Oh, aspetta, arriva Tom DeLonge…

Where are you?! And I’m so sorry! / I cannot sleep, I cannot dream tonight / I need somebody and always / This sick, strange darkness comes creeping on, so haunting every time.

Questo “spettro ossessionante” è il pensiero di cosa diventerà questa squadra senza Kevin Durant. Si aggira nel subconscio di Phoenix ogni volta che scende in campo senza di lui. E quell’oscurità? È la paura strisciante che, senza KD, questa stagione possa trasformarsi in un altro capitolo della storia della squadra definito da dolore, frustrazione e sogni non realizzati. Sono 7 le partite senza Durant, ed ecco 7 cose che mancano ai Suns del vederlo in campo.

1. Vincere

Sì, sapete, quella cosa che la squadra ha iniziato a fare in questa stagione. Phoenix ha iniziato con un record di 8-1 con Durant in quintetto, e anche se le partite erano spesso combattute, i Suns avevano il miglior closer. Uno dei migliori della lega. Le squadre avversarie non potevano permettersi di raddoppiare Devin Booker, sapendo che Durant era lì accanto a lui, il che ha reso la squadra ancora più pericolosa. “Penso che Book fosse proprio accanto a me in ala”, ha detto KD dopo aver realizzato il tiro vincente contro i Philadelphia 76ers. “Quel taglio dall’ala mi ha permesso di avere un po’ di spazio, in modo che non potessero aiutarmi e aiutarmi nella corsia di tiro. È una cosa che sottolineiamo ogni giorno con le spaziature ed è stata una buona giocata per noi”.

Phoenix ha avuto una delle migliori partenze nella storia della franchigia. Anche se non sembravano esattamente inarrestabili, stavano gettando le basi per quella che poteva essere una stagione storica. Al primo anno sotto la guida dell’allenatore Mike Budenholzer e del suo attacco da tre punti, la squadra era ancora in fase di adattamento. Ma stava trovando il modo di vincere. E la chiave di tutto? Kevin Durant. Perché è stato determinante, perché ha guidato i Suns con 35 punti nel clutch time, un totale che si colloca ancora al sesto posto nella NBA in questa stagione nonostante il tempo perso. È stato straordinariamente efficiente, tirando con il 63.2% dal campo in quei momenti cruciali. Ma soprattutto? I Suns hanno ottenuto un perfetto 7-0 in quelle partite. A proposito di clutch…

2. Essere in partite clutch

Da quando KD è entrato “in terapia intensiva”, la squadra non ha mai vinto una partita “clutch”. Anzi, a malapena ne ha giocata una! I Phoenix Suns sono 0-2 nelle partite clutch dal 9 novembre. Alcuni tifosi erano inquieti, sottolineando che la squadra, pur essendo 8-1, non stava esattamente dominando gli avversari. Sette di queste otto vittorie sono state decise in momenti cruciali, lasciando i critici a sostenere che affidarsi a margini così ristretti non è una formula sostenibile per il successo nella faticosa stagione NBA. Adesso questo clutch time quasi manca. Questa squadra non è stata competitiva da quando Durant è fuori. Parte costantemente scarica, viene superata nel primo quarto e si ritrova a lottare disperatamente per recuperare, ma non riesce a farlo. I numeri raccontano questa storia: solo due partite in clutch time nelle ultime sette, durante le quali il record è di 1-6, e un differenziale di -25 punti nel primo quarto, peggiore della lega in questo periodo. I Suns si stanno cacciando in meandri da cui non riescono a uscire.

3. Difesa

Non si può pensare a Kevin Durant come a un difensore d’élite, ma la sua presenza ha garantito la coesione difensiva di una squadra che non verrà ricordata negli annali per quanto concerne quella zona del campo. È un difensore lungo che occupa spazio e può impedire i tiri, e si può affermare che sia il miglior difensore dei Suns nel complesso. Prima dell’infortunio di Durant, i Phoenix Suns erano al decimo posto nella NBA con un rating difensivo di 110.9, all’undicesimo posto nel plus/minus con +30 e al tredicesimo posto per quanto riguarda i punti subiti dagli avversari a partita, concedendo solo 111.3 punti. Nelle sette partite successive? Il calo è stato impressionante. Sono crollati al 28° posto nel defensive rating con 121.1, 10,2 punti in meno. Il plus/minus è crollato a -69, anch’esso al 28° posto, e gli avversari segnano 118.9 punti a partita, con un preoccupante aumento di 7.6 punti. Questo declino non è dovuto solo all’assenza di Durant. Anche Bradley Beal, il cui impegno difensivo e la cui grinta sono stati preziosi in questa stagione, è ai box. Anche Jusuf Nurkic ha perso partite. Nel complesso, però, i Suns sono stati nettamente peggiori dal punto di vista difensivo senza Durant ad ancorare il quintetto. Se i Suns, che hanno a roster ali difensive efficaci, potessero impegnarsi di più in difesa, trasformerebbero il loro gioco. Una difesa dirompente spesso porta a opportunità offensive più facili da sfruttare, creando un flusso naturale che dà energia all’intera squadra e tiene tutti impegnati.

4. Isolamento

Per tutti coloro che si sono lamentati che Kevin Durant era così pesantemente in iso nelle ultime partite da essere inguardabile, la domanda è: questa versione dei Suns non è forse più inguardabile? L’affinità di Durant per l’isolamento alla fine delle partite non è unica. Avete mai guardato la fine di un’altra partita di basket? Cioè, mai? Tutte le squadre fanno la stessa cosa: mettono la palla nelle mani della loro superstar, si tolgono di mezzo e la lasciano giocare.

Spesso si insiste sul fatto che la squadra dovrebbe mantenere lo stile di gioco che l’ha portata fino a questo punto, sia che si tratti di tiri da tre punti o di movimenti di palla che portano al tiro da tre punti. Ma questo ritmo viene interrotto, perché semplicemente non è il modo in cui si gioca in questo momento. Vedere Durant in modalità isolamento evidenzia il secondo punto: è un segno che i Suns sono in partite clutch, dove KD ha l’opportunità di prendere il controllo e portare Phoenix alla vittoria. Senza di lui, però, i Suns non si sono trovati in quelle situazioni cruciali di fine partita.

5. Tiro da tre punti

Che fine ha fatto il tiro da tre punti dei Suns? Con Durant in squadra, la squadra era al settimo posto nella lega, con una percentuale di conversione del 38.3%. Senza di lui? Sono scesi al 18° posto, con una percentuale di tiro di appena il 34.6%. Parte del motivo è che KD è un ottimo tiratore da tre punti. Perdere uno che tirava con il 42.9% dal perimetro fa male. Si tratta della migliore percentuale di tutti i titolari dei Suns, e solo Josh Okogie – proprio così… Josh Okogie – ha una percentuale più alta in squadra, con il 50%. Certo, Durant ha tirato 24 su 56 mentre Okogie ha tirato 9 su 18, ma comunque, tanto di cappello, JO. Comunque sì, perdere una minaccia da tre punti fa male alla percentuale di tiro da tre punti, notiziona, ma è anche la gravity che Durant esercita sui difensori che manca ai Suns. Senza di lui, i difensori non devono prestare la stessa attenzione a Royce O’Neale, Ryan Dunn o Mason Plumlee – dopo l’infortunio di Durant hanno tutti iniziato a giocare da quattro – come farebbero con KD. Con una minore attenzione difensiva, le opportunità di tiro da tre si riducono, il che significa meno possibilità di capitalizzarle. Tuttavia, bisogna segnalare che, da quando KD è assente, la squadra ha avuto il quarto maggior numero di tentativi di tiro da tre punti smarcati dell’NBA, 24.7 a partita. E ha realizzato il 37.6% di questi tiri, classificandosi al 18° posto. Forse si è trattato di una tempesta di merda perfetta per Phoenix, che si è trovata senza il suo miglior tiratore da tre punti e con i giocatori a cui è stato chiesto di fare un passo avanti diventati freddi come il ghiaccio.

6. Personalità in campo

Dal punto di vista del linguaggio del corpo, quello dei Suns in questo momento non è esattamente promettente. Le spalle sono cadenti, la frustrazione è dipinta sui loro volti, si alzano gli occhi dopo aver sbagliato un tiro da tre e non si torna in difesa. Quando KD era in campo, la squadra aveva grinta, personalità e una certa atmosfera. Durant dispensava “too small” a piacimento e i cinque battuti tra i giocatori non erano di circostanza.

Vincere genera un’energia contagiosa che eleva l’intera squadra, creando un’atmosfera di fiducia e slancio. Senza Durant, però, i Suns hanno perso questa scintilla. La squadra sembra piatta e il suo atteggiamento in campo è passato dal dinamismo alla frustrazione. Il ritmo che un tempo li animava sembra fuori sincrono, con i giocatori che sembrano cercare una direzione. È come se il cuore della squadra fosse stato temporaneamente scollegato, lasciando un vuoto che la solita scintilla di successo era solita riempire.

7. Quel jumper

Kevin Durant possiede uno dei jumper esteticamente più belli che il gioco abbia mai visto. È un’abilità che viene data per scontata ogni sera, apprezzandola di sfuggita ma senza mai riconoscerne appieno la genialità. Ma quando manca, l’assenza è lampante. Il modo in cui scivola verso i suoi punti preferiti (che sono innumerevoli sul parquet), si alza per raggiungere l’apice del suo salto e rilascia con quella fluidità senza sforzo? È arte pura. È una masterclass di scienza e meccanica. Probabilmente è anche un po’ di psicologia e di studi sociali, perché la sua sola presenza in campo cambia le dinamiche. È uno spettacolo che manca, quella possibilità di vedere quello splendido jumper alzarsi quando Phoenix si trova in un momento difficile. In quei momenti in cui la squadra ha un disperato bisogno di un tiro per fermare una run avversaria, Kevin Durant è lì, con calma, a prendere il controllo e a realizzare. Oh, ehi, è di nuovo la voce lamentosa di Tom DeLonge…

Will you come home and stop this pain tonight? Stop this pain tonight!

C’è speranza. Durant dovrebbe fare il suo ritorno nella formazione dei Phoenix Suns e tutte le cose che sono mancate dalla sua partenza saranno di nuovo in mostra. Il freddo del volante ti stringe la mano, il cielo grigio-blu sopra di te riflette l’atmosfera cupa, e mentre gli accordi malinconici dei Blink-182 riempiono l’auto, non puoi fare a meno di renderti conto di quanto i loro testi catturino perfettamente la sensazione di vedere la tua squadra di basket preferita lottare. E il giocatore che vorresti poter vedere illuminare di nuovo il campo.