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“Piove, il gatto è morto, la fidanzata mi ha lasciato e io tengo ai Clippers.” – chissà se Federico Buffa avrà ripensato a questo haiku vedendosi rimontare quel +31 toccato nel primo tempo, fino a rischiare di perderla a pochi minuti dalla fine. Il tentativo di autosabotaggio sembrava destinato a inserirsi in una serie di congiunzioni astrali clamorosa: già nella Bubble 2020, i Dallas Mavericks li avevano ripresi da uno svantaggio di 21 punti toccato nel primo tempo, chiudendola con il clamoroso e (dall’altro lato) traumatico buzzer beater di Luka Doncic fuori equilibrio: era Gara 4; inoltre, nell’aprile 2019, proprio i Clippers hanno messo in atto la più ampia rimonta nella storia dei Playoffs contro i Golden State Warriors di Kevin Durant, dopo aver toccato il -31 all’altezza del terzo quarto: toh! Lo stesso vantaggio avuto sui texani nel primo tempo della Gara 4 di ieri. Insomma, sembrava che l’ennesimo capitolo di storia dalla parte sbagliata, in pieno stile Clippers, fosse pronto a essere scritto. Per fortuna dei losangelini (e dello storico commentatore), però, da quest’anno c’è James Harden. Il quarto periodo del Barba passerà agli annali come uno dei più clutch e – ne parleremo dopo – facili della sua carriera ai Playoffs, ma sarebbe riduttivo limitarsi a questo. Ci sono troppe storie che ci hanno permesso di entrare nell’etere della pallacanestro nell’assurdo finale di Gara 4 vissuto ieri sera, passanti anche e soprattutto per Kyrie Irving e Paul George, autori di prestazioni straordinarie e protagonisti assoluti fino all’istante della sirena. In un finale che si è fatto punto a punto, ne è uscita una delle partite più intense, entusiasmanti, sorprendenti e drammatiche che si potessero chiedere, capace di far gridare come di lasciare senza parole qualunque spettatore. Ci sono 3 giocate in particolare che non si possono evitare, di quelle che diventano instant classic e ti fanno innamorare di questo gioco, le quali meritano un approfondimento a parte.

1. Kyrie Irving, senza parole

Potremmo parlare per ore della Gara 4 di Irving. Primo quarto di ferie, come tutta Dallas, e poi un secondo quarto perfetto (letteralmente) da 16 punti e 3 assist, tirando 5 su 5 dal campo e 3 su 3 da tre punti, rianimando il pubblico di casa con un paio di triple in back-to-back valide per un -22 al sapore di sorpasso. Che stesse succedendo qualcosa di grande, enorme, gigantesco era nell’aria, ma nessuna sensazione ci avrebbe potuto preparare al capolavoro al quale abbiamo assistito nel corso del quarto periodo, arrivato in un momento (ancora una volta) ideale secondo gli astri cestistici – valido per il +1 dei Mavs a 2 minuti e spiccioli dalla fine, primo sorpasso dall’8-7 iniziale. Non ci sono parole per descriverlo in tutta la sua essenza, si può solo ammirare.

KI ha chiuso con una prestazione mostruosa da 40 punti tirando 14/25 e con 6 triple a segno su 12 tentate, ma i freddi numeri passano in secondo piano di fronte a questo canestro in mezzo a 3 maglie bianche. L’aiuto dei Clippers è stato anche buono, sia George che Harden hanno deciso bene quando staccarsi dal proprio uomo per andare a soccorrere il povero Mann, che nulla avrebbe potuto sin da principio. Il problema è che Irving ha cambiato direzione in aria – qui direte: “e fin lì…” – solo che lo ha fatto per 3 o 4 volte. Si parla di uno che va verso sinistra provando a chiudere dalla parte opposta, per poi cercare di nuovo luce sul lato della caduta e, in fase discendente, alzare la parabola di nuovo a destra, sulla mano forte. Good defense, better offense sarebbe riduttivo da recitare, si tratta di una soluzione di tocco e coordinazione fuori da ogni logica, inarrestabile. “Meraviglioso, bello, bello, intanto come abbiamo fatto a perdere?” – eh, di là non è che proprio siano stati da meno. E comunque, a tutti gli ipotetici Aldo, imparate a godere della bellezza di questo mondo.

2. Paul George se l’è legata al dito

Mi sa proprio che PG13 si è presentato molto carico dopo la scena, diventata un meme, di un PJ Washington in Gara 3 che ignora Terance Mann, in una situazione che è costata un doppio tecnico – e più tardi l’espulsione per il giocatore dei Mavs, che ha provocato anche Russell Westbrook, a sua volta allontanato. Le scaramucce hanno portato a una reazione immediata sul parquet, dove George ha messo a referto 26 punti lampo nel solo primo tempo, tirando 9/14 dal campo con 6 triple segnate – e tanto di posa à-la-Washington in faccia al diretto interessato e al pubblico di casa.

Poi è arrivato il secondo tempo, in cui l’ex Thunder ha segnato i suoi primi due punti a 30 secondi dalla sirena del terzo quarto, nonostante 12 minuti filati in campo. Un layup molto complesso sopra le braccia estese di Lively, pesante, ma nulla di paragonabile a quanto visto a 2 minuti dalla fine del quarto periodo, nel possesso successivo al capolavoro di Irving. In uscita dal timeout, era prevista una ricezione su un set elaborato: palla in ala a Harden, cross-screen nel pitturato di PG13 per il post-up di Zubac a fare da esca, lungo di Dallas lontano dal ferro e quindi passaggio dentro sul taglio a canestro dello stesso George in posizione profonda. Purtroppo (poi per fortuna) per i Clippers, la palla è scivolata dalle mani della propria stella, che l’ha tenuta in campo miracolosamente senza uscire, per poi mettersi a lavoro contro la difesa competente di Derrick Jones Jr. Una giocata tutta sul limite, prima sfiorando le linee di fondo, poi restando millimetricamente all’interno dell’incrocio con quelle laterali. Uno step-back atterrando a due piedi dopo il passo di allontanamento che prevede un senso dello spazio non indifferente – e forse una concessione su una potenziale violazione di passi, ma non stiamo a indagare troppo su un movimento ormai assimilato dalla NBA contemporanea. Se questa era la semplice risposta a Irving, vi stupirete di ciò che l’ha decisa.

3. Il floater di James Harden. Poi un altro, un altro, un altro e un altro ancora

Con la gentile collaborazione della (non) difesa dei Dallas Mavericks, James Harden è riuscito a fare il buono e cattivo tempo: 13 punti nel clutch time, 5 su 6 al tiro e, come vi sarà parso, TUTTI floater. Avete letto bene. Uno dei tiri che il Barba ha più perfezionato nel corso degli anni, utilissimo in situazioni di isolamento e sul pick&roll, soprattutto per prendere in controtempo gli aiuti avversari al ferro, ha regalato la vittoria ai Clippers. E per Harden è stato tutto relativamente facile. I Mavs non hanno un difensore PoA affidabile che sia uno, Luka Doncic è stato bruciato in un paio di occasioni senza che alcun aiuto arrivasse – al massimo quello di Kleber, in ritardo e non sufficientemente convinto da disturbare uno specialista come l’ex Sixers – e lo stesso è stato per PJ Washington, lasciato solo sull’isola fino a prendersi in faccia il dagger in una situazione vista e rivista.

Non si tratta tanto di avere un rim protector di ruolo al posto di Kleber, per Dallas, ma di prendere scelte adatte al contesto. Per l’amor del cielo, Mann ha tirato bene da tre punti (3 su 6), ma ruotare dal lato debole per togliere il lob su Zubac e costringere al kick in angolo potrebbe, restando sulla coverage tradizionale, una soluzione migliore di concedere il floater smarcato a Harden. Così come esistono blitz, stunt dal lato forte (il minimo se il marcatore è Doncic) o aiuti più aggressivi a centro area, magari con un ibrido fra zona e difesa a uomo. Certo che poi il difensore va battuto e certi tiri bisogna segnarli, come nelle clip di seguito:

  1. si vede appunto lo stunt di Washington, e il Barba è costretto a inventarsi il canestro più bello fra quelli degli ultimi minuti, incrociando il passo dopo la raccolta per creare separazione e tirare sopra Doncic
  2. situazione standard vista anche sopra, dove Kleber è in ritardo e viene punito – se la scelta è quella di far ruotare Washington su Zubac, il tedesco può salire più alto e l’ex Hornets prendere posizione già da prima, lasciando Derrick Jones Jr. “fra i pali” (angolo e ala)
  3. non si vede, ma Doncic è talmente sfinito che manda Kleber “davanti” sul perimetro andando a zonarsi fra ferro e angolo. Peccato che a questo punti al Barba basti un piccolo hesi, decelerando e accelerando, per lasciare il tedesco sul posto, trovando Luka tutt’altro che pronto a disturbarne la penetrazione. Il floater sopra l’aiuto di Washington è morbido e richiede un tocco sopra la media, ma per un attaccante della classe di Harden è come bersi un bicchiere d’acqua

Se negli altri 2 casi è stata la tecnica alla base dei canestri a farci alzare i decibel svegliando l’intera palazzina, stavolta è stato un mix fra mancato aggiustamento difensivo e quantità di canestri in fila dello stesso giocatore, con la stessa modalità. I minuti finali hanno girato attorno al floater di James Harden, il tiro che più di tutti ha stimolato le nostre corde vocali, per una ragione o per l’altra. Almeno per un giorno: magari piove, il gatto è morto, la fidanzata vi ha lasciato ma potete dire di tenere ai Clippers.