
Questo contenuto è tratto da un articolo di Jesse Washington per Andscape, tradotto in italiano da Davide Corna per Around the Game.
Draymond Green, benvenuto nella Hall of Fame del Trash Talk.
L’ala dei Golden State Warriors era considerato uno dei migliori trash talker della Lega già prima che le sue offese verbali a LeBron James (allora a Cleveland) cambiassero il corso delle Finali nel giugno 2016. Dopo che James parlò pubblicamente della mancanza di rispetto di Green (il che, secondo alcuni, ruppe una regola non scritta, del non parlare alla stampa di questi aspetti), Green fu sospeso per Gara 5. James e Kyrie Irving dominarono la partita alla Oracle Arena, portando a un’inaspettata Gara 6 a Cleveland.
Alterando il corso di una serie di NBA Finals con alcune parole scelte con cura e servite in salsa piccante, Green si è portato al livello di altri “memorabili” trash talkers, giocatori che ricordiamo non solo per come hanno martoriato i loro avversari, ma anche per cosa hanno detto nel mentre; giocatori che hanno impersonato la tradizione afroamericana del rifiuto di stare in silenzio, che parlavano e sfidavano gli avversari a reagire (e che di solito uscivano dal campo con una vittoria).
La cultura degli attacchi verbali ha radici profonde nelle comunità nere, dai rituali africani ai testi di Jelly Roll Morton e all’eterna crociata del rap contro i dilettanti. Nei loro aspetti migliori, le provocazioni su un campo da basket sono un esempio di arguzia nell’improvvisazione e di audacia, ergendosi al di sopra di normali insulti per diventare una forma d’arte basata su creatività e tempismo.
Vediamo ora chi sono i migliori in fatto di trash talking.
MICHAEL JORDAN
Come praticamente in ogni ambito relativo al basket, Michael Jordan è su un piano a sé stante, anche quando si parla di trash talking. È come se battere semplicemente gli avversari non fosse abbastanza sfidante per MJ, e così doveva aggiungere degli extra.
Ad esempio, iniziare una gara contando i suoi punti, ad alta voce. All’indietro, partendo da 40. O tirare un tiro libero con gli occhi chiusi. E Mike non ha smesso nemmeno dopo essersi ritirato. “Di certo non vado in giro con delle Air Keegan ai piedi”, ha risposto a Keegan Bradley nel 2014, reo di aver messo in dubbio le sue capacità da golfista. Ah, certo, poi è arrivato The Last Dance…
Rispettate il GOAT… Greatest Of All Talkers.
KEVIN GARNETT
Jordan è il più grande, ma Kevin Garnett è senza dubbio il più oltraggioso. Si dice che abbia fatto riferimento alla madre morta di Tim Duncan, o che abbia detto a Carmelo Anthony che sua moglie, La La, aveva lo stesso gusto dei Cheerios… e poi, l’innovazione: il trash talking su Twitter.
Non si può negare che anche ad un’età avanzata KG continuasse a praticare il trash talking da dietro la panchina, in borghese. La sua è stata pura dedizione all’arte del trash talking. Pura dedizione.
GARY PAYTON
Conoscete il tipo. Uno che non smetteva mai e poi mai di parlare. “Gary Payton”The Glove” ne aveva per compagni, avversari e per chiunque incontrasse per strada, dall’hotel all’arena. Come ha ricordato Shaq, “se ti vedeva al centro commerciale, ti diceva – Ehi, ti ricordi quella partita in cui ti ho umiliato?”
REGGIE MILLER
Le battaglie con Spike Lee. La mimica del soffocamento (The Choke). Quanto era spietato, teatrale e unico lo stile provocatorio di Reggie Miller? È l’unico giocatore a essere entrato davvero sottopelle al GOAT, fino ad arrivare a una scazzottata. E nessuno è mai arrivato a quel punto…
CHERYL MILLER
Cheryl Miller non era solo una giocatrice migliore di suo fratello minore (“Adoravo battere Reggie”, ha dichiarato): lo ha dominato e umiliato a tal punto durante la loro crescita, che Reggie si è vendicato e ha sfogato la sua frustazione nei confronti di tutta l’NBA per diciotto stagioni. Pollice su a Cheryl per aver insegnato l’arte a Reggie!
LARRY BIRD
Universalmente riconosciuto dai colleghi come uno dei più grandi trash talkers di sempre, Larry è proprietario della miglior battuta nella storia degli All-Star Game, pronunciata prima del Three-Point Contest 1988. Bird quella sera iniziò a fissare i suoi avversari, innervosendoli, per poi chiedere con fare apparentemente distratto: “Allora, chi di voi arriverà secondo?”
Quando lasciò partire la sua ultima moneyball, che ovviamente entrò nel canestro, Bird alzò un dito al cielo in segno di vittoria, prima ancora che la palla accarezzasse la retina. L’umiliazione fu completa.
THE FAB FIVE
Jalen Rose, Juwan Howard, Chris Webber e i loro compagni a Michigan University, Jimmy King e Ray Jackson, svilupparono l’aspetto visuale del trash talk: l’esultanza dopo i canestri, la smorfia dopo le schiacciate, lo sguardo fisso a pochi centimetri dal viso dell’avversario, tutto unito al loro incessante chiacchiericcio. Il loquace C-Webb un giorno fece uso di un grande classico, rivolgendosi a un giocatore di Cincinnati prima della semifinale del 1992. “Non voglio più neanche vederti finchè non mi farai avere un tema di 10 pagine sul perché non sei in grado di giocare!”
CHRISTIAN LAETTNER
Il termine “smirk” (ghigno) fu inventato per Christian Laettner, che con Duke University sconfisse i Fab Five. E decenni più tardi, i Fab Five erano ancora talmente arrabbiati con Laettner da apostrofarlo pubblicamente con la stessa parola usata da Draymond Green nei confonti di LeBron James…
KOBE BRYANT
Dal suo idolo MJ, Kobe ha preso anche l’atteggiamento di superiorità nelle provocazioni verbali. Bryant non era particolarmente sofisticato, ma un semplice “non mi puoi marcare” funziona sempre, quando hai una media di 30 e più punti a partita.
Bryant usava anche la tattica di Jordan di provocare i compagni tanto quanto gli avversari, come dimostrato in un famoso filmato durante un allenamento dei Lakers:
DRAYMOND GREEN
“È un trash-talker intelligente. Non dice cose a caso, stupide. E il suo stile funziona”. Questo è ciò che ha dichiarato di Draymond, un giorno, un assistant coach. Avversario. E allora, di nuovo, benvenuto nel club, Dray!