Il coach degli Indiana Pacers, Nate Bjorkgren, potrebbe pagare i problemi relazionali della sua squadra e del coaching staff.

FOTO: NBA.com
Questo articolo, scritto da Will Deane per The Lead e tradotto in italiano da Jacopo Stefani per Around the Game, è stato pubblicato in data 9 maggio 2021.
Negli ultimi tempi si è formato non poco rumore attorno allo status lavorativo di Nate Bjorkgren, attuale head coach degli Indiana Pacers. Recenti notizie suggerirebbero infatti la volontà del front office di Indianapolis di separarsi dall’ex vice allenatore dei Raptors al termine di questa stagione, nonostante l’ulteriore anno garantitogli dal contratto.
L’organizzazione societaria dei Pacers è solitamente molto riservata riguardo agli affari interni, e predilige lavare i panni sporchi in famiglia; e per quanto onnisciente Woj possa sembrare, le informazioni pervenutegli a proposito di Bjorkgren non si sono certo materializzate nella sua testa. Evidentemente qualcuno (o più di qualcuno) all’interno dell’organizzazione voleva rendere la notizia pubblica, e ha deciso di informare i media.
Cosa non sta funzionando?
Parecchie cose.
Prima di tutto, Indiana non sta vincendo, è al nono/decimo posto, nonostante la “debolezza” della Eastern Conference e un roster decisamente completo (per quanto spesso influenzato dagli infortuni). La squadra dovrebbe essere meglio di così.
Woj riporta che i problemi dei Pacers con coach Bjorkgren nascono prevalentemente da conflitti di personalità, più che dal record stagionale:
“L’approccio di Bjorkgren all’allenamento e alla comunicazione – tanto in partita quanto in spogliatoio, oltre che nei meeting individuali con giocatori e staff – è stato spesso causa di agitazione in squadra durante questa stagione.”(Adrian Wojnarowski)
Per via del Covid-19, i media non sono ammessi negli spogliatoi; le limitanti, per quanto necessarie, misure precauzionali rendono più difficile comprendere al meglio il rapporto tra Bjorkgren e il resto della squadra, tanto giocatori quanto membri dello staff tecnico. Tuttavia, ciò non ha impedito ai membri dei media di pubblicare interessanti informazioni in merito a questo rapporto, e perfino riguardo il clima dello spogliatoio:
Frustrazione dei giocatori
Con due centri solidi (a pieno regime tre, contando anche Goga Bitadze), i Pacers potrebbero non essere la squadra più adatta per un “run ‘n gun” fatto di tiri veloci e gran volume da oltre l’arco, scelte offensive che il nuovo Nate ha cercato sempre più di implementare quest’anno; stando a quanto riferisce The Athletic, i giocatori non sono troppo entusiasti dello stile di gioco di Bjorkgren, considerando anche le caratteristiche del roster. Da una fonte anonima sono stati fatti i nomi di due giocatori in particolare: Malcolm Brogdon e Domantas Sabonis.
Questo è un aspetto interessante, soprattutto perché Bjorkgren è stato assunto per essere un allenatore di stampo più analitico, cosa che sembra rappresentare la causa della frustrazione delle due stelle. Per di più, sia Brogdon che Sabonis stanno vivendo l’anno, statisticamente parlando, migliore della propria carriera: se fossero frustrati nonostante il successo individuale, parrebbe più probabile l’eventualità di problemi strutturali.
Assumiamo che la fonte sia veritiera: da una parte, se si verificano malumori in squadra, i leader potrebbero caricarseli sulle spalle e far conoscere i sentimenti del gruppo, facendo da portavoce per i compagni. E questo avrebbe un forte valore costruttivo. Dall’altra parte, però, avere i due (opinabili) migliori giocatori scontenti dell’head coach tende a non essere una ricetta per il successo.
The Athletic riporta anche una fonte anonima che descriverebbe coach Bjorkgren come “iper-comunicativo”. Se questa fonte fosse affidabile, il nuovo Nate potrebbe, in uno sforzo per risultare disponibile e alla mano, avere in qualche modo esagerato, alienando così alcuni membri del roster. E nonostante lo stile di comunicazione di Bjorkgren sembri tutto fuorché malizioso, potrebbe essere difficile cancellare i non intenzionali effetti negativi. Difficile, non certo impossibile.
Questa stagione NBA è stata particolarmente dura per giocatori e coaching staff a causa di (tra molte altre motivazioni) un calendario a dir poco condensato, severi protocolli per il distanziamento sociale e restrizioni al tempo da passare in famiglia. Con il senno di poi siamo tutti geniali, ma alcuni reporter hanno affermato che forse un tipo di comunicazione così attiva, come quella adottata da Bjorkgren, non era la scelta più giusta per una stagione come questa, nella quale sarebbe potuta essere interpretata come oppressiva.
Spaccature nel coaching staff
Con il nuovo coach è arrivato anche un nuovo team di supporto.
Prima della stagione 2020/21, i tifosi Pacers hanno dovuto subire frustrazione nel vedere l’assistant coach Dan Burke, guru della difesa e storico esaminatore, fare le valigie alla volta di Philadelphia (vedere le W-L e i numeri difensivi sotto la Liberty Bell per referenze). Bill Bayno, altro stimato assistente, ha lasciato la squadra quest’anno per ragioni mediche e personali. Rimpiazzare questi due si è rivelato più difficile del previsto.
C’è un’apparente frustrazioni tra gli assistant coach di quest’anno. Frustrazione che è traboccata quando Greg Foster è andato fuori di testa. J Michael, reporter di IndyStar, afferma che Bjorkgren avrebbe alienato anche i membri del suo staff con il suo controllo ( non sono stati rilasciati i nomi specifici degli assistenti scontenti).
Greg Foster
Veniamo al dunque o, per meglio dire, al 5 maggio.
Sotto di 22 in casa contro i Sacramento Kings (sì, proprio i Kings), Moe Harkless viene generosamente accompagnato nel pitturato da Sabonis, senza che il lituano opponga alcun tipo di resistenza. Bitadze avrebbe dovuto andare in aiuto al ferro – aiuto che, però, non è arrivato, lasciando Harkless libero di schiacciare e l’assistant coach Greg Foster decisamente perplesso. Di qui il duro rimprovero.
Nel possesso immediatamente successivo, TJ McConnell trova proprio Goga per una tripla pulita: il vantaggio dei Kings è ridotto a 21, e Indiana è di nuovo in partita (più o meno). Tornando in difesa, il centro georgiano rivolge a Greg Foster alcune parole, registrate dalle telecamere della diretta:
Alla successiva palla morta, Foster impazzisce completamente.
Il video completo dell’incidente è qui sotto, per quanto mi sembri un sacrilegio postarlo da tifoso dei Pacers… è davvero inaccettabile.
Se Goga avesse veramente pronunciato le parole intuibili dal labiale, l’assistant coach avrebbe avuto il diritto di essere alterato.Detto questo, Mr. Foster dovrebbe essere un uomo adulto. Se anche una tale esplosione avesse avuto motivo di esistere, sarebbe dovuta accadere in privato, a porte chiuse; Foster ha 30 anni più di Goga e certo, quello che (presumibilmente) ha detto Bitadze è sbagliato, ma ancor più certamente un uomo di 52 anni, con esperienza in NBA, avrebbe potuto trovare una migliore modalità nello spiegarsi a un giovane giocatore ed evitare di imbarazzare una franchigia.
Il centro georgiano è sembrato scusarsi (“my fault”), ma tutto ciò è parso solo sufficiente a rendere Foster ancora più livido; raramente Indiana riceve attenzione nazionale, e coach Foster ce ne ha addossata un po’.
Forse Foster stava cercando di spronare la squadra, sotto di 21 contro Sacramento; forse aveva avuto una giornata storta, o forse no; non importa. Se non sei adatto ad allenare in modo adeguato, forse dovresti riconsiderare l’idea di allenare. Certo, le persone sbagliano, ma certi livelli di mancanza di professionalità rivelano problemi radicati molto più a fondo.
Myles Turner, Jeremy Lamb, Malcolm Brogdon e Caris LeVert dovrebbero essere lodati per il loro contributo al contenimento della situazione. All’inizio di questa scenata, infatti, Foster è stato trattenuto da Turner, che apparentemente è un grande difensore anche in abiti civili; Lamb è poi sembrato nell’atto di rassicurare verbalmente l’assistant coach (per quanto le mascherine non semplifichino il capire cosa sia stato effettivamente detto); quando Foster ha continuato, è stato raggiunto da un gruppo di giocatori, guidati da Brogdon e LeVert, che gli hanno parlato in tono calmo; alla fine, Turner si può vedere mentre avvolge in modo fraterno il braccio attorno a Goga.
Chiaramente, all’interno del nuovo coaching staff c’è abbastanza disfunzione da permettere brutte scenate come la Foster-Bitadze; report e video non vengono in aiuto di Bjorkgren, ma non vogliono necessariamente significare la fine della sua permanenza ai Pacers.
In difesa di Nate
Bjorkgren ha preso il posto di Nate McMillan.
Il vecchio Nate era un coach solido in Regular Season, ma con un record di 3-16 nei Playoffs: orchestrava un attacco abbastanza lento e una difesa solida (per quanto, in buona parte, riconducibile a Dan Burke) e si era attirato le inimicizie di front office e tifosi, che volevano fosse allontanato in favore di un’offensiva più moderna e veloce, e migliori prestazioni in post-season.
Per quanto il rendimento nei Playoffs del nuovo Nate sia ancora da testare, i Pacers stanno giocando a un pace più alto e segnando di più rispetto all’anno scorso (per quanto questo sia un trend comune all’interno della Lega).
L’approccio del nuovo Nate – in linea con il motivo per il quale era stato assunto – sembra essere più analitico rispetto a quello del vecchio Nate. E dei piccoli malumori di crescita sono normali quando si parla di nuovi coach. Un team che ha come starter più sano un ragazzo che sta recuperando da un carcinoma, potrebbe aspettarsene anche di peggiori.
In conclusione
Come ha sottolineato Woj nel suo report, il record di Bjorkgren non è la principale causa di malumori; sono da biasimare maggiormente la sua comunicazione verbale e il micro-managing.
Fortunatamente, Bjorkgren sembra disposto a lavorare sul suo rapporto con giocatori e membri dello staff: è chiaramente un allenatore flessibile, come si evince dale risposte alla stampa e nelle interviste.
Come nona/decima forza a Est, Indiana al momento siede nel purgatorio NBA, a stretto contatto con la linea che separa Playoffs e Draft Lottery: e guardando il record del primo anno, Bjorkgren sfiora il .500 – non l’ideale, ma di certo non orrendo. Lasciarlo andare senza esperienza di post-season e senza la chance di avere tra le mani un roster (per la maggior parte) sano sembrerebbe ingiusto, specialmente durante un anno così fortemente condizionato dal Covid-19.
Allo stesso tempo, però, capita in NBA che le relazioni negative all’interno dell’organizzazione portino all’urgenza di un cambiamento immediato. Sarà questo il caso di Nate Bjorkgren?