FOTO: Bright Side of the Sun

Questo contenuto è tratto da un articolo di Marc J. Spears per Andscape, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


I Phoenix Suns hanno aumentato enormemente le loro quotazioni di vittoria del Titolo NBA aggiungendo il tre volte All-Star, Bradley Beal, a un roster già ben fornito di classe e qualità dalla presenza simultanea di Devin Booker e Kevin Durant. Analizzando il periodo attuale della franchigia dell’Arizona, i Suns sono nel pieno della lotta per una posizione favorevole in vista dei venturi Playoffs, cercando di evitare l’incognita del Play-In Tournament. Attualmente gravitano attorno al 7° seed nella Western Conference, a meno di una vittoria da un posto garantito ai Playoffs. Il percorso in arrivo, per il roster allenato da coach Frank Vogel, non sembra dei più abbordabili, dato che prevede lo scontro con i Denver Nuggets. Con 10 partite rimaste in calendario, riuscire a raggiungere l’obiettivo dei Playoffs assicurati potrebbe esser quindi arduo per i Phoenix Suns. Proprio di questo ed altre tematiche ha parlato l’All-Star Bradley Beal in un’intervista rilasciata di recente ad Andscape, di cui riportiamo alcuni estratti.


“Siamo tutti a lavoro, duramente. Portiamo dentro di noi quella sensazione di urgenza e di essere sul filo del rasoio, tipici del finale di stagione: questo è il modo in cui approcciamo ogni partita. Ci rimangono un decina di sfide, e ognuna di esse conta. Vincendole tutte riusciremmo a scalare 3-4 posizioni in classifica. Perdendole, potremmo venir risucchiati nel Play-In Tournament o addirittura fuori dai Playoffs.”

“Quindi, ogni partita rimasta adesso conta davvero, e rende il nostro calendario tra i più difficili tra quelli delle varie franchigie. Giocheremo quasi sempre contro altre squadre che puntano ai Playoffs, il ché rappresenta un gran test per noi. E anche se recentemente abbiamo navigato in acque poco tranquille, per quanto riguarda alcuni sprazzi di partita, penso che quelle che ci restano siano delle vere e proprie battaglie, per prepararci al meglio a ciò che ci aspetta nei Playoffs.”

Bradley Beal

Bradley, sua moglie Kamiah Adams-Beal e i loro tre giovani figli, Bradley “Deuce” II, Braylon e Braxton si sono trasferiti a Phoenix dopo che gli Washington Wizards lo hanno scambiato nell’estate 2023. Il nativo di St. Louis ha rivelato di sentirsi per la prima volta in una vera e propria contender, vista la presenza di Booker e Durant, oltre che di tanti altri compagni di qualità ed esperienza e di coach Frank Vogel. Nonostante ciò, va ricordato che i Phoenix Suns non hanno fin qui mai vinto un Titolo NBA. Beal, trentenne, ha girato una video-intervista nel corso della Stagione 2023/24 nella Valley of the Sun, con pubblicazioni mensili a cui hanno preso parte anche giocatori ed ex cestisti NBA del calibro di Draymond Green, Vince Carter, Trae Young, CJ McCollum, Fred VanVleet, De’Aaron Fox, Cade Cunningham, James Wiseman e Josh Jackson. 

Beal viaggia a una media di 17.9 punti, 5.1 assist, 4.1 rimbalzi con addosso la canotta dei Suns, avendo presenziato 43 volte e saltando 27 partite per infortunio. Si tratta della sesta stagione documentata da Beal con una docu-intervista, in cui affronta le più svariate tematiche svelando innumerevoli retroscena sulla sua vita, tra cui l’amicizia fraterna con Jayson Tatum, il Playoffs-dilemma dei Phoenix Suns, i suoi Florida Gators e tanto altro. 

Il roster dei Suns

Il morale della squadra è ottimo, iperenergetico. Abbiamo avuto un sacco di innesti, e i nuovi arrivi vogliono farsi trovare pronti. Abbiamo aggiunto Thaddeus Young, un gran veterano per noi: le sue abilità comunicative e la sua esperienza sono state una grossa mano. Inoltre è arrivato anche Isaiah Thomas, perciò abbiamo fatto il pieno di esperienza. La loro conoscenza di questo Gioco sarà un grosso boost per noi nei momenti di estrema tensione, serviranno a darci coraggio e forza, apportando una mentalità vincente e concentrazione all’interno del roster. Possiamo annoverare un gran numero di campioni: Damion Lee, Kevin Durant, coach Frank Vogel e coach David Fizdale hanno tutti vinto il Titolo NBA. Il nostro General Manager, James Jones, è meglio noto come Champ. Possiamo contare su tantissimi pedigree vincenti in squadra su cui poter fare affidamento nei momenti cruciali. Ci indicano la via da percorrere per poter raggiungere la vittoria.

I sacrifici sono qualcosa che ho deciso di accettare nella mia vita e ho accettato di farli di buon cuore. Non è facile, poiché richiedono un’enorme attenzione e mole di lavoro. Ci vuole tanta energia per riabituare la propria mente a compiere in modo diverso qualcosa che si era abituati a fare in un’altra maniera in passato. Ma io l’apprezzo. Per via dell’enorme dinamicità che c’è qui, sento che questa squadra ha un potenziale enorme, da cui riesco a trarre molte energie positive. Non avevo mai sentito questo tipo di carica in vita mia. E non ero mai stato circondato da così tanto talento. Per me è una gioia e un onore poter condividere il parquet con tanti giocatori dotati di tanto talento. Grayson Allen è uno dei migliori tiratori in NBA, dategli un pallone per averne prova. D-Book è una macchina, dotato di mentalità killer. KD, un’altra macchina killer. Eric Gordon è stato uno dei miei giocatori preferiti da ragazzo, e adesso mi ritrovo a condividere il parquet con lui, vedendolo raggiungere quota 2,000 triple in carriera. Far parte di questo gruppo è qualcosa di straordinario. E posso contare un altro Big Man dominante nella lunga lista di Centri dominanti con cui ho giocato, ovvero Jusuf Nurkic

Finora è stata una gran gioia, davvero. Per tutta la mia carriera sono stato considerato uno scorer, ma adesso sto cercando di apprezzare anche il duro lavoro che richiede il ruolo della Point Guard, con tutte le attenzioni difensive e nell’impostazione del gioco. Posso divertirmi anche facendo quel lavoro: per me è una nuova sfida. Tutti vogliono che noi – Beal, D-Book e KD – facciamo 30 punti a partita, in un mondo ideale. Ma sappiamo che difficilmente può accadere. A volte sfioriamo l’obiettivo, altre volte vinciamo segnando collettivamente. Una sera abbiamo vinto e io credo di aver mostrato buone cose sul versante difensivo. Capita. Un’altra sera KD ha tirato soltanto 9 volte – che non dovrebbe mai accadere – eppure siamo riusciti a vincere lo stesso. Perciò, comprendiamo che siamo sempre in equilibrio su di una linea sottilissima. Potremmo cadere nella tentazione di osservarci con le aspettative del mondo intero oppure comprendere chi siamo, in quanto a squadra, e andare avanti seguendo le nostre caratteristiche e i nostri principi. Siamo un intero roster, non soltanto Beal, Booker e Durant. 

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Nikola Jokic e i Denver Nuggets

Giocare a Denver è sempre una gran sfida. In primis, i Denver Nuggets sono i Campioni in carica e la squadra da battere fino al verdetto delle prossime Finals. Il loro livello di gioco e competitività è qualcosa di incredibile, specialmente di fronte ai loro tifosi – qualcosa di non comprensibile appieno se non visto dal vivo. Si allenano e scendono in campo a quel livello da anni ormai. Quando siamo andati a giocare a Denver, una o due volte, dopo i primi due quarti sia le nostre gambe che i polmoni stavano stramazzando. Ogni volta è sempre una nuova sfida. Nonostante gli ostacoli imposti dal cammino NBA e tutte le pressioni, il loro roster si amalgama perfettamente, e riesce a competere ad altissimo livello. Hanno pochissimi difetti. Perciò, avendo un avversario del genere di fronte, bisogna assicurarsi di rimanere sempre concentrati, altrimenti ci faranno pagare ogni singolo errore. 

La buona posizione in classifica è un mix tra hype e realtà. L’adrenalina va, e quindi si è elettrici ed energici. Si può essere leggermente più stravaganti del normale, ma dopo qualche up&down si comincia ad essere stranamente loquaci. Si comincia ad avere sete e le gambe iniziano ad essere legnose e pesanti. Il nostro motto è “fino al primo time out”: una volta raggiunto e superato il primo time out della partita, il grosso del lavoro è fatto. Nikola Jokic è Il Joker, e se lo è ci sarà una ragione. Ha un fisico imponente, ma al contempo rapido e versatile. Dotato di infinite doti fisiche e uno skillset unico, nonché del tocco di un artista. Si tratta di un prototipo di giocatore: ciò che fa e che riesce a fare è unico nel suo genere. Il suo nome è in cima ad ogni tipo di lista, ed è capace di rovinare la serata a qualunque grandissimo difensore in NBA. 

March Madness e Florida Gators

I cestisti NBA hanno a cuore la March Madness, direi anche parecchio. Ci teniamo a curare i nostri interessi e mantenerci aggiornati con tutto quanto accade attorno a noi. Ci manteniamo sempre aggiornati circa le voci e le previsioni in vista della March Madness. Quindi, si, è un tema che m’interessa molto. Quest’anno non ho creato un pool, ma di solito mi trovo sempre in mezzo a membri dello staff e alla gente, con l’intento di raccogliere fondi, ma quest’anno abbiamo deciso di non farlo. C’è tanto orgoglio nell’aria quest’anno. Non so se tutti i miei compagni di squadra si mantengono aggiornati come me, ma molti lo fanno. Ho intenzione di sventolare il cappello dei miei Florida Gators, che tuttavia hanno dovuto abbassare la cresta di fronte a un agguerritissimo Colorado Team. Hanno giocato una gran partita, sono fiero dei miei Gators, anche se siamo usciti di scena presto quest’anno.

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Durante la mia March Madness, nel 2012, è stato molto elettrizzante. Eravamo il 7° seed, simile alla squadra di quest’anno, in compenso giocavamo meglio di quanto raccontasse la nostra classifica. Siamo arrivati all’Elite Eight a Louisville, e siamo usciti avendo giocato le nostre chance negli ultimi 8 minuti. La mia prestazione all’Elite Eight rappresenta un momento surreale della mia carriera, anche perché abbiamo perso a Phoenix al Footprint Center, dove gioco adesso. Non lo dimenticherò mai: ero seduto in spogliatoio a fine gara, con Kenny Boynton al mio fianco. Era quasi un mentore per me, colui che si considera “il migliore della classe”. Si è seduto al mio fianco e mi ha detto solo: “Il momento è giunto, bro”. Non capivo di cosa stesse parlando. “Vedrai.” Ha continuato. E senza che mi rendessi conto, ecco la mia prima press-conference e la prima domanda: “Perciò, Bradley, andrai in NBA?”. Non mi chiedevano della sconfitta, di come mi sentissi o cosa pensassi della mia prestazione. No, mi si chiedeva se avessi già deciso di andare in NBA. Mi ha colpito molto. Penso fosse davvero surreale. Il livello della NBA è molto vicino a quello della March Madness.

Veterani in roster e non

Isaiah Thomas è stato uno dei miei giocatori preferiti da affrontare nel periodo dei Boston Celtics. Ma quando siamo stati compagni di squadra, agli Washington Wizards, è diventato uno dei miei migliori amici. Per lui è stata anche dura, per certi versi, perché il suo corpo non riusciva a reggere certi livelli. Ma poter osservare da vicino la sua etica del lavoro è un qualcosa di incredibile, il suo QI cestistico, la sua passione per il basket rappresentano un dono per tutti i compagni di squadra e lo staff. Si è sempre comportato da vero professionista, qualcuno con cui si è ben lieti di condividere una stanza. Adesso è qui con noi a Phoenix, e ha portato la stessa grinta, gioia e mentalità già viste altrove. Mi stuzzica l’idea di un suo ritorno in NBA, un compito molto arduo, lo sappiamo tutti. Ma lui si è spinto oltre i propri limiti, lavorando tremendamente duro fino a che il suo corpo è tornato al livello di forma accettabile, pronto a sfruttare questa nuova occasione. La sua esperienza sarà fondamentale: ha già vinto in carriera e sono sicuro che proverà a farlo ancora. Non sarei potuto essere più felice per lui. 

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Invece è dura dover vedere vecchi compagni ed amici come John Wall fuori dal basket di alto livello. Quando si è cresciuti insieme è dura da accettare, specie per giocatori dotati di un talento simile. Posso fare una lista enorme di ragazzi della mia classe o di quella precedente dotati di enorme talento, che ai tempi avevano aspettative riguardo diventare Superstar in NBA, che adesso si ritrovano senza lavoro, o hanno grosse difficoltà nel trovarlo. Davvero una cosa dura da accettare, che mi ha fatto aprire gli occhi: mi ha fatto riflettere sulla mia carriera, la mia produttività, la mia salute e le mie aspirazioni a vincere. Tutte cose che contano molto, e nel mentre stiamo invecchiando. Il tempo non aspetta nessuno. Un’altra cosa che ho appreso è che neppure le franchigie aspettano nessuno. Continuano ad andare avanti, pensando a ciò che verrà. Si è in cerca del prossimo Bradley Beal, del prossimo John Wall, o dei prossimi D-Book o KD. Nel mentre noi non ringiovaniamo, ed è nostro compito mantenere i nostri corpi freschi e allenati per poter essere produttivi sul parquet e provare a vincere. Perciò è molto dura da accettare, sapendo che il mio amico John – o altri come lui – dovrà star seduto a vedere gli altri giocare. So che non ricevere fiducia può fare la differenza e per questo sono molto grato, dati i miei due ultimi anni martoriati dagli infortuni. Sono davvero molto grato.

La famiglia e il compleanno della moglie, Kamiah Adams-Beal

Nella cultura della Black Community, il compleanno dura per tutto il mese, ma dipende. Alcune persone lo celebrano soltanto per il weekend, altri per una settimana, ma molti lo fanno per tutto il mese. Mia moglie lo fa, in modo molto particolare: festeggia come se riunisse le feste del weekend, della settimana e dell’intero mese in una volta sola. Ma è stato fantastico. Siamo una famiglia molto divertente e ci piace avere ospiti. Adoriamo ospitare amici e parenti e trascorrere momenti adorabili con i nostri cari. Abbiamo trascorso una settimana molto divertente, con alcuni suoi amici che ci hanno raggiunti in città oltre che le nuove amicizie stabilite qui in Arizona. Abbiamo cenato insieme, cantando al karaoke e facendo foto di gruppo. Mia moglie potrebbe mostrarvi qualche foto o video divertente di me che provo a cantare, con alterne fortune. Ma mi sono divertito parecchio, per tutta la settimana. Abbiamo anche il nostro duetto, Superhuman di Chris Brown. E grazie a Dio abbiamo trascorso un altro anno insieme. Mi piace celebrare il mio compleanno. Ho bisogno del mio giorno di feste, quindi sono in trepida attesa per il 28 giugno. Il 28 giugno è il mio compleanno e compirò 30 anni. Mi sento alla grande. La torta la ritengo un must: la Vanilla Cake è la mia preferita.  

Uncle-Jay, l’amicizia con Jayson Tatum

In casa mia Jayson Tatum sta combinando tanto caos quanto lo hanno fatto in precedenza Devin Booker e Kevin Durant. I miei figli vogliono la precedenza davanti alla TV, e devo stare ad ascoltare per ore ed ore TV-show in cui si elogia Uncle Jay. Loro lo adorano, è uno dei loro cestisti NBA preferiti, perciò non ho avuto altra scelta che uscire di casa per comprare un paio di jersey col n°0. E perciò i miei figli spingono in alto Uncle Jay e in basso il loro papà nella lista delle loro preferenze. Non vado matto all’idea, ma l’accetto, fa parte del gioco. Jay è un killer, un vero campione, e quelli come lui attirano l’attenzione dei giovani: è sempre una bella cosa. 

FOTO: Andscape

Ma Uncle Jay è stato come un fratello per me, e un fratello maggiore per loro. Mi rende fiero vederlo crescere, maturare e abbracciare il ruolo paterno. Sa essere una persona amorevole, piena di attenzioni, nonostante sia sempre accerchiato da giornalisti e telecamere. Riesce sempre a trovare un momento per i miei figli: trascorre del tempo con loro sul campo o in casa, è indifferente. Fa di tutto per i ragazzi, li adora ed io adoro il fatto che abbiano davanti a loro un esempio come lui. La nostra amicizia ha radici profonde, che risalgono ai nostri genitori: mia madre ha allenato la sua ai tempi della high-school. Allora, Ms. Brandy Cole, la madre di Jayson, ha giocato a basket e volley, due sport in cui mia madre lavorava come allenatrice. Spesso andavo agli allenamenti con mia madre, Ricordo che una volta vidi questo bimbetto, il piccolo Jayson. Sin da allora ci siamo visti spesso, molto spesso, nel corso della nostra vita. Mi ricordo che ai tempi della Middle School torreggiava su tutti gli altri ragazzi. Mi ricordo che sua madre veniva spesso a chiedermi di fargli da mentore, di metterlo sotto la mia ala protettiva e fungere da fratello maggiore. Per me è stata una decisione facilissima da intraprendere: avendo avuto solo fratelli maschi in vita mia, Jayson sarebbe stato facile da aggiungere alla mia cerchia familiare. E lui ha letteralmente abbracciato noi e il nostro stile familiare. Vivevamo a 5 minuti di distanza, perciò ero solito passarlo a prendere in automobile per portarlo a scuola. Ha preferito frequentare la mia stessa High-School anziché quella frequentata da suo padre, e ciò ha in qualche modo stabilito una sorta di rivalità tra suo padre e la scuola. Ma poter assistere al suo percorso, da bimbetto a padre di famiglia e Superstar NBA è davvero un qualcosa di unico e toccante per me.