Molte stelle NBA hanno già rifiutato la convocazione con le rispettive nazionali e, tra tanti dubbi e risposte tardive, potrebbe non essere finita qui

Il logo del mondiale a cui non parteciperanno alcune stelle NBA
FOTO: F.I.P

Nikola Jokic ha già confermato che non sarà presente, Giannis Antetokounmpo è in “forse” per un problema al ginocchio che non vuole riacutizzare prima dell’inizio della stagione. Nella nottata è arrivata l’esclusione di Al Horford dalla lista dei convocati della Repubblica Dominicana dopo solo una settimana dal suo inserimento. Jamal Murray, neo campione NBA, è in dubbio.

Gli Stati Uniti, che possono contare sempre sui gioiellini in uscita dalla lega più seguita al mondo, schierano un roster di tutto rispetto ma ben lontano per prestigio dai fasti delle vittorie nel 2010 e 2014, quando a scendere in campo con la canotta americana erano veterani già affermati affiancati da giovani stelle in forte ascesa. Non che quest’anno manchi la consueta dose di talento smisurato ma, guardando la lista, nomi altisonanti proprio non ce ne sono.

Rimangono pochi baluardi che dall’NBA decidono di rappresentare la propria nazionale, restituendo un po’ del meritato prestigio ad una competizione che di prestigioso sembra avere sempre meno per chi in inverno dovrà affrontare la campagna verso il Larry O’Brien Trophy. Ma perché tutto ciò?


Il valore della competizione

Partiamo dagli USA: storicamente chiamati a dominare in ogni competizione possibile, gli americani vedono nei Giochi Olimpici più che nel campionato mondiale una sfida degna di una convocazione. L’oro olimpico, mistificato nell’immaginario comune dal Dream Team del 1992 a Barcellona, è visto come un traguardo importante ben più che la vittoria del Mondiale. Non che non siano arrivate soddisfazioni anche in World Cup, ma dopo l’ultima vittoria del 2014 il concorso iridato sembra aver perso fascino e attrattiva sia per i tifosi che soprattutto per gli addetti ai lavori.

La differenza di roster in termini di qualità (anche se qui si potrebbe aprire un dibattito) rispetto ai predecessori è piuttosto evidente e quello che dovrebbe essere lo strapotere assoluto della nazionale viene meno. Tanto meglio per le altre squadre e per lo spettacolo, sicuramente, ma il quadro che ne esce fuori è che semplicemente gli atleti di punta non sono interessati.

Discorso diverso per i rappresentanti (o almeno la maggioranza) delle nazionali europee, storicamente più attaccati alla maglia e devoti nel rappresentare la nazione su ogni palcoscenico, da quello olimpico a quello mondiale. Luka Doncic, Nikola Vucevic, Rudy Gobert o Lauri Markkanen sono solo alcuni dei nomi di stelle che parteciperanno alla competizione e che non hanno mai marcato visita una volta convocati.

Stessa cosa per nazionali di altri paesi come l’Australia, che può contare su un folto gruppetto di giocatori NBA su cui spiccano Patty Mills, Joe Ingles e Josh Giddey, o il Canada, forte di un roster che alcuni ritengono secondo (se non pari) a quello americano, ma per cui anche qui spiccano alcune assenze non indifferenti: Ben Simmons per i Boomers, Andrew Wiggins e il dubbioso Jamal Murray per la nazionale della foglia d’acero.

Shai Gilgeous-Alexander e Kelly Olynyk, entrambi giocatori NBA
FOTO: OLYMPICS

Una menzione anche per gli Azzurri: la lista diramata da Pozzecco presenta il meglio che il basket italiano ha da offrire, con anche qui un pizzico di NBA. Simone Fontecchio risulta essere tra i migliori della compagine italiana e la sua prima annata con gli Utah Jazz ha dato la prospettiva di un giocatore perfettamente in grado di inserirsi nelle meccaniche del campionato americano, seppur con qualche prima difficoltà.

Nessuna sorpresa sugli altri convocati, nomi come Melli, Mannion, Tonut, Polonara e Luigi Datome, alla sua ultima avventura con la maglia della nazionale. Le sensazioni sono positive per quanto le avversarie siano temibili, ma la volontà dei nostri migliori giocatori di presenziare mette sicuramente in buona luce il progetto.

Il peso dell’NBA

Oltre al valore in sé della competizione, non necessariamente ritenuto altissimo, la stagione NBA ha un peso enorme: non è infatti un caso che i primissimi nomi menzionati all’inizio siano quelli di giocatori che puntano alla vittoria finale, così come tanti altri che preferiscono evitare uno sforzo ritenuto “inutile” in termini di fatica in relazione al prestigio.

Il campionato dura 82 partite più eventuali Playoffs, il che porterebbe i giocatori che arrivano fino in fondo (vedi Murray e Jokic) ad avere pochissimo tempo a disposizione per un pieno recupero. La stessa guardia dei Nuggets ha ammesso a Josh Lewenberg di TSN di non essere ancora al suo massimo dopo la cavalcata trionfale verso l’anello:

È un processo, il mio stato fisico e il mio ritmo sono un po’ diversi da quelli degli altri al momento, perciò devo rimettermi in forma e nel mentre faccio affidamento solo sul mio jump shot.

Come confermato dal GM della nazionale canadese, dipenderà dallo staff medico dare il via libera al nativo di Kitchener.

Discorso simile per Antetokounmpo, ancora nel limbo tra la partecipazione e l’esclusione, e Ben Simmons, escluso per ragioni mediche dopo essere stato fermo tutta la stagione e ancora in cerca della migliore condizione.

Nikola Jokic, due volte MVP e anche lui neo campione con tanto di MVP delle Finals, ha invece deciso di saltare la competizione proprio per riposare e preparare al meglio la prossima stagione, così come il compagno di nazionale Vasilije Micic appena arrivato agli Oklahoma City Thunder. La Serbia sarà quindi pesantemente ridimensionata viste le assenze e si troverà a fronteggiare le avversarie senza i migliori giocatori.

FOTO: YAHOO SPORTS

Il valore della NBA in merito non è quindi solo in termini di scotto fisico ma anche sul diametralmente opposto discorso di prestigio: per quanto OKC non abbia grandi ambizioni in termini di titolo, Micic, alla prima esperienza oltreoceano, ha preferito passare l’estate ad allenarsi per i nuovi ritmi piuttosto che tentare il percorso con la nazionale. Gli altri menzionati, tra cui anche Wiggins, hanno dato priorità allo stesso modo ad un totale recupero fisico in modo da aumentare le chance di vittoria sul suolo americano piuttosto che sul campo internazionale.

La NBA viene quindi vista come il vero banco di prova a discapito delle altre competizioni internazionali (Olimpiadi escluse), le ottantadue partite di regular season come lo scoglio da affrontare per essere pronti ai Playoffs e per cui è necessario rinunciare ad una vetrina in teoria importante come la coppa del mondo.

Allo stesso modo i contratti garantiti dalla lega più seguita al mondo sono estremamente ghiotti e chi si affaccia per la prima volta in questo mondo non può e non vuole rischiare di perdere visibilità e introiti per infortuni occorsi in competizioni evidentemente ritenute secondarie. Chi invece ha già uno status affermato punta a mantenerlo, cercando di arricchire la bacheca della squadra. Ovviamente è un discorso generale non applicabile a tutti per i motivi più disparati ma, tirando le somme sui rifiuti arrivati nel corso degli anni, il quadro generale che sembra uscirne non è lontano da questo.

Cosa rimane del Mondiale

La competizione rimane comunque interessante e di sicuro valore per tutti i partecipanti, una vetrina per giocatori meno conosciuti per mostrarsi su un palcoscenico mondiale e una passerella per le stelle per confermare il loro peso specifico all’interno di ogni squadra. Non mancheranno come detto nomi prestigiosi chiamati a dare lustro al torneo a colpi di canestri spettacolari e azioni decisive su entrambi i lati del campo, alcune già in mostra nelle amichevoli di questi giorni.

Possiamo quindi aspettarci un torneo di alto livello, di grande competitività e apparentemente equilibrato nonostante spicchino molte nazioni su altre, ma bisogna chiedersi a livello internazionale cosa si può fare per evitare che anche una competizione come il Mondiale non arrivi a perdere completamente il suo peso e la sua appetibilità per i profili più in vista del basket, specialmente quello NBA.

Nel mentre, a venti giorni dall’inizio, non possiamo fare altro che allacciare le cinture e prepararci a seguire i nostri Azzurri e i nostri beniamini dal campionato più bello del mondo. Almeno quelli che decideranno di partecipare.