FOTO: Bleacher Report

Intervistato su ESPN da Ramona Shelburne, Pat Riley ha parlato del parallelo che molto spesso sta emergendo in questi giorni fra LeBron James e Kareem Abdul-Jabbar, a causa del record che il primo romperà prossimamente “ai danni” del secondo, per quel che concerne i punti totali segnati in carriera.

Per l’ex allenatore di Lakers e Heat, la durata della carriera di Abdul-Jabbar è stata qualcosa di straordinario:

“Ho sempre detto che Kareem sia stato il più grande giocatore di sempre a causa della sua longevità. Kareem era unico perché poteva giocare ad un livello altissimo scendendo in campo per 80 partite a stagione, con due o tre avversari per volta che lo malmenavano e lo attaccavano al ferro. Sviluppò una durezza mentale e un fisico tale da poter durare per sempre.”


“Metto anche Michael Jordan [oltre a James e Kareem, ndr.] nella conversazione, ma Kareem è stato il più grande al tempo per la longevità e per aver continuato ad avere prestazioni elitarie sia nei tardi 30, sia nei 40.”

Riley si è concentrato molto sulla figura di Kareem, con il quale ha condiviso il parquet da avversario, compagno e, in ultima istanza, allenatore, prima da assistente e, dal 1981/92 al 1988/89, in quanto head coach, vincendo la bellezza di 4 titoli con i Los Angeles Lakers.

E proprio questa fame di vittoria sarebbe, secondo Pat Riley, la fonte di ispirazione per Abdul-Jabbar, che aveva già superato lo scoring record di Wilt Chamberlain nel 1984:

“Hai bisogno di una motivazione. Quando Magic Johnson è arrivato nel 1979, Kareem aveva 32 anni, ma vide cosa stava cambiando attorno ai Lakers vincendo il titolo nel 1980, vedendo poi arrivare Bob McAdoo nell”82 e ancora Mychal Thompson, A.C. Green, Byron Scott e tutti questi nomi… vedeva una squadra potenzialmente in grado di vincere ogni anno. Questo lo ha motivato. Se avesse provato a trascinare i Milwaukee Bucks al titolo al tempo, e non ci fosse riuscito, forse non avrebbe giocato 20 anni.”

Jerry West, sempre su ESPN, ha comunque detto di aver contribuito a modo suo a far continuare Kareem: “C’erano rumors che volesse fermarsi, così gli ho detto: ‘Questa è una pazzia! Perché dovresti?” – offrendogli poi un’estensione biennale.

Molto interessante è quello che ha rivelato Pat Riley sulla preparazione fisica di Abdul-Jabbar, avanti anni luce rispetto al tempo e il vero segreto della sua longevità:

“La sua longevità è stata frutto di qualcosa di cui la maggior parte dei giocatori non era consapevole al tempo o che magari non era stato insegnato: Kareem praticava yoga. Meditazione profonda e yoga. Al tempo, il massimo dello stretching era mettere 15 ragazzi in cerchio e raccontarsi storielle per 15 minuti dandosi fastidio a vicenda. Lui finiva in queste posizioni articolate come un pretzel e i ragazzi ridevano di lui, che rispondeva con un semplice ‘Vedrete un giorno, lo vedrete’.”

“Kareem prendeva molto seriamente alzarsi presto al mattino e meditare, mangiare sano e fare ore di yoga. [Riley racconta di come leggesse o meditasse prima delle partite] Tutto questo lo aiutava a calmare corpo e mente, al punto da essere capace di resistere a tutto, qualunque difesa, minaccia individuale o anche roba fuori dal campo.”

Pat Riley ha specificato come per lui sia impressionante anche quello che sta facendo LeBron, dato che ad oggi si propende in generale per un approccio più conservativo in vista dei Playoffs, e tutti riposano di più. Pratica alla quale si è dichiarato favorevole:

“Oggi si è più cauti, e penso che sia un bene. Ma è una mentalità del tutto differente. Quindi per LeBron essere stato capace di giocare in questa era, dal 2003 a oggi, dimostra quanto grande sia come giocatore. Più si va avanti, e più la Lega è più formidabile. Lui ha una serie di persone che lo seguono che gli permette di dare il meglio anche con quel chilometraggio.”

Infine, Riley conclude sul fatto che Kareem Abdul-Jabbar fosse molto introverso, e che i media lo innervosissero un po’ con domande assurde. Questo, per il suo ex allenatore, ha voluto dire porsi in maniera protettiva nei suoi confronti, nonostante poi sul campo fosse tutta altra cosa:

“Con noi, parlando sia da compagno, sia da allenatore, in campo e in spogliatoio era apposto. Non si vincono quei titoli senza il più grande giocatore nella storia del gioco, che aveva dalla sua la più grande arma nella storia del gioco. Lo skyhook era inarrestabile.”

“Ultimo minuto di partita e la palla va in mano a un solo uomo. Kareem era quell’uomo, e lo sarà sempre.”