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Non è sicuramente facile perdere una serie Playoffs, figuriamoci le NBA Finals. Per Luka Doncic, e per quasi l’intero roster dei Dallas Mavericks, è stata una prima volta dura da digerire, contro un avversario molto più profondo, preparato e temprato dagli anni, contro il quale praticamente la serie non si è giocata per gran parte del tempo, fatta eccezione per una Gara 4 alla quale i Boston Celtics non si sono presentati. Il primo deluso e amareggiato è ovviamente il talento sloveno, che in conferenza stampa ha risposto perlopiù a monosillabi e senza il solito sorriso:

“Non importa quanto fossi infortunato, ero lì per giocare. Non ho fatto abbastanza.”

Niente alibi, niente scuse, Doncic sa benissimo di aver completato una serie sottotono dal punto di vista difensivo (ne abbiamo parlato QUI), che deve in un certo senso allarmare per il futuro: questo genere di gioco palla in mano, in un sistema eliocentrico, richiede enormi sforzi in una metà campo e riposo nell’altra; se contro certi attacchi Dallas è riuscita a coprire lo sloveno, contro sistemi organizzati quali quello di Boston (o come sarebbe stata Denver), senza un singolo punto debole, serve qualcosa di più in termini di effort. La difesa avversaria è stata fisica, come lo sarà sempre, ma non si può pensare che per i Mavericks non sia un problema difendere in 4-contro-5 – o anche solo che lo si possa fare a questi livelli. Per sopperire a queste mancanze, probabilmente a Doncic in primis servirà una preparazione fisica ancora più mirata e del riposo extra prima di riprendere a lavorare, motivo per cui probabilmente ha messo a tacere immediatamente qualunque considerazione sulla presenza con la nazionale slovena in estate:


“Non voglio parlare di cosa verrà dopo, ho delle decisioni da prendere. Sto solo cercando di tornare un po’ più in salute.”

Nonostante la difficoltà a strappargli le parole di bocca, alla fine Doncic è apparso anche ottimista per un possibile ritorno alle Finals, consapevole del fatto che si sia trattato di una grande annata. Significativo il dialogo con Kyrie Irving a fine partita:

“Dobbiamo restare insieme. Già solo averlo in squadra è da non credere. Combatteremo insieme nella prossima stagione e ci crederemo.”

Lo stesso Irving che è sembrato, fra tutti, quello più solare e sorridente, probabilmente perché più avvezzo a delusioni o contesti del genere. Le sue Finals non sono state stratosferiche, anzi, ha fatto molta fatica proprio contro una delle sue ex squadre, quella da cui si è separato in maniera peggiore. Nonostante questo, ha salutato a fine partita gli avversari con molta classe e soprattutto in conferenza stampa ha elogiato come non mai i Jays, nei confronti dei quali probabilmente sente di aver rivestito un ruolo da mentore:

“I Celtics sono il perfetto esempio per noi per tutto quello che hanno dovuto passare. Incredibile vedere quel trofeo nelle mani di Brown, lui e JT se lo dovrebbero dividere.Loro due in particolare sono stati come studenti e adesso sono diventati maestri. Sono molto orgoglioso e mi motiva per tornare qui.”

Continua più avanti: “La cosa più difficile è creare una relazione con i fan e con i social media. MJ è il prototipo perfetto, Bill Russell e mille altri. Questi ragazzi hanno avuto la stessa traiettoria di loro e dei grandi, hanno perso perto e ora si sono guadagnati il posto nella vetta. Sono orgoglioso di questi ragazzi, ma è un messaggio anche ai nostri: serve più di segnare 30 punti, richiede tutto.”

Questo concetto per cui i Celtics possano fare da esempio è apparso continuamente nel corso della press conference dei Mavericks, reiterato anche da coach Jason Kidd in contrapposizione al fatto che questo nucleo di Dallas sia insieme solo da pochi mesi:

“Guardando a loro in questi 7 anni si può imparare, hanno fatto esperienza passando da vittorie e sconfitte. Noi siamo insieme da 5 mesi, è stato un percorso positivo, ci è servito per arrivare alle Finals e capire i nostri bisogni.”

Per il resto, è tutta esperienza che arriva, un modo di “farsi le ossa” per una squadra giovane e inesperta – gli stessi Gafford e PJ Washington, arrivati alla trade deadline, hanno fatto benissimo ma erano estranei ai Playoffs. Per questo Kidd, quando gli è stato chiesto quale sia il passo da compiere per arrivare all’anello, ha risposto:

“Il primo passo è esserci. Contro i Clippers, i Thunder, i Timberwolves, capire che non è una cosa facile da fare. Continueremo a costruire e torneremo.”

Concludendo con un messaggio pro futuro (che condividiamo, come scritto QUI), per spiegare cosa si sia imparato da questa esperienza:

“Capire il fallimento e provare il fallimento. Abbiamo un gruppo giovane, che sarà affamato in estate e pronto a tornare ad alti livelli.”