FOTO: AZ Family

“Tarde non furon mai grazie divine”, scriveva prima Petrarca, poi Machiavelli, ma decisamente – o, almeno, crediamo – non proprio in riferimento al debutto tardivo di Bradley Beal con la canotta dei Phoenix Suns. La vittoria sudatissima arrivata all’overtime contro i Chicago Bulls ha più i tratti di un esperimento che non di un banco di prova, tanto che l’ex Wizards ha tirato male, molto male, dal campo (3 su 12) ed è apparso piuttosto indietro fisicamente, soprattutto in termini di esplosività, faticando molta fatica palla in mano e giocando solo 23 minuti, saltando l’intero supplementare.

In tutto questo, però, di cose buone se ne sono davvero viste tante, soprattutto nei minuti in cui ha condiviso il campo con Kevin Durant. Ecco, partiamo proprio da questo: Beal ha giocato molti minuti con la second unit, in una rotazione priva dell’ancora infortunato Devin Booker, ma c’è stata una differenza sostanziale in termini di rendimento di squadra tra i minuti con e senza KD. I dati di Cleaning the Glass:


  • On/off della lineup con Kevin Durant e Bradley Beal in campo: massimo percentile net rating, massimo percentile defensive rating, massimo percentile offensive rating, massimo percentile effective FG%
  • On/off delle lineup con Bradley Beal in campo e senza Kevin Durant: minimo percentile net rating, minimo percentile offensive rating, minimo percentile effective FG%

Sia chiaro, si tratta di una sola gara, dunque tutt’altro che affidabile per offrire una stima dell’andamento futuro di questi quintetti, ma rende bene l’idea di quello che si è visto in campo. L’ex Wizards ha beneficiato enormemente della gravity esercitata da KD sin dai primi minuti, permettendosi di poter sostare sul lato debole se non impiegato direttamente in qualche action senza palla, come si può notare nelle due clip seguenti (se doveste far fatica con alcuni termini tecnici, trovate QUI il nostro glossario):

  • clip 1: Durant è coinvolto in una Chicago Action uscendo da portatore, e Beal non deve fare altro che aprirsi in angolo sfruttando il blocco di contenimento;
  • clip 2: altro tiro dopo un blocco di contenimento, questa volta perché la difesa collassa su KD sul lato forte, innescando un extra pass.

L’intesa con Durant ha funzionato a meraviglia fin dall’inizio, tanto che una delle primissime azioni della gara giocate da Phoenix consiste in un back-screen portato sull’uomo di KD da Beal, che poi va a ricevere un blocco da Nurkic lontano dalla palla (“screen the screener”) in modo o da aprirsi per il tiro o, come in questo caso, giocare un pick&roll dinamico.

Le straordinarie qualità senza palla di Bradley Beal sembrano essere già perfette per integrarsi in un sistema che gli richiederà non troppa creation palla in mano, se non nei minuti con Durant e Booker seduti, ma di capitalizzare il vantaggio creato come mai in carriera ha avuto occasione di fare. Numerosi dei tiri sbagliati vengono infatti per “mancanza di gambe”, problema che verrà risolto piano piano nel corso della stagione, e per forzature che non saranno troppo necessarie con i “Big Three” al completo.

Per capire quanto sia intelligente senza palla l’ex Wizards, un’altra clip con Durant in campo può essere utilissima: Chicago decide di tenere Coby White in aiuto nella zona della lunetta, nota come “nail”, per impedire che l’attacco passi di lì; sebbene siano i primissimi secondi del possesso, Beal taglia fortissimo con un 45° cut, portando via il nail helper; taglio backdoor di Durant dopo il contromovimento e l’assist di Nurkic passa proprio dalla fetta di campo liberata dal tagliante.

Qualcosa di davvero istintivo e automatico, che apre possibilità infinite per l’attacco di Phoenix. Beal preferisce essere innescato in assoluto in maniera dinamica, che sia con hand-off o simili, sui quali arriveremo fra pochissimo, ma è abilissimo anche nello sfruttare i blocchi lontano dalla palla, che essi gli consentano di aprirsi per il tiro, per giocare l’isolamento o per arrivare a canestro. Nel corso della gara con i Bulls si è visto di tutto sotto questo aspetto, testimone il seguente montaggio in 4 clip:

  • clip 1: si aspetterebbe probabilmente un flare screen da Eubanks, che non arriva, così quando Gordon si incarta scarica e viene giocato immediatamente un blind pig, che si converte in un assist;
  • clip 2: uscita da uno stagger, qui si nota la mancanza di esplosività;
  • clip 3: purtroppo il boicottaggio di NBA.com non consente di vedere l’uscita da un cross screen portato da Nurkic a centro area, utilizzato in due possessi consecutivi e molto presente nell’attacco dei Suns per liberare ottimi tiratori dalla media come Booker e Durant. Da notare il lato forte completamente libero di maglie bianche, per consentire l’isolamento;
  • clip 4: l’azione sfuma per superficialità nell’esecuzione, ma consisterebbe nel cross screen visto sopra, questa volta però per un KD che va a portare un blocco lontano sul lato opposto per il ricciolo di Beal.

Come detto, però, l’utilizzo massivo che verrà fatto di Bradley Beal passa già dai primi secondi dell’azione. Moltissimi i consegnati giocati per farlo ricevere immediatamente in corsa e per sconvolgere la difesa fin da subito, moltissimi i set “pistol” in cui verrà pian piano inserito andando avanti e con un po’ più di pratica.

Contro i Bulls, le azioni nelle quali è stato utilizzato maggiormente sono state senza dubbio (oltre l’hand-off semplice) quelle denominate con il nome di “Chicago” o “Orlando/Miami”, in uscita cioè da fondo campo per andare a giocare poi hand-off o pick&roll con il lungo al centro, parte integrante di ogni early offense che si rispetti. Nel seguente montaggio a tre clip:

  • clip 1: la più classica delle Chicago action, che si converte in due facili per Nurkic;
  • clip 2: questa volta è lui a fare da bloccante per l’uscita di KD, generando un’azione difficilmente difendibile in presenza di lunghi più tradizionali come Vucevic incapaci di cambiare – per esempio, se White avesse stretto per impedire il passaggio dentro, Beal sarebbe stato completamente libero in ala;
  • clip 3: pessima esecuzione, ma stavolta l’ex Wizards gioca una “Orlando action” (hand-off+pick&roll). La difesa esce alta, il passaggio giusto sarebbe lo skip sull’angolo opposto, ma Beal non lo legge e perde palla. La presenza di Okogie sull’altro lato è comunque un non-fattore, che apre svariati interrogativi sulla presenza del giocatore in una second unit con uno solo dei tre creator principali.

Per offrire una valutazione difensiva, invece, serve aspettare, anche se alcune problematicità si sono verificate quando l’ex Washington si è trovato a navigare sui blocchi, schiantandosi più volte sugli avversari, o a difendere in uno-contro-uno, venendo messo sotto in un paio di occasioni anche dal matchup diretto, Coby White. La buona prestazione di Keita Bates-Diop potrebbe far pensare a un suo utilizzo in quintetto con i “Big Three” e Nurkic, vista la taglia del giocatore, versatile difensivamente, e la sua capacità di punire le difese quantomeno in spot-up – aspetto in cui Okogie è tutto fuorché affidabile.

Sì, è presto, ma pensare a questo attacco con Devin Booker in campo, non può che spingere a credere che la presenza di Bradley Beal possa rappresentare una “grazia” che è valsa, eccome, l’attesa.